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Il futuro ha necessariamente un cuore antico: il diritto alla salute

Legge 23 dicembre 1978, numero 833: ormai, a più di 40 anni di distanza, si è quasi persa la memoria della Legge che ha mutato totalmente il sistema per la difesa della salute nel nostro paese.

Fu con la Legge n. 833 che fu istituito il Servizio Sanitario Nazionale che garantisce a tutti i cittadini il diritto ad ottenere dal potere pubblico (Stato e Regioni) le cure necessarie per la tutela della loro salute. Dieci anni prima un Ministro socialista, Luigi Mariotti, era riuscito a condurre in porto la Legge n. 132 che trasformò gli ospedali da enti di beneficenza in enti pubblici.

A 30 anni di distanza dall’entrata in vigore della Costituzione Repubblicana ed a 14 anni dal primo governo di centro sinistra, venne così data piena attuazione all’art.32 della Costituzione che, nel più ampio quadro dello stato sociale, garantisce il diritto alla salute per tutte le persone sullo stesso piano, ponendo fine al sistema degli enti previdenziali che garantivano assistenza sanitaria solo a chi svolgeva un’attività produttiva, autonoma o subordinata che fosse con profonde sperequazione tra l’una e l’altra categoria di lavoratori.

Piccola riflessione: se oggi non ci fosse stato il servizio sanitario nazionale, così come esiste sostanzialmente in tutti i paesi europei, con quali strumenti si sarebbe fronteggiata la pandemia del Coronavirus. Ormai sono tutti nel mondo dei più, ma se così non fosse sarebbe una domanda facile facile da rivolgersi agli antichi difensori del sistema mutualistico, degli ospedali regni di primari e degli enti assistenziali laici o religiosi che fossero, dei privilegi che godeva questa o quella categoria. Forse affermerebbero, come fa il Presidente degli USA Trump, che la diffusione della pandemia può servire a rendere immuni dal virus la popolazione: è vero che ci salverebbe dal mettere nel conto qualche decina di migliaia di morti ma è anche vero che in questo modo il potere pubblico risparmierebbe molti quattrini e sarebbe salvo il principio che la cura della salute è questione che riguarda le persone e non lo Stato…

Vecchia roba, con mille difetti, con mille carenze, ma ancora una volta maestra di civiltà e di tutela dei valori della persona. Giovane America in cui tutti possono diventare ricchi e muovere alla conquista del mondo, salvo naturalmente pandemie e simili accidenti…

Diritto alla salute: una conquista dei paesi europei. Foto di Sasin Tipchai da Pixabay

Tutto bene dunque sul piano dei principi, tutto male invece per quanto riguarda l’Italia sul terreno pratico, l’attuale pandemia, con difficoltà emergenti su tutto il territorio nazionale a prestare ai malati le cure necessarie, ha reso evidente, a meno che ce ne fosse bisogno, le profonde crisi in cui versa il Servizio Sanitario Nazionale. Anni di finanziamenti insufficienti, di chiusura di piccoli e grandi ospedali per risparmiare sulla spesa, di decisioni folli come quella di consentire al personale medico ospedaliero di svolgere attività privata all’interno di strutture ospedaliere (paghi ed ottieni tutto quello che otterresti gratuitamente solo dopo molti mesi), politiche altrettanto folli a proposito delle forniture ospedaliere (la questione delle mascherine è emblematica a questo proposito) hanno corroso un sistema sanitario pubblico lasciando spazio a quello privato, terreno di fruttuosi investimenti di fondi, di imprenditori con solidi agganci politici, di politici pronti a rivendicare i loro meriti nel settore, salvo poi finire impietosamente in galera.

Sono molto gravi dunque le responsabilità di una classe politica che intendeva rappresentare il nuovo ed ha finito per lasciare spazio a quel groviglio di interessi privati nei servizi a tutela della salute. Per riprendere il discorso iniziato più di 40 anni fa sarà necessario non solo molto denaro ma anche una diversa linea di governo: una volta tanto viva la restaurazione!

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Mario Pacelli

Mario Pacelli è stato docente di Diritto pubblico nell'Università di Roma La Sapienza, per lunghi anni funzionario della Camera dei deputati. Ha scritto numerosi studi di storia parlamentare, tra cui Le radici di Montecitorio (1984), Bella gente (1992), Interno Montecitorio (2000), Il colle più alto (2017). Ha collaborato con il «Corriere della Sera» e «Il Messaggero».

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