Di Dom Serafini
Nonostante i suoi successi forensi, Marco Maria Ferrari si sente prima di tutto un marinaio, in secondo luogo un pittore e infine un avvocato. La passione per il mare gli deriva dal padre Pietro (Pierino), insegnante d’italiano, greco e latino al Liceo Classico di Teramo da ancor prima che Marco imparasse a nuotare nel mare della sua nativa Giulianova, in Abruzzo.
Dopo circa 63 anni dalle prime escursioni sugli scogli del porto a raccogliere cozze, il 70enne avvocato ha deciso di riunire le sue memorie di marinaio “onorario” in un libro autobiografico-romanzato pubblicato da Edizioni Il Viandante di Pescara-Chieti e intitolato “Il Pescatore di Sogni”, un’espressione che suo padre usava quando gli parlava di mitologia.
Il libro di 219 pagine é illustrato da 42 foto di marinai scattate a Giulianova dal 1934 al 1940, piú una foto a fine libro che ritrae l’autore in braccio al padre sul molo sud (in costruzione) nel 1955. Nel libro i ricordi del mare si intersecano con quelli della cucina ed in particolare del pane. Ad un certo punto Marco scrive, “Se la memoria avesse un senso, si chiamerebbe olfatto”.
Una buona parte del libro é dedicata alla pesca con i “caliscendi”, espressione locale per indicare quelle che in italiano si chiamano le “bilance da pesca”, e a sud dell’Abruzzo i “trabocchi”, cioé reti legate agli angoli a due rami d’albero incrociati e collegati ad un palo che le fa scendere in mare.
Ma per l’avvocato i caliscendi non sono solo memoria, ma anche una realtà attuale visto che da anni sta lottando contro la burocrazia per ottenere il permesso di costruirne uno. “Quando sembra tutto pronto, ecco che arriva la richiesta di un altro ente, oltre ai cinque già soddisfatti, che richiede un nuovo documento…”, si sfoga Ferrari, che é ben preparato ad affrontare qualsiasi tribunale, ma in difficoltà davanti alla macchina burocratica italiana.
Tra i tanti strumenti da pesca, Ferrari descrive anche la “sciabica” (rete tirata dalla spiaggia, oggi vietata), le “lancette” (barche da pesca con vela da taglio — da trabaccolo in dialetto — che consentiva di navigare contro vento) e le “lampare”, barche dotate da lampade a gas (per attirare il pesce azzurro).
Tra i vari racconti, l’autore ricorda anche come i pescatori arrotondavano i loro magri guadagni pescando, con i caliscendi, le anguille femmine di Comacchio (in transito dal fiume Po e dirette a deporre le uova al Mar dei Sargassi nell’Oceano Atlantico), che durante il tragitto si trasformavano in capitoni, venduti durante il periodo natalizio. “Tutto questo, purtroppo é finito da anni. I capitoni non sono scesi più verso sud e i vecchi caliscendi arroccati sul molo ne hanno atteso invano il passo che, da sempre, aveva rappresentato la salvezza di tante famiglie di pescatori”, scrive Ferrari.
L’autore spiega anche perché le donne vestivano sempre di nero: “tutte le volte che [i loro uomini uscivano] in mare non si era certi di tornare a casa”.
L’avvocato fa poi presente che i ricordi sono anche piacevoli ed “ancora mi accompagnano quando navigo [con la barca a vela] verso la Croazia, la Grecia e ovunque nel Mediterraneo”.
Un’ultima nota riguarda la copertina che, spiega l’autore “rappresenta una vecchia foto strappata che affonda lentamente in un mare limpido … simboleggia il filo invisibile che ci tiene tutti collegati con la memoria di chi ci ha preceduto. Roberto [uno dei personaggi del libro] racconta che il padre Flaviano, un povero marinaio che lavorava duramente per mantenere la famiglia e lavorava anche di domenica, trovava il tempo di costruire per i suoi figli un giocattolo speciale. Due barchette di legno colorate come le lancette, con le vele e lui e il fratello ci giocavano sulla spiaggia invidiati dagli altri bambini, mentre Flaviano li guardava e sognava che un giorno sarebbero diventati armatori di una lancetta vera. Uomini poveri che vivevano una vita dura e pericolosa, sconosciuti e dimenticati, ma i loro sentimenti sono sempre vivi ed eterni perché partecipano dell’essenza della natura umana”.
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