Il “politichese” non è stato mai preso nella sua giusta considerazione dagli Italiani, che ne hanno subito gli effetti sconvolgenti sulla loro pelle, sorridendone e divertendosi, magari, per i suoi effetti fonici (anche se non onomatopeici) e per l’originalità, spesso stravagante, dell’invenzione.
Non si sono resi conto, per esempio, che le “convergenze parallele” menavano dritto alla commistione della favola cattolica con quella comunista, allontanando gli abitanti dello Stivale dalla soluzione dei lori problemi concreti, pratici (e, drammaticamente, urgenti); e ciò, per farli vivere e beare nella visione utopistica di un’ecumenica e universale felicità di tutti gli abitanti del Pianeta, promessa prima da Cristo e poi da Marx.
Così come non hanno capito che gli equilibri più avanzati significavano voler trasformare le oraziane “sirene” socialiste, formosae superne, con il loro bel volto democratico e libertario e con il corpo che finiva in piscem (dal tanfo “comunista”) in esseri viventi, nel panorama italiano, “tutta coda e niente testa”. E difatti, come un serpente dalla testa mozzata, i socialisti sono finiti. Comunque, le immaginifiche (anche se squassanti negli effetti) locuzioni dei nostri uomini politici d’antan diventano “perle preziose” se confrontate con lo “stupidario” di quelli nostri contemporanei.
Nel repertorio dei leader del tempo presente, si fa soprattutto uso del finale “-isti” per indicare i pretesi, ibseniani “nemici del popolo” (sovranisti, populisti, putinisti e via dicendo). La palma dell’imbecillità spetta, però, alla dizione “Europeisti”, che segue, solitamente, come “rafforzamento” dell’altrettanto idiota affermazione “non possiamo non essere Europei”! Monsieur de La Palisse è morto, ma era vivo un quarto d’ora prima di morire – recita la canzone francese di Bernard De la Monnoye.
“L’Italia geograficamente è nella parte meridionale dell’Europa: – gli Italiani sono Europei” – affermano stentoreamente i nostri conterranei, soprattutto quelli con lauti incarichi a Bruxelles; e potrebbero anche aggiungere: non sono cinesi! Ancora: – Perché amate l’Europa? – chiederebbe oggi un novello Edmondo De Amicis nel dettare alla sua classe un componimento d’esame. E la risposta, parodiando quella del libro “Cuore” (pagina del Tamburino sardo), non potrebbe essere che: – Perché mia madre è europea etc-etc.
Tutto ciò per dire che è del tutto ovvio che un individuo Europeo non può che amare l’Europa ed essere, in conseguenza, Europeista. Appropriarsi del termine per negarlo ad altri Europei è semplicemente demenziale. Qualche precisazione ulteriore è, però, necessaria. Come essere Italiani significa, con altissima probabilità, amare l’Italia, così è del tutto verosimile che spasimare per il Bel Paese non significhi accettare di buon grado la fatalità in base alla quale, in esso, i regimi clerico-fascisti si sono alternati a quelli catto-comunisti.
Si può amare il proprio Paese (e forse ancora di più) anche se non è stato mai veramente libero e ha subito, nel governo, i soprusi di Teocrati, Monarchi, Dittatori, Tiranni d’ogni risma e falsi democratici (con un piede in parrocchia e l’altro in una sezione di partito con compagni o camerati, per prendere ordini). Allo stesso modo si può amare l’Europa (e forse ancora di più) anche se si è consapevoli che gli Europei, unendosi, non sono riusciti a darsi una guida politica che faccia gli interessi dell’intero Continente e si lasciano abbindolare da bancari in trasferta (o, quando vi riescono, in missione di lunga durata) che seguano pedissequamente gli ordini di banchieri, che se ne stanno nelle stanze ovattate di Wall Street e della City, e si ricordano della vecchia Europa solo quando si tratta di “catapultarvi” (“aiutando” la volontà popolare) giovani inesperti e incapaci politici che curino soprattutto i loro interessi.
Orbene, dato che la strada per impedire all’Europa di crescere, senza i lacci e i lacciuoli del capitalismo meramente monetario dei Paperon dei Paperoni (e, cioè, Cina, India, Indonesia e, dopo la Brexit e l’elezione di Donald Trump anche Gran Bretagna e Stati Uniti d’America) passa attraverso i cristiano-sociali, i socialdemocratici e i liberali, è più che evidente che schierarsi contro questa “combine”, significa essere più Europeisti dei sedicenti tali. Si obietta: c’è il rischio che la protesta contro l’Europa dei banchieri passi attraverso forze che olent di fascismo o di autoritarismo mascherato, cosiddetto “di destra”. Certamente, il problema c’è ma esso è proprio di un Continente che non ha saputo mai essere, negli utimi due millenni, veramente libero da fideismi e fanatismi ideologici.
Domanda: forse che sono meno autoritari i Cristiani teocrati e dogmatici, i comunisti, eredi di Stalin e figli dello stesso padre che ha generato il fascismo (l’idealismo tedesco) e i liberali eurocontinentali, che (a differenza di quelli d’oltre Manica e d’oltre Oceano) sono da sempre caudatari di tutte le forze illiberali del vecchio Continente?
Risposta: Primum vivere. Oggi la battaglia è per la sopravvivenza dell’Europa tra le grandi Entità nazionali del Capitalismo onniproduttivo e non meramente finanziario. Quest’ultimo, infatti, è asfittico e deleterio. Per liberare il vecchio continente dalle catene di un’Austerity impostagli dall’Alta Finanza per il ripiano dei deficit delle banche e per le spese di accoglienza di nuovi schiavi, l’uno e le altre a sostegno di un’industria manifatturiera mantenuta volutamente zoppicante (solo chi non si regge sui propri piedi chiede prestiti) non c’è che da mandare a casa PPE, socialdemocratici e liberali.
Seconda risposta: Deinde philosophari. Certamente, non è confortante pensare che a più di duemila anni di distanza dall’avvento dell’autoritarismo assolutistico Teocratico e Platonico, l’Europa debba ancora barcamenarsi tra fideismi e fanatismi di vario genere. La cosa non è né promettente né di buon auspicio per un futuro migliore sotto il profilo di in pensiero veramente libero e non condizionato da verità ritenute incontrovertibili e da tabù invalicabili.
Terza risposta: Spes, ultima dea. Lo affermavano, sulle mura marmoree di templi, i Greci e i Romani, aggiungendo che per gli esseri umani, senza di essa, non era possibile vivere. E quei popoli, liberi nel pensiero, empiristi e tolleranti in fatto di religione (l’Olimpo pagano era solo un monte della Terra ed era aperto a divinità di tutto il mondo conosciuto) di vivere, di filosofare e di nutrire speranze terrene e non iperuraniche sapevano il fatto loro; in altre parole se ne intendevano davvero!
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