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Hammamet e Craxi raccontati da un’adolescente

Hammamet per me sin da bambina era un luogo conosciuto, poi è diventato un luogo che evocava lontananza, nostalgia e rabbia, poi un luogo del dolore, della tristezza. Oggi ritorna prepotente il luogo dei ricordi, di una celebrazione dopo vent’anni, ma anche la location di un film. Un film atteso con trepidazione, paura, curiosità, e così l’altra sera c’ero, c’eravamo, tanti, curiosi, preoccupati e non più giovanissimi.

Hammamet e Craxi, un legame indissolubile ma non per tutti, non per chi ha tredici anni. Ho portato al cinema con me mia figlia, senza nessuna fatica, contenta e molto onorata di venire a vedere un film diverso da quelli che vede di solito. E’ un’ amante del cinema come me, facciamo lunghe maratone davanti alla tv, al pc o nelle sale cinematografiche, è il nostro rifugio e il nostro svago, si spengono le luci e viaggiamo con il cinema in altri mondi, luoghi e vite. Ma questa volta non sa niente del film, sa certo di Bettino Craxi, sa chi è ma non conosce i dettagli della storia, vive in una casa socialista, ci sono foto, ascolta i nostri discorsi , ma nessuno di noi si è mai cimentato nel raccontarle tutta la storia. Direi che respira il socialismo e lo ha studiato a scuola, quando ha chiesto spiegazioni ulteriori è stato il fratello maggiore a dargliene, io ho declinato per incapacità e perché troppo coinvolta, rispondendole: “sono nata socialista non so rispondere ai tuoi perché.”

Hammamet: uno straordinario Favino sul set del film di Gianni Amelio

Il cinema Adriano, a Piazza Cavour è pieno, facce note, amici e compagni di vecchia data, Stefania Craxi e suo figlio, pochi sorrisi direi una tensione latente perché non sappiamo cosa vedremo e quali saranno le nostre reazioni. Ma che strano nel foyer il banner di Hammamet è solo posto in alto, vorrei farmi una foto davanti e non posso, chissà perché, la risposta che mi sono data non mi piace. Ma l’ora X è arrivata, prendiamo posto e si spengono le luci della sala 4.

Un bambino con i pantaloni alla zuava tira pietre con una fionda sui vetri del collegio, è Benedetto, Bettino Craxi. E così inizia la storia, pochi sussurri, un silenzio pesante, attento e aggiungo per me doloroso, vorrei cantare l’Internazionale ma nessuno lo fa, vorrei commuovermi ma lo faccio in grande riservatezza, vorrei applaudire a qualche frase di Craxi ma non lo faccio. Favino è da sempre un attore che amo, non solo per le sue interpretazioni, ma per il suo modo di essere, un attore al servizio dell’arte e non di sé stesso. Questa volta è lui che da vita al mio leader e ritorno bambina, e ricordo le volte che ho incontrato Craxi. Cerco di non perdere nulla del film e credo che andrò a rivederlo ho bisogno di interiorizzare altre cose che temo mi siano sfuggite.

Il film finisce in un silenzio surreale, siamo, sono confusa, toccata, sconvolta dal rivedere Bettino, la sua andatura, la sua mimica, la postura, il movimento delle mani, le pause, la sua voce, i suoi abiti, il suo dolore, la sua famiglia, la sua vita. Mi sento un pugile rintronato da tante cose, non sono i colpi bassi ma lo stordimento di ritrovarlo e l’impossibilità di ritrovarlo poi fuori dal cinema. Affianco a me mia figlia e non vedo l’ora di parlarne con lei, di ascoltare lei, di leggere i suoi occhi. Non ha finito i popcorn e di solito lo fa, è anche lei un po’ stranita, e ci fa mille domande a cui non rispondo, perché voglio prima farle le mie e voglio le sue risposte. Non c’erano tanti adolescenti in sala, non è un film per loro?! Io credo che sia un film per i giovani, credo sia un film per chi vuole sapere di più e vuole porsi delle domande. Sempre in silenzio ci salutiamo con tutti, con pochi scambiamo opinioni, un abbraccio a Stefania e poi nel silenzio ci diamo appuntamento ad Hammamet, quella vera sul mare, quella dove ognuno a modo suo rivivrà un pezzo di vita.

Ma Lou, mia figlia ha voglia di rispondere alle mie domande, ha voglia di raccontare. “Mamma, la mia scena preferita?” – Sì, Lou quella che ti ha colpito di più, temo la sua risposta, invece mi sorprende e mi viene voglia di urlare di gioia – “la scena in cui Craxi spiega la differenza tra popolo e gente, mi è sembrato importante spiegare, mi è piaciuto moltissimo ascoltarlo”. Posso dirlo? Che bello, è stata attenta, ha capito il senso di quello che Craxi/Favino voleva dire, un tema profondo, un distinguo da ribadire per il socialismo da sempre. Partiamo bene il dialogo tra me e la neo teenager è un emozionarsi a vicenda, le piacciono le scene in cui Craxi si racconta alla telecamera, i racconti e la voglia che Bettino ha di parlare agli altri. E le è piaciuta un’altra scena che non avrei mai immaginato, Craxi è su una terrazza da cui si vede il mare, cammina e si racconta a Fausto, un personaggio romanzato, che a me ricorda un giovane che lo aveva accompagnato: Luca Josi, Luca è molto diverso ma è stato per diverso tempo il suo registratore e il suo microfono, Fausto è casualmente anche il nome di mio figlio che se avesse potuto lo avrebbe ascoltato per ore. In sahariana, Craxi parla della vicenda giudiziaria e ad un certo punto si inalbera: “Mi è piaciuto che abbia detto di tagliare la scena, mamma, perché perde il controllo è ha un’invettiva contro chi lo giudica, lui non vuole parlare e agire come altri fanno con lui, vuole tagliare quel pezzo di filmato perché lui non parlerà male degli altri, non li ripagherà con la stessa moneta”. E’ vero è proprio così lo ha notato, lo ha capito e questo fa onore al film ed a lei e soprattutto al Bettino Craxi che molti hanno giudicato senza mai comprenderlo.

“Credo che Craxi non credesse più in quell’Italia, che non riconoscesse più il suo Paese, per questo non prende quell’aereo per ritornare, non si fidava più.” E’ lapidaria mia figlia, non posso contraddirla. Un lungo scambio di domande e risposte, che io e lei affronteremo quando tra poco andremo a rivederlo per ritrovarci più preparate alle immagini, ma alla mia domanda cosa ti è piaciuto di più di Craxi mi risponde come io non avrei immaginato. “Mi è piaciuto perché voleva conquistare chi lo odiava!” e ancora, ma mi sarebbe bastata la frase di prima: “la sua determinazione, mi piacerebbe averla, il senso che dava alla politica, non un rivoluzionario ma un riformista”. Lei ha risposto alle mie domande io non ho saputo rispondere a tutte le sue domande, e soprattutto a quella sull’attualità: “E se oggi ci fosse Bettino Craxi  e il suo partito? Ci sarebbero Salvini, Renzi e tutti gli altri?”. Non so darle una risposta, la storia sarebbe andata diversamente.

L’unica risposta che le ho dato è che ho avuto la fortuna di essere nata in una famiglia dove la politica era importante, dove valori e ideali giusti o sbagliati per gli altri erano il fondamento dei nostri comportamenti, che mai nessuno ha negato la storia e l’appartenenza, ma che la vita è coraggio, sfida e consapevolezza.

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Tiziana Buccico

Tiziana Buccico, napoletana verace, classe 1969, da sempre appassionata di politica, cultura e Medio Oriente. Un passato di uffici stampa tra cui l’Istituto italiano per gli Studi filosofici. Poi giornalista di pagine di cultura e società, come “moscone” per i quotidiani “La Città” e "il Corriere del Mezzogiorno”. Ha lavorato per uffici stampa politici e istituzionali (Regione Lazio e Consiglio Regionale del Lazio), organizzando eventi e campagne elettorali. Pezzi di vita vissuti tra Gottingen, Vienna e Parigi, viaggi avventurosi e curiosi. Per otto anni, sino al 2017, è stata in Iran per seguire marito e famiglia ma occupandosi a tempo pieno della Scuola Italiana “Pietro della Valle” di Teheran, come Vice Presidente . Da allora la passione per i viaggi e le culture diverse è cresciuta e si è anche trasformata in una rubrica Treccani dal titolo “Via della Seta”. Rientrata in Italia si occupa di social, politica, giornalismo ed eventi culturali mantenendo così un filo diretto con quella parte del mondo che le ha cambiato la vita. Social media manager dell’Istituto Garuzzo per le Arti Visive.

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