La ricerca, appena pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica Gut, evidenzia come esista un rapporto diretto tra l’alimentazione, il microbioma intestinale e la salute dell’uomo.
I partner del progetto europeo DINAMIC – Diet-induced Arrangement of the gut Microbiome for Improvement of Cardiometabolic health – hanno condotto uno studio di intervento nutrizionale randomizzato controllato di 8 settimane in soggetti sovrappeso e obesi con uno stile di vita sedentario. I risultati mostrano chiaramente che un cambiamento nel comportamento alimentare, senza alcuna concomitante modifica dell’apporto energetico individuale dell’assunzione di macronutrienti e dell’attività fisica, può ridurre i livelli ematici di colesterolo, già dopo 4 settimane, in una popolazione a elevato rischio cardio-metabolico per uno scorretto stile di vita. Inoltre, una maggiore aderenza alla dieta mediterranea induce cambiamenti del microbioma intestinale e della sua funzionalità, importanti per la salute umana. In linea con gli aspetti legati alla nutrizione personalizzata, i dati mostrano che alcuni individui ospitano un microbioma intestinale che è più suscettibile ai cambiamenti indotti dalla dieta mediterranea e vanno incontro ad ulteriori vantaggi clinici come il miglioramento della sensibilità all’insulina e dello stato infiammatorio.
Il team multidisciplinare ha visto protagonisti i gruppi di ricerca dei docenti Danilo Ercolini, Paola Vitaglione e Angela Rivellese della Task Force della Federico II per gli Studi sul Microbioma; Lars O. Dragsted ed Henrik M. Roager del Dipartimento di Nutrizione, Esercizio e Sport dell’Università di Copenaghen, e i membri del gruppo di ricerca dell’istituto di ricerca francese MetaGenoPolis (INRAE) dell’Università di Parigi-Saclay coordinato da Dusko S. Ehrlich.
Analizzato, quindi, l’effetto della dieta mediterranea sulla composizione del microbioma intestinale e su parametri clinici, metabolici e antropometrici di 82 soggetti sani, sovrappeso ed obesi, a rischio di sviluppo di malattie cardiovascolari. I partecipanti sono stati inclusi nel gruppo di intervento con dieta mediterranea (n=43) o nel gruppo di controllo (n=39). I partecipanti nel gruppo con dieta mediterranea hanno ricevuto un piano dietetico individuale sul modello mediterraneo, equivalente a quello abituale per calorie e composizione in macronutrienti. Quindi questi volontari hanno aumentato l’introito di fibra alimentare, proteine vegetali e grassi insaturi e hanno ridotto carboidrati semplici, proteine animali e grassi saturi. I volontari nel gruppo di controllo non hanno modificato le proprie abitudini alimentari per la durata dello studio. Tutti i volontari hanno mantenuto lo stile di vita sedentario durante il periodo di intervento.
Dall’analisi dei dati di metagenomica, analisi dei genomi di tutti i componenti del microbioma intestinale, e metabolomica, analisi dei metaboliti, è stato definito il profilo del microbioma e del metaboloma della popolazione in studio contestualmente ai dati clinici e antropometrici.
Dopo 4 settimane i volontari che consumavano una dieta mediterranea hanno mostrato una riduzione del colesterolo plasmatico totale rispetto ai controlli. Inoltre, i volontari che hanno aumentato maggiormente l’aderenza alla MD hanno anche mostrato un aumento dei batteri che degradano le fibre e che producono acidi grassi a corta catena, come alcuni ceppi di Faecalibacterium prausnitzii, un arricchimento nei pathways di degradazione di trigliceridi del metabolismo del butirrato e una diminuzione delle specie potenzialmente pro-infiammatorie, es. Ruminococcus gnavus. L’aderenza alla dieta mediterranea è stata dimostrata con un aumento dei markers di consumo degli alimenti di origine vegetale e una diminuzione di quelli di alimenti di origine animale quali minori livelli plasmatici e urinari di carnitina e prodotti di degradazione delle proteine animali. Per quanto riguarda i metaboliti microbici di interesse salutistico e legati alla dieta, è stato evidenziato un aumento nelle urine dei livelli di urolitine, molecole dalle proprietà antiinfiammatorie prodotte dal microbiota intestinale a partire da polifenoli presenti nelle noci. Infine, è stata osservata una riduzione della produzione di acidi biliari fecali e della resistenza all’insulina, e tali cambiamenti erano correlati ai livelli basali e alle variazioni delle specie microbiche coinvolte in queste specifiche caratteristiche metaboliche.
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