L’economia italiana già asfittica di per sé sta subendo colpi pesanti per effetto della crisi sanitaria mondiale, dovuta al coronavirus che dal primitivo focolaio cinese si è allargato in molte parti parti del mondo. L’Ocse, nell’ambito di un quadro mondiale assai preoccupante, prevede, per quest’anno, una crescita zero per l’Italia.
La prospettiva è inquietante, poiché l’intero sistema produttivo del Paese è strettamente legato al flusso di import export. Se l’economia rallenta a livello globale l’Italia è tra i paesi destinati a risentirne le conseguenze in tutti i settori, dal turismo alla moda, dai macchinari ai prodotti agroalimentari.
Rispetto a un quadro così grigio serve un approccio complessivo di tutte le componenti del sistema nazionale, dalle espressioni politiche a quelle imprenditoriali, dal mondo bancario e finanziario alle rappresentanze sindacali (di imprese e lavoratori), dai governi locali alle istituzioni sanitarie, dai corpi militari alle associazioni civili, in altri termini è indispensabile il coinvolgimento dell’intera nazione.
La crisi è più grave di quanto emerge dalle rassicurazioni che vengono dal governo. E’ giusto non eccedere con l’allarmismo, forse se ne è fatto involontariamente un po’ troppo, ma è sacrosanta una chiamata generale di responsabilità.
Responsabilità senza precipitare nell’angoscia, servono nervi saldi anche tra la gente comune. Se ne può e se ne deve uscire, ma l’obiettivo è notevole e non è dietro l’angolo, considerato che sono ancora aperte difficili crisi settoriali, dalla siderurgia (Ilva di Taranto) al trasporto aereo (Alitalia e Airitaly), che assorbono risorse finanziarie finora senza esito.
Occorre avviare una politica economica che vada ben al di là della proposta di sconfinamento di 3,6 miliardi di euro dal bilancio concordato con l’U, che potrebbero risultare solo un pannicello caldo. Serve una visione strategica di fondo, tenuto conto che le politiche monetarie, come quella seguita per più anni dalla Banca centrale europea, hanno impatto a livello di sistema generale (tassi di interesse ridotti praticamente a zero, che aiutano l’Italia al servizio del debito pubblico), ma alle quali debbono seguire ricadute sugli investimenti, sulle imprese, sulla produzione e sul consumo, il che è possibile solo attraverso un aggregato di iniziative di politica economica a livello italiano.
In questa prospettiva è necessario che il governo, con l’appoggio del parlamento, definisca linee guida per un orizzonte temporale piuttosto lungo, almeno fino al termine della legislatura del 2023.
Nella situazione attuale è folle pensare allo strappo di elezioni anticipate. Non servono divisioni politiche, è indispensabile un impegno comune (ciascuno nel proprio ruolo di maggioranza e di opposizione) per il tempo necessario a mettere in salvo la barca.
Un ruolo decisivo sarà giocato dall’Unione Europea, a condizione che finalmente una visione politica complessiva prevalga sugli interessi di bottega dei singoli stati membri. Se la crisi si farà estesa sul vecchio continente, parlamento europeo e commissione esecutiva dovranno assumere finalmente un ruolo decisivo a tutto campo, perché qui, nei prossimi mesi, si gioca veramente il futuro dell’Unione.
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