Gli scontri politici delle ultime settimane, anche tra le stesse forze che compongono la maggioranza di governo, e ora la vicenda sanitaria del Coranavirus, hanno distolto l’attenzione da quella che è una delle questioni più importanti che sta davanti all’Italia, vale a dire il rapporto interagente con l’Unione Europea.
Le elezioni dello scorso anno per il rinnovo del parlamento europeo, avendo ridotto (ma non eliminato del tutto) le spinte sovraniste, sono state una boccata d’ossigeno per la costruzione comune, ma d’ora in avanti occorrerà riprendere il cammino nel tentativo di completare un progetto politico che aspetta di essere definito, nel senso di decidere se l’Unione dovrà assumere la forma di un’unione sovranazionale (al cui interno operano stati federali), oppure restare un’area di cooperazione economica con una più ristretta area monetaria.
Il quadro internazionale dovrebbe suggerire la scelta della prima opzione per consentire all’Europa di svolgere un ruolo nel mondo al pari di altri comprimari.
L’Unione europea è a un tornante storico della sua esistenza. Un blocco di paesi democratici, che può contare su mezzo miliardo di cittadini, non può restare ferma e, tanto meno guardare al passato, con i settanta e più anni di pace e libere relazioni che ha garantito ai suoi popoli. Per la sua stessa vita ha bisogno di un ulteriore sviluppo.
Sul finire dello scorso anno la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese Emmanuel Macron hanno lanciato il progetto di una “conferenza intergovernativa sul futuro dell’Europa”. In un documento comune hanno indicato i temi sui quali discutere: i valori europei, il ruolo dell’Europa nel mondo, lo stato di diritto, la politica industriale e l’innovazione, l’economia sociale di mercato, la tutela dell’ambiente, le migrazioni, la lotta alle disuguaglianze. Ce n’è abbastanza per ridisegnare l’Unione.
Ma chissà quali venti spireranno prossimamente, con la Merkel che è alla conclusione del suo percorso politico, i ricchi paesi del Nord che, arrivati per ultimi, alzano la voce a difesa di interessi nazionali legati ad aspetti strettamente economici e mercantili, i paesi del Visegrad ad impronta sovranista.
Al momento non è dato conoscere se la Conferenza avrà luogo, e che ruolo eventualmente potranno giocare il parlamento europeo e la Commissione, presieduta dalla tedesca Ursula von der Leyen, per produrre un indirizzo costruttivo che consenta di aprire un orizzonte più ampio nel quale collocare il ruolo che l’Europa intenderebbe svolgere nel mondo per il tempo a venire.
In questo contesto l’Italia sta provando a far sentire la sua voce, soffocata purtroppo dallo stato latente di crisi politica e dalla presenza di forze politiche, come la Lega che continuano a remare contro e non passa giorno senza sussulti di Italexit.
In vista di una ripresa di discussione e confronto per l’Unione, il governo italiano ha presentato un proprio documento (il 14 febbraio scorso) che rifiuta la logica confederale, indicando che l’Eurozona non può essere “il mero aggregato di politiche nazionali distinte”.
Una posizione assunta quasi in sordina, fatta senza risonanza, quando al contrario sarebbe necessario affrontare la questione con grande risalto, sviluppando una strategia politica a tutto tondo, un cavallo di battaglia della politica nazionale, perché l’interesse italiano è stare nell’Europa, in un’Europa capace di dare risposte vere, non burocratiche, ai suoi abitanti, un’Europa che abbia voce rispettata in campo mondiale.
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