Di Giusy Marrazzo
Quando il mondo occidentale a fine gennaio venne a conoscenza dell’epidemia cinese, l’OMS parlò di rischi moderati: è bastato poco più di un mese che il mondo intero e l’Italia in primis facessero i conti con vittime e contagi a tappeto. E così, nel secolo in cui l’ignoranza regna sovrana, non si sono fatti attendere troppo i TUTTOLOGI. Da un giorno all’altro tutti medici, tutti scienziati, tutti esperti in malattie infettive e virus rari, ma soprattutto tutti convinti di saper gestire la situazione meglio di chiunque altro; in realtà tutti pronti a diffondere fake news e paura.
Scorrono così i giorni tra un’ordinanza e l’altra, tra un adolescente che esulta per la chiusura momentanea della scuola e un bimbo deluso che trascorre la sua giornata nel desiderio di far vedere i compiti alla maestra, tra strade semideserte e ragazzi imprudenti che affollano quel baretto infondo alla strada:il mese prossimo avrebbe chiuso e ora cerca di beneficiare di qualche ultimo cliente. Le paure cominciano a diventare fobie, la prevenzione si trasforma in panico e psicosi; crescono fenomeni di razzismo e la rabbia prende il sopravvento sulla ragione. In una situazione di caos generale le istituzioni, ahimè,si presentano impreparate .
Nelle città le sirene delle ambulanze che suonano ininterrottamente segnano il diffondersi del virus. Tuttavia nel mio paese, che conta circa 2500 abitanti (buona parte della quale anziani), il virus non sembra aver fermato la vita: il sabato si continua ad uscire e la domenica c’è ancora il sacrosanto pranzo dai nonni, il mio bisnonno continua a ricevere le sue solite visite che gli riempiono la giornata e mia nonna al mattino non tarda ad uscire per aggiornarsi sulle “nius” (news) del vicinato.
Si, la paura è tanta e le raccomandazioni infinite ma si limitano ad evitare i luoghi affollati e i contatti ravvicinati. Ma squilla il telefono: è mia nonna, “Sono le raccomandazioni dell’ultim’ora” penso tra me e me, “dove trova la forza di ripeterle così tante volte al giorno?” E invece no, per la prima volta era priva di forze, quasi cercasse conforto lei da me, aveva appena saputo l’ultima comunicazione dell’OMS: “è PANDEMIA” diceva, “il mondo sta finendo”. Il significato di quella parola nemmeno lo conosceva ma era certa che si trattasse di qualcosa di inarrestabile, il suono di quella parola le sembrava simile al boato di una bomba.
Ecco che, anche nei piccoli paesi, arriva la paura di uscire fuori la soglia di casa, le notizie si diffondono confuse , la linea di mia nonna è costantemente occupata e i camini fumeggiano già di prima mattina, perché si sa “u fuoco è na compagnia”! e dà tepore anche al cuore. E intanto… Sembra che la terra abbia voluto ribellarsi al capitalismo, all’inquinamento, alle frenesie mettendo in stand-by ciò che sembrava inarrestabile. Tempo fa si chiudevano i porti, ora si chiudono le porte; veniva impedito di entrare, ora non si può uscire! Ieri volevamo avere qualcosa di bello da raccontare oggi si spera…
Qualcosa ci sta dicendo di ridimensionarci, di essere più consapevoli, di non sottovalutare nulla. Intanto, bisogna vivere come meglio si può, con un occhio maturo e prudente, tra una raccomandazione, una preghiera alla divinità e il rumore di un bacio in webcam! Incrociamo le dite, uniamoci in una social catena e ricordiamo che se #iorestoacasa #andràtuttobene!
Dalla rubrica “Diario di una quarantena”
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