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Quando l’innovazione cala dall’alto…

Molto mi ha colpito un post di Instagram che ho letto in questi giorni. Una docente riportava i commenti dei suoi alunni ad alcune azioni didattiche sue o della scuola.

Alla docente che diceva che non avrebbe fatto monologhi, ma che la lezione sarebbe stata collaborativa e gli alunni stessi avrebbero costruito materiali e conoscenze, una alunna ha detto sottovoce “Che palle!”

Visitando una nuova ala della scuola, nuova e pulitissima, un altro ha esclamato: “Sembra un ospedale!”

Infine, ai banchi nuovi e colorati, la reazione è stata: “Siamo tornati alla materna?”

La mia collega ne dava una spiegazione in termini di oppositività degli adolescenti agli adulti. Io, che ho spesso riscontrato queste reazioni, ne do una lettura diversa.

Il lavoro collaborativo è molto difficile

Non tutti amano lavorare in gruppo, non tutti amano lo studio autonomo. L’autonomia ed il piacere dell’autonomia sono una conquista: è necessario un ‘riscaldamento’; è necessario che si sia creato interesse per l’argomento, che ci sia un senso del fare personalmente qualcosa che si potrebbe trovare già fatto. Magari per testare uno strumento nuovo, per fare qualcosa in modo diverso.
Io non sottovaluto l’importanza di una lezione frontale ben fatta, interessante che accenda la passione.

Ambienti

L’ambiente deve rispecchiare la cultura di un gruppo, la sua identità. Che è fatta anche di formule incise sui bordi della lavagna, di scritte, di disordine visivo. Del segno di alunni presenti e passati, di vita vissuta. Esigenze di ordine, igiene, pulizia, candore vengono dopo.
Quindi: bello avere spazi nuovi; nuovi e quindi da vivere, arredare, personalizzare…

Banchi colorati

Negli adolescenti convivono impulsi contrastanti, ma – nella mia esperienza – vogliono essere presi sul serio, essere trattati da adulti. Non sempre amano il gioco, le cose giocose, colorate, allegre. Lo amano a coronamento di una fatica, come ricompensa di un momento di serietà, per staccare, per spezzare la noia. Ma questi momenti – noia, ‘lezione’, cose difficili, contenuti sfidanti – devono esserci.

Da queste cose giudicano la serietà della scuola e la giustezza dell’impegno richiesto. Dal gioco e dal momento di leggerezza giudicano l’umanità del docente, l’empatia (e recuperano quello che eventualmente non hanno appreso nel modo tradizionale).


Ambienti gradevoli e ben attrezzati, ma adatti all’età

Banchi anche grigi ma colonnine di ricarica, stampanti, sistemi di riscaldamento e raffreddamento efficienti, scaffali, libri, laboratori mobili, hardware aggiornato, programmi utili. E spazi ricreativi.

Molte sono le delusioni a cui va incontro chi innova. Soprattutto quando l’innovazione cala dall’alto. Una discussione sul metodo da adottare per studiare è meglio del proclama “sarete voi a fare la lezione”, una attività da cui nasca l’esigenza di aule nuove è meglio dell’aula nuova di cui non c’era esigenza.

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Cristiana Caserta

Docente digitale e attivista della ricerca e della sperimentazione.

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