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Trump riconosce Guaidó presidente del Venezuela

Il Venezuela è nel caos. Dopo una Grande Marcia a Caracas e un comizio oceanico, puntellati da scontri con la polizia che sono costati parecchi morti (è tutto ancora molto confuso), un giovane ingegnere di 35 anni che si chiama Juan Guaidó e guida il partito Voluntad Popular si è proclamato presidente e ha subito ottenuto il riconoscimento di Stati Uniti, Canada, Colombia, Brasile, Argentina, Cile, Costa Rica, Paraguay, Perù e l’Organizzazione degli Stati Americani.

Dall’Europa, appoggio del presidente del consiglio Ue, Donald Tusk, mentre Putin ha preso posizione contro. Trump ha twittato. «Il popolo venezuelano ha già sofferto abbastanza», mentre Mike Pompeo ha dichiarato: «Maduro si faccia subito da parte, a favore di un leader legittimo che rappresenta la volontà dei venezuelani. Mi rivolgo ai militari e alle forze di sicurezza perché appoggino la democrazia e proteggano i cittadini venezuelani».

La risposta di Maduro è stata dura: rottura delle relazioni diplomatiche con gli Stati Uniti e ordine a tutto il personale dell’ambasciata Usa di lasciare il Paese entro 72 ore. Però non è ancora stato spiccato – mentre scriviamo – un mandato di cattura contro Guaidó. Maduro ha organizzato una contromanifestazione in suo favore e s’è fatto vedere al balcone del palazzo presidenziale e ha tuonato: «Da qui non ci muoviamo perché siamo stati eletti dal popolo. Solo così si diventa presidente!» Per Guaidó, si dice, sarà meglio rifugiarsi in qualche ambasciata amica (tipo quella colombiana) e da lì dirigere il suo governo in esilio. Il rischio di finire rapidamente in galera è molto alto.

“La nostra speranza è che Maduro capisca il messaggio, e accetti una transizione pacifica del Venezuela verso la democrazia e la libertà. Altrimenti tutte le opzioni sono sul tavolo”. Così una fonte autorevole della Casa Bianca ha descritto la strategia degli Stati Uniti, dopo il riconoscimento di Juan Guaidó come nuovo presidente, durante una conference call con i giornalisti. Le opzioni di cui parlava al momento sono soprattutto economiche e diplomatiche, incluso il blocco delle importazioni di petrolio, ma la prassi dell’amministrazione è non escludere mai l’uso della forza, soprattutto se il regime reagisse scegliendo la strada della violenza.

L’escalation di Washington è stata determinata da due fattori: primo, l’inizio del secondo mandato di Maduro, considerato illegittimo per il modo in cui si sono svolte le elezioni; secondo, il cambiamento di direzione politica in America Latina, dove negli ultimi tempi sono entrati in carica governi ostili al chavismo, dal Brasile alla Colombia, passando anche per Cile e Argentina. [Mastrolilli, Sta]

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Giorgio Dell'Arti

Nasce a Catania il 4 settembre 1945. Giornalista dal ’69 a Paese sera. Passa a Repubblica nel ’79: inviato, caposervizio, redattore capo, fondatore e direttore per quattro anni del Venerdì, editore del mensile Wimbledon. Dirige l’edizione del lunedì de Il Foglio, è editorialista de La Stampa e La Gazzetta della sport e scrive per Vanity fair e Il Sole 24 ore. Dell’Arti è uno storico di riconosciuta autorevolezza, specializzato in biografie; ha pubblicato (fra gli altri) L’uomo di fiducia (1999), Il giorno prima del Sessantotto (2008) e l’opera enciclopedica Catalogo dei viventi - 7247 italiani notevoli (2008, riedizione de Catalogo dei viventi - 5062 italiani notevoli, 2006). Tra gli ultimi libri si ricordano: Cavour - Vita dell’uomo che fece l’Italia (2011); Francesco. Non abbiate paura delle tenerezza (2013); I nuovi venuti (2014); Moravia. Sono vivo, sono morto (2015); Bibbia pagana (2016).

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