Brava gente

Se l’uomo libero è liberale l’uomo cavia è caviale? Lettera aperta al Presidente Mazzella

Pubblichiamo questa lettera aperta del Prof. Mario Pacelli, in risposta all’articolo del Presidente Mazzella dal titolo: “I danni della globalizzazione economica e del sovraffollamento umano del Pianeta“, pubblicato su Moondo in data 31/10/2019.

Sia il Prof. Pacelli (redattore di “Brava Gente“) che il Presidente Mazzella (titolare de “Il Pensiero Libero“) esprimono liberamente il proprio pensiero nelle Rubriche di cui hanno titolarità.

Moondo riconosce come valore la diversità di pensiero, favorisce il confronto tra idee, difende la libertà di opinione e stimola il dibattito, nella convinzione che dal contraddittorio si generi conoscenza.

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Egregio Presidente,

leggo ormai da qualche tempo i suoi interventi su questo giornale, attratto dalla profonda cultura che da essi traspare e dalla ricchezza delle argomentazioni a sostegno delle tesi esposte: penso quindi che non me ne vorrà se mi permetterò di esprimerle il mio dissenso rispetto a quanto via via da lei affermato. A confortarmi in questa opinione è l’adesione che lei ripetutamente ha affermato ai principi liberali, che significano non già sostenere che l’uomo libero è liberale, quello vegeto vegetale e quello cavia caviale, ma che la democrazia (naturalmente per chi ci crede) nasce dal libero confronto delle idee espresse, pur nella consapevolezza della loro validità sempre relativa e mai assoluta.

Constant con la sua sempre attuale opera su “La libertà degli antichi comparata a quella dei presenti” ci ha insegnato che nessuno è portatore in assoluto dell’idea di libertà, ma che essa è un contenuto storicamente variabile, proprio perchè non è un dogma ma un metodo, un costume, un modo di essere uomo nei suoi rapporti con il gruppo sociale di appartenenza e viceversa. In Italia purtroppo ha significato invece per troppo tempo la prevalenza dei diritti individuali su quelli sociali, dell’individuo rispetto alla società, della casta rispetto alla gente: non mi sembrerebbe il caso di reintrodurre a modello questa interpretazione del liberalismo.

Moondo stimola il confronto di idee

Con queste premesse mi è più semplice esprimerle il mio modestissimo dissenso alle sue considerazioni a proposito della globalizzazione. A mio avviso non è un fatto negativo che tutti gli uomini del mondo si sentano uniti in un destino comune di appartenenza al genere umano al di là delle patrie, del colore della pelle, della religione, delle condizioni economiche: forse parlarsi attraverso i monti, gli oceani, i continenti facilita il dialogo allontana la guerra, favorisce la pace. Utopie, certamente, ma non è da meno quella che vorrebbe il mondo pacificamente disposto ad accettare la volontà degli “illuminati”.

Non ho avuto come lei tante esperienze di grande prestigio in Italia ed in Europa ne ho mancato per un soffio la Presidenza della Corte Costituzionale, a quanto raccontano le cronache per una “sottilità”, mi permetto però di essere arroccato nelle mie utopie, se tali esse sono: al mondo siamo tanti e c’è spazio per tutti. Non credo che siamo in troppi come lei sembra ritenere: è una convinzione che porta ad esaltare la guerra, le malattie, al limite la castrazione chimica di chi abbia la pelle nera e quindi un testosterone troppo alto, come sostengono alcuni moderni razzisti. No, non sono d’accordo: siamo e saremo quelli che la Terra sarà capace di sostenere alla fine del secondo millennio. Voglio dimenticare le guerre, gli stermini in nome dei grandi ideali, le gravi malattie come la peste che ricreavano equilibri nella popolazione in un mondo diverso da quello attuale, dove esisteva l’aratro a mano e non il trattore digitalizzato e le risorse, quando c’erano, erano oggetto di ben difesi privilegi in Italia come negli Stati Uniti, nell’India dei Rāja , come nel Sudafrica di boeri, con variazioni solo a proposito del recinto dei padroni “con le belle braghe bianche”.

Egregio Presidente, no non posso proprio essere d’accordo con lei: tra l’altro a me i sovranisti che a lei sembrano simpatici ricordano troppo da vicino quegli uomini sempre vestiti di nero, come impiegati delle pompe funebri e con un buffo berretto che ricordo di aver visto da ragazzino più di mezzo secolo fa: non riesco ancora a pentirmi del fatto che mi sono un po’ antipatici ma spero che qualcuno vorrà redimermi.

Con i migliori saluti.

Mario Pacelli

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Mario Pacelli

Mario Pacelli è stato docente di Diritto pubblico nell'Università di Roma La Sapienza, per lunghi anni funzionario della Camera dei deputati. Ha scritto numerosi studi di storia parlamentare, tra cui Le radici di Montecitorio (1984), Bella gente (1992), Interno Montecitorio (2000), Il colle più alto (2017). Ha collaborato con il «Corriere della Sera» e «Il Messaggero».

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