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La Lega si oppone alla tassa sulle auto

La Lega si oppone alla tassa sulle auto

L’ecotassa, la tassa sulle auto, appena inserita con un emendamento alla manovra, sta spaccando il governo. Non piace affatto alla Lega: per Salvini «va bene un aiuto alle auto elettriche ma senza penalizzare le auto a benzina o diesel, perché l’auto è già tassata a livelli folli»; mentre Romeo, capogruppo del Carroccio al Senato, ha assicurato che il testo sarà cambiato nel passaggio a Palazzo Madama. Il M5s invece difende la misura, con la sottosegretaria Laura Castelli che insiste: «È nel contratto di governo, le persone meno abbienti non sono colpite, penso che la norma non sia stata letta in maniera approfondita». Intanto Di Maio ha annunciato la convocazione di un tavolo tecnico con costruttori e consumatori «per migliorare gli incentivi per l’auto elettrica, ibrida e a metano».

Il M5s, d’intesa col premier Conte, vuole che a gennaio Tria se ne vada. Salvini non è d’accordo e propone anzi di rivedere il contratto: «Magari quello che abbiamo stabilito a maggio del 2018 a settembre del 2019 o del 2020 va ritarato» [Lopapa, Rep]. Minzolini scrive stamattina sul Giornale che Tria ha mandato un sms a Brunetta, suo vecchio amico: «Non ce la faccio più, sono sottoposto ad un agguato dietro l’altro. L’ultimo è stato quello di mandarmi davanti alla commissione parlamentare di ritorno dall’Ecofin. L’unica cosa che mi interessa è salvare il Paese. Quella è la mia luce. Altrimenti, se fosse solo per me, già ora…». Il ministro sta riscrivendo la manovra da presentare al senato nella speranza che Bruxelles si calmi. «I 5 Stelle sono pronti ad addossare a Tria le colpe di un eventuale fallimento del negoziato. Per come ha condotto la trattativa, perché ha ceduto subito sull’ipotesi del deficit all’1,8 per cento, come voleva Bruxelles e perché quando è stato deciso che per il 2019 sarebbe stato a 2,4 non lo ha difeso e ha mostrato il fianco» [Lombardo, Sta].

Macron

Polemiche per il fatto che Macron, anzi Brigitte, con quello che sta succedendo in Francia, è impegnata nella ristrutturazione della Salle des Fêtes dell’Eliseo, un costo di 600 mila euro per metà destinato al cambio della moquette, due tonnellate di lana colorata in Belgio e tessuta alla Manifattura reale del Parco di Aubusson. Qualche mese fa Brigitte aveva preteso che si spendesse mezzo milione del denaro pubblico per un servizio di piatti. I gilet gialli sono andati a sputare sulle vetrine della cioccolateria Jean-Trogneux di Amiens, di proprietà della sua famiglia, davanti a cui sono state sistemate adesso telecamere di sorveglianza e due vigilanti. [Zanon, Libero].

«Eric Drouet, 33 anni, camionista di Melun, una sessantina di chilometri a sud di Parigi, ormai va in tv a dire che domani i Gilets Jaunes marceranno sull’Eliseo. E l’Eliseo ci crede. Ieri una fonte della Presidenza citata dal Figaro avrebbe dichiarato che “ci troviamo davanti a un tentativo di golpe”. Le informazioni raccolte dai servizi sul campo (ma basta avventurarsi anche poco su Facebook) parlano di “appelli a uccidere”», di inviti “a munirsi di armi per attaccare i deputati, al governo, all’esecutivo, alle forze dell’ordine”» [Pierantozzi, Mess]. 

Gli Usa arrestano la figlia del fondatore di Huawei

Su mandato di cattura statunitense, è stata arrestata in Canada la direttrice finanziaria di Huawei, Meng Wanzhou, primogenita del fondatore dell’azienda tecnologica cinese. L’arresto è avvenuto il 1° dicembre – proprio mentre al G20 di Buenos Aires Trump incontrava Xi – ma la notizia è stata diffusa dalle autorità canadesi solo ieri, senza fornire ulteriori dettagli. Huawei avrebbe violato l’embargo commerciale imposto dagli Usa all’Iran, vendendo prodotti per le telecomunicazioni che utilizzano brevetti statunitensi sotto licenza. Gli Stati uniti hanno chiesto l’estradizione di Meng Wanzhou, mentre il governo di Pechino ha protestato esigendone la liberazione. Oggi a Vancouver l’udienza in cui il giudice deciderà se rilasciarla su cauzione.

  • «Meng, che in occidente equivale a Sabrina e che ha preso il cognome Wanzhou dalla madre, è Cfo di un impero che dà lavoro a 180mila persone e che solo nella prima metà del 2018 ha scritto 47,4 miliardi di dollari alla voce ricavi. Cifre e mansioni che disegnano il profilo di quella che da molti è considerata la donna cinese più potente nel mondo della tecnologia. Il futuro di Meng, del resto, sembra già scritto: è opinione comune, in Cina ma non solo, che sarà lei a succedere a suo padre, Ren Zhengfei, alla carica di Ceo di Huawei» [Simonetta, Sole].
  • Da tempo gli Stati Uniti accusano Huawei di fare spionaggio per conto del governo cinese. Pur essendo privata, l’azienda è strategicamente importante per le ambizioni di supremazia economica della Cina, nel campo della tecnologia 5G nelle reti telefoniche ai chip. I governi occidentali che si stanno dotando delle reti 5G (di quinta generazione per la telefonia mobile) stanno negoziando con Huawei, che è all’avanguardia. Il gruppo di Ren insiste che Pechino non ha alcuna influenza nelle sue operazioni [Santevecchi, CdS].

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Giorgio Dell'Arti

Nasce a Catania il 4 settembre 1945. Giornalista dal ’69 a Paese sera. Passa a Repubblica nel ’79: inviato, caposervizio, redattore capo, fondatore e direttore per quattro anni del Venerdì, editore del mensile Wimbledon. Dirige l’edizione del lunedì de Il Foglio, è editorialista de La Stampa e La Gazzetta della sport e scrive per Vanity fair e Il Sole 24 ore. Dell’Arti è uno storico di riconosciuta autorevolezza, specializzato in biografie; ha pubblicato (fra gli altri) L’uomo di fiducia (1999), Il giorno prima del Sessantotto (2008) e l’opera enciclopedica Catalogo dei viventi - 7247 italiani notevoli (2008, riedizione de Catalogo dei viventi - 5062 italiani notevoli, 2006). Tra gli ultimi libri si ricordano: Cavour - Vita dell’uomo che fece l’Italia (2011); Francesco. Non abbiate paura delle tenerezza (2013); I nuovi venuti (2014); Moravia. Sono vivo, sono morto (2015); Bibbia pagana (2016).

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