Classici contemporanei

Seneca e la folla

Subducendus populo est tener animus et parum tenax recti: facile transitur ad plures. Socrati et Catoni et Lelio excutere morem suum dissimilis multitudo potuisset…
RECEDE IN TE IPSE quantum potes…
“( Ad Lucilium epistulae morales 7,6-9)
“Bisogna sottrarre alla folla un animo tenero e poco saldo nel bene: è facile cedere ai più. Una folla dissimile avrebbe facilmente potuto strappare via i loro principi a un Socrate, a un Catone, a un Lelio…
RITIRATI IN TE STESSO per quanto puoi .

Oggi dovremmo riflettere sull’invito di Seneca che appare, più che mai di estrema attualità.
Seneca ai suoi tempi si confrontava con la follia di Nerone e con una folla galvanizzata e fuori controllo. Come ieri negli anfiteatri, oggi nelle piazze e tra i “leoni ” della tastiera, il moderno esercito digitale, la folla cerca le sue vittime da immolare per soddisfare e placare la sua rabbia, le sue paure, le sue frustrazioni, i suoi rancori, i suoi istinti di “pancia”. Fondamentalmente ignorante e inferocita per le sue profonde insoddisfazioni, spinta da una bieca forza cieca, si abbandona nelle mani e nelle braccia di chi riesce ad intercettarne i bisogni, gli umori più bassi e senza raziocino e riflessione degrada fino all’imbarbarimento dei costumi sociali e politici. Senza cervello segue gli istinti primordiali e sovverte ogni ordine etico e morale.

Si pasce di odio, cancella ogni criterio valoriale e procede con sentimenti di odio, incontrollato e incontrollabile, e insulti, sicura dell’impunità garantita dalla forza del numero.
Acclama e idolatra il leader che meglio di altri ne capta e interpreta gli umori bestiali ; umori che ,come è stato scritto, sono brevi e infausti poiché ” la moltitudine giudica più che dall’intento dalla fortuna, chiama virtù il delitto utile e scelleraggine l’onestà che le pare dannosa e per avere i suoi plausi conviene o atterrirla o ingrassarla, ingannarla sempre (Foscolo , Le ultime lettere di Jacopo Ortis, cap.).

A causa di una campagna elettorale permanente, oggigiorno lo spettacolo delle piazze diventa sempre più indecente per gli slogan che si propongono e per comportamenti che rasentano un’irrazionale affidamento ad un capo che blandisce, aizza e disinforma. Eliminata la distanza prodotta dai balconi tutto si risolve in un corpo a corpo tra sorrisi costruiti, selfie, baciamano e acclamazioni in bolle d’aria “piazzaiole” dove il senno annega in un fanatismo biliare, in un sovranismo psichico e dove è sempre più improbabile comprendere se il capo è peggio del resto o il resto è peggio del capo. In quel pigia pigia, un coro unanime di consensi acefali cresce con un patologico e pericoloso predominio dell’irrazionalità, nascono paure insensate e odi inveterati, capaci di contagiare anche un novello Socrate o Catone o Lelio. Si moltiplicano violenze ed errori che annullano ogni avveduta e lucida analisi critica. È così che si precipita nel baratro degli anni più neri della storia di tutti i tempi quando l’uomo degrada a una condizione di bestia e quando la salvezza può venire solo da un “recede in te ipse “, da una lucida presa di coscienza, da un misurato controllo della ragione o quanto meno da una dignitosa presa di distanza dall’indecenza per far salva ,almeno, la propria dignità e l’amor proprio.

È così che mentre in Europa e nel mondo intero si festeggia la caduta del muro di Berlino, simbolo di odio, di contrapposizioni, di nocive separazioni, noi in Italia ritorniamo agli anni bui del nazifascismo e siamo costretti a dare la scorta alla Segre, donna coraggiosa, simbolo di resistenza, del valore del libero pensiero e della democrazia, per difenderla da chi questi valori ha smarrito anche a causa di rappresentanti del popolo che ostentano crocefissi, rosari e presepi ma che non hanno avuto il coraggio di schierarsi, di prendere una posizione netta per sporchi tornaconti elettorali e interessi di potere.
Di fronte a questo abbrutimento, segnale di degrado culturale oltre che etico e morale, la salvezza può venire solo dall’insegnamento di Seneca, da una lucida presa di coscienza, da un sensato controllo della razionalità: RECEDE IN TE IPSE.

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Antonella Botti

Sono nata a Salerno il 3 Marzo del 1959 ma vivo da sempre a Sessa Cilento, un piccolo paese di circa 1300 anime del Parco Nazionale del Cilento. Ho studiato al Liceo classico “Parmenide” di Vallo della Lucania ed ho conseguito la laurea in Lettere moderne. Sono entrata nella scuola come vincitrice di concorso nel 1987, attualmente insegno Letteratura Italiana e Latino al Liceo Scientifico di Vallo della Lucania. Ho pubblicato due testi di storia locale: "La lapidazione di Santi Stefano" e "Viaggio del tempo nel sogno della memoria". Da qualche mese gestisco un blog, una sorta di necessità interiore che mi porta a reagire al pessimismo della ragione con l’ottimismo della volontà. I tempi sono difficili: non sono possibili "fughe immobili".

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