Si salva l’industria agroalimentare. Nelle performance complessive pesa il segno negativo dell’export del settore agricolo, in calo di quasi il 5%. Il deficit commerciale del settore agricolo ha raggiunto nel 2018 un passivo di poco inferiore a 7,7 miliardi
Le esportazioni nazionali di prodotti agroalimentari hanno stabilito un nuovo record attestandosi a circa 41,8 miliardi di euro nel 2018, in aumento dell’1,2% sull’anno precedente secondo Ismea.
Tale risultato, tuttavia, segna un rallentamento della crescita dell’export agroalimentare nazionale: se si considerano, infatti, i tassi di crescita annuali nell’ultimo decennio, la performance dello scorso anno è risultata la più modesta. Le importazioni invece si sono ridotte dell’1,1% rispetto all’anno precedente. Nel medio termine i tassi di crescita annuali degli acquisti all’estero di prodotti agroalimentari si sono ridotti costantemente, evidenziando in particolare una dinamica negativa nel 2012 e nel 2018.
Più nel dettaglio, l’aumento dell’export di prodotti agroalimentari è da imputare esclusivamente all’industria alimentare che esprime l’84% dell’export agroalimentare e che ha mostrato nel 2018 un incremento annuo del 2,5%. Al contrario, il settore agricolo ha registrato una flessione dell’export (-4,9%). L’import di prodotti agroalimentari invece si è ridotto nel 2018 attestandosi a 44,7 miliardi di euro. La riduzione è da attribuire ai prodotti alimentari trasformati (-1,5%), mentre le importazioni di prodotti agricoli sono rimaste sostanzialmente stabili rispetto all’anno precedente. Le dinamiche contrapposte delle due variabili di scambio hanno determinato un consistente miglioramento del deficit per quasi un miliardo di euro. Nel dettaglio, si è accentuato il deficit commerciale del settore agricolo che ha raggiunto nel 2018 un passivo di poco inferiore a 7,7 miliardi di euro, in crescita di 324 milioni di euro su base annua. Il surplus dell’industria alimentare, invece, è aumentato di 1,3 miliardi di euro nei confronti del 2017.
I principali mercati di destinazione sono quelli della Ue che, con 27,3 miliardi di euro nel 2018 (+1,4% sul 2017), rappresentano più del 65% del valore complessivo dei prodotti agroalimentari esportati. Tassi di crescita positivi si sono registrati per la maggior parte dei principali mercati di sbocco, con particolare riferimento all’export verso Polonia (+6,3% a 899 milioni di euro), Paesi Bassi (+5,1% a 1,5 miliardi di euro) e Francia (+4,3% a 4,7 miliardi di euro). Al contrario, sono risultate in calo le esportazioni verso l’Austria (-4,4% a 1,3 miliardi di euro) e Spagna (2,4% a poco meno di 1,6 miliardi di euro). Meno dinamiche sono state le esportazioni dirette verso i paesi extra-Ue, che nel 2018 sono cresciute dell’1,0% su base annua, sfiorando 14,5 miliardi di euro; gli incrementi più consistenti si sono riscontrati per Russia (+7,4% a 561 milioni di euro), Canada (+4,2% a 844 milioni di euro) e USA (+4,0% a poco meno di 4,2 miliardi di euro). Al contrario le spedizioni verso il Giappone si sono ridotte del 16% circa a 1,1 miliardi di euro, dopo la consistente crescita annuale evidenziata nel 2017 (+42%) da ricondurre all’accordo di partenariato economico raggiunto nel 2017 fra Ue e Giappone teso a eliminare le barriere commerciali.
Nel caso della Russia, lo scorso anno sono cresciute le esportazioni del comparto dei derivati dei cereali (+15,8% sul 2017 a 67 milioni di euro), specificatamente di pasta di semola che ha generato un fatturato di poco superiore a 29 milioni di euro (+44% sul 2017), e dei tabacchi che hanno registrato un aumento annuo nell’ordine delle tre cifre raggiungendo 46 milioni di euro nel 2018. È da rilevare la flessione delle vendite in Russia dei vini e mosti (-2,4% a 108 milioni di euro), anche se all’interno del comparto si rileva un consistente aumento del valore delle esportazioni di vini spumanti6 (+24% a 48 milioni di euro).
I dati generali delle esportazioni evidenziano una dinamica positiva per tutti i comparti ad eccezione di frutta fresca e trasformata, per una minore offerta nazionale di mele e kiwi, di oli e grassi, da imputare essenzialmente a una frenata dei prezzi, di animali e carni e di colture industriali. I comparti vino e mosti e derivati dei cereali si confermano come i più rappresentativi dell’export agroalimentare italiano, con quote sul totale di circa il 15% per ciascuno. Nel primo caso, i prodotti più dinamici all’interno del comparto sono stati gli spumanti, con vendite all’estero aumentate a poco più di 1,5 miliardi di euro nel 2018 (+11,2%) corrispondenti ad una quota del 24% del fatturato all’export dell’intero comparto, e i vini in bottiglia (+0,6% con 4,2 miliardi di euro pari al 70% del comparto). All’interno del comparto dei derivati dei cereali si segnala il consistente aumento dell’export dei prodotti della panetteria, pasticceria e biscotteria che hanno oltrepassato la soglia dei 2 miliardi di euro nel 2018 (+4,0%) corrispondente a una quota del 34% del valore dell’intero comparto; anche le “paste alimentari” risultano in aumento (+2,9% a 2,4 miliardi di euro, pari al 40% del totale comparto). È da rilevare anche il risultato positivo delle vendite all’estero di latte e derivati con una crescita annua delle spedizioni all’estero del 2,9%, da ricondurre in larga misura al segmento dei formaggi freschi (+5,3% a 816 milioni di euro, pari al 26% del totale comparto) e ai formaggi stagionati (+1,8% a 1,4 miliardi di euro pari al 45 % del totale comparto).
Apollo e Dafne (Ovidio, Metamorfosi, libro I). “Fer pater… opem… qua nimium placui mutando figuram!”.…
Il LinkedIn Top Post di oggi è di Marco Loguercio che ci introduce al tema…
L’autore ci svela il suo segreto, non è stata la conoscenza a portarlo in alto,…
Negli ultimi anni è cresciuto un sentimento contrario alla produttività sempre più diffuso tra i…
Si conclude domani a Roma, alle ore 10.30, presso l'Archivio di Stato, Sala Alessandrina -…
Avete mai immaginato un'interazione con l'AI ancora più intuitiva e creativa? ChatGPT 4o, ora nella…