Dunque il terzo governo di questa legislatura ha preso il volo.
Che le cose di questo Paese non andassero bene da tempo non c’è neanche bisogno di ricordarlo. Che la pandemia da Covid abbia aggravato di molto la situazione è ormai assodato. Che ci fosse bisogno di una guida diversa, autorevole e competente lo si è sempre pensato.
Ed eccolo arrivato, l’uomo della Provvidenza, che è riuscito, per ora, dove altri non poterono.
Chiamato dal Presidente della Repubblica a formare un nuovo esecutivo, in grado di trovare una maggioranza stabile in Parlamento, capace di assolvere gli obiettivi fissati da capo dello Stato (piano vaccini, fine del blocco dei licenziamenti, trattative con la Commissione europea per l’uso dei fondi del Recovery Fund) e di operare una collaborazione politica trasversale ma unitaria in grado di uscire dalla crisi e rilanciare il Paese.
E’ Mario Draghi, l’ attuale Presidente del Consiglio che si autodefinisce un “socialista liberale”.
Appare evidente che Draghi non è proprio quello della porta accanto.
Economista, ex governatore della Banca d’Italia, ex presidente della Banca centrale europea, legato a doppio filo al mondo dell’economia e della finanza da cui trae una sua specificità, intesa in senso sociale, che potrebbe fare la differenza.
Il suo incarico è stato accolto con un sospiro di sollievo da tutti nella speranza di uscire dall’immobilismo e dall’evidente incapacità dell’ultimo governo Conte.
Per presentarlo alla maggior parte dei cittadini, cioè i diretti interessati alla buona politica, di Draghi è stato raccontato molto se non tutto dai media. Perfino la stampa internazionale, i commenti politici, l’Europa, hanno esultato per questa candidatura. Dunque tutto ciò dovrebbe apparire rassicurante anche se oggi siamo solo agli albori del suo mandato e non resta che seguire la sua “governance”.
Perché l’Italia e gli italiani sono un Paese ed un popolo complesso che esalta le virtù come i vizi in alternanza e secondo le occasioni, “Bizzarro popolo gli italiani. Un giorno 45 milioni di fascisti. Il giorno successivo 45 milioni tra antifascisti e partigiani. Eppure questi 90 milioni di italiani non risultano dai censimenti…” (Winston Churchill).
Ma la pandemia ha fatto temporaneamente da collante accentuando il senso di responsabilità e solidarietà di popolo a cui gli italiani hanno aderito in massa. Le bandiere sventolate dai balconi hanno rafforzato l’appartenenza che sembrava sbiadita, il sostegno fra realtà diverse, nuclei disgregati hanno ridato sostanza ad una identità sociale spesso svilita e frantumata.
In questo contesto sono però anche riaffiorate esigenze e differenze di ceti, gruppi, famiglie e generi, oltre le aspettative individuali cui si dovranno dare risposte concrete.
C’è la sensazione che l’opportunità Draghi, sia da una parte l’ultima sponda perseguibile grazie a saperi e capacità, dall’altra l’ultima guida verso un futuro tecnologico in cui le persone rischiano di essere sempre meno valorizzate e riconoscibili. Un passaggio, forse un salto, verso qualcosa di ancora poco chiaro.
Come sarà il futuro? Pareggerà i contrasti e le mancanze del passato o ne creerà altri, forse più pesanti? C’è qualcosa nell’aria, nell’avvertire un sentimento d’incertezza, una consapevolezza dei limiti che disorientano.
Ecco che nell’immaginario la figura di Mario Draghi assume le sembianze di un Ninja guerriero e salvifico. Quello che farà tabula rasa delle ingiustizie e giustizierà i cattivi. Quello che, addestrato dagli incarichi precedentemente svolti e indirizzati verso un combattimento anche a corpo a corpo, saprà dare prova di coraggio e volontà d’acciaio. Speriamo non crudele.
Il racconto, la presentazione, le motivazioni di questa candidatura, sono stati scritti e letti nel modo più confacente all’immagine che se ne è voluto dare contro una politica che ha continuato a non dare esempio di coerenza, di lungimiranza, di dialettica ma piuttosto di opportunismo o opportunità strategica.
Draghi, però, non è un vero Ninja.
E’ un uomo di grande valore che ha rivestito ruoli importanti con la capacità del sapere e dell’intelligenza ma questo non lo rende immune.
Ci piace leggere che riceve una telefonata dal figlio mentre è seduto sul più alto scranno delle istituzioni parlamentari. Non si nega, non si disorienta perché sentimenti e impegno possono trovare posto insieme.
Piace che chieda, come uno studente agli esami, quando può sedersi dopo la sua relazione. Piace che s’impappini nel leggere un numero. Piace che non sia un vero Ninja.
Per riconoscerlo infine non uguale a noi ma come uno di noi.
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