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L’Antropologica, la ragazza degli antichi quartieri

La ragazza dei quartieri nasce e cresce in un mondo in cui Masaniello, al Borgo Loreto, le ha insegnato il concetto di sfida. Totò, alla Sanità, le ha insegnato la vita come gioco, ironia, trasgressione per elevarsi dal poco che la circonda. Il Principe di Sansevero, a Spaccanapoli, le ha insegnato la funzione terapeutica della magia e dei sogni. Assunta Spina e Filumena Marturano, alla Pignasecca, sono le sue fonti ispiratrici per una femminilità, pastosamente mediterranea e quasi sempre protesa alla maternità come autodeterminazione del suo essere donna.

Cresciuta nel Centro Storico più antico del mondo e in versione “cattolicamente pagana”, risente positivamente di tutte le influenze delle varie occupazioni attraverso i secoli. Si adegua al nuovo con grande sensibilità e intuito, ma rimane fedele alla sua idea di vita che è quella di sposarsi e procreare. Lo scenario sociologico in cui cresce è quello dell’economia sommersa: nera-bianca-rossa tra artigiani e finti artigiani, venditori ambulanti e finiti disoccupati, manager del totonero & sigarette di contrabbando; e in questa promiscuità di economia e di valori tende a far propria la teoria della giungla: Attacco & Difesa come principio di sopravvivenza all’interno di valori finiti quali Matrimonio & Maternità; per elevarsi da questo complesso scenario di vita rivede spesso alle tv private tutti i film di Totò, poiché il Antonio de Curtis è il grande maestro a cui ispirarsi per dare un senso al tragico- grottesco che la circonda e cioè: “ Dare per scontato la catastrofe che l’avvolge (Principio di morte) me servirsi della categoria dello spirito (Principio di vita)” per proiettare se stessa (l’uscire da sé) in una dimensione poetica che le giustifica il perché dell’essere venuta al mondo.

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E questo “uscire da sé” le fa apprezzare tutte le cose belle della vita una gita, un vestito nuovo, una serata in discoteca; infatti, il suo lavoro preferito è la commessa a via Chiaia e a via dei Mille, dove la felicità del consumo, che per altri ceti sociali è vista come “dell’apparire”, per la nostra ragazza dei quartieri è ancora fonte di gioia e di conquista sociale. Si serve enormemente del Principio di Sfida (Masaniello) per tentare di uscire definitivamente dal provvisorio che la circonda e non teme confronti con nessuna area sociale. Generalmente i suoi partner della seta sono neo-ricchi con matrice sotto culturale e di conseguenza non in grado di capire quanta tensione creativa c’è il lei. Elle, Grazia, Donna Moderna, Vanity Fair e per fortuna anche Elena Ferrante, sono le sue letture preferite; i film americani alla Sex and the City la esaltano; Madonna è il suo mito canoro; Il grande fratello la sua trasmissione televisiva preferita.

Patrizia, la ragazza della Baia Domizia, è una derivazione della ragazza dei quartieri, poiché trattasi di una fascia femminile che ha lasciato il vicolo a 7 o 10 anni con la famiglia, per andare ad abitare nell’hinterland, napoletano, facendo così le fortune di Tony Tammaro. Istintivamente è protesa al nuovo, infatti è stata la prima a importare la moda punk, dark, metallaro; la prima a portare focose minigonne, la prima a scendere in discoteca con il pancino scoperto; nei fatti, grazie al “Principio di sfida “, non ha paura del nuovo.

Come in una metafora, il Principe di Sansevero le ha insegnato la magia e i sogni. Sempre figlia di famiglia numerosa, la promiscuità è la base della sua fisicità, quasi con delle similitudini con i “Neo-Bizantini”. Anche se nel suo caso, la differenza è sostanziale: cresciuta in poco spazio, l’anticipazione della sua magia è giocoforza ineluttabile; mentre per i “Neo-Bizantini” è “Colmare il quotidiano”.

Ai sogni depone l’altra metà di sé e spesso riesce a realizzarla con grosso forzo e sacrifici, non perdendo mai i suoi riferimenti culturali nella gestione del suo essere donna. La ragazza dei quartieri può attraversare tutti i sentieri della sperimentazione, ma resta ancorata a un valore finito: la famiglia.

E in nome di tale valore quasi sempre sposa un coetaneo del vicolo accanto, con il quale fin da piccola ha giocato a marito e moglie. E delle sue Muse ispiratrici (Assunta e Filumena), fa proprie la tolleranza, la sopportazione e l’accettazione del presente: in questo eleva al massimo la sua componente cattolica, al fine di gestire le poche capacità economiche del marito e i bisogni dei figli, poiché, come poche delle ragazze di altre categorie, è cosciente del fatto che il suo essere donna si materializza attraverso la maternità e la famiglia.

Peccato che Filippo il ragazzo di via dei Mille, Carlo il Posillipino, Mario l’Intellettuale, Piero il Neo-Bizantino, Gegè l’Apatico Sessuale, per cultura e socialità non prendano in esame l’ipotesi di convogliare a nozze con una vera ragazza dei quartieri, l’unica che , con il suo ritmo , con la sua gioia, con il suo piacere per le piccole e grandi cose, con il suo amore per l’estetica, con la sua tolleranza, con la sua magica fisicità, potrebbe controbilanciare la noia e l’inerzia di vivere che circonda questi uomini nati nel benessere e nel conformismo. Ma laddove questi cari amici (Filippo, Carlo Mario, Piero, Gegè) dovessero decidere di spossare una ragazza dei quartieri, andrebbe applicato, 24 ore su 24, il “Protocollo2”, quello della Pratica della Frusta, altrimenti la nostra ragazza preferirebbe sposare il giovane del vicolo, che istintivamente riesce a darle tutte le coordinate di cui ha bisogno e che, come detto all’inizio, vengono da lontano e sono stratificate in lei.

Ci piace ricordare che tra i notturni c’è stato un matrimonio all’inverso: un ragazzo dei quartieri ha sposato una nobile napoletana e la nobile ha dimostrato, ancora una volta, a tutti noi che la donna è capace di rischiare, poiché ama il nuovo, il trasgressivo, l’imprevedibile, l’ironico, la magia e solo chi è cresciuto con Totò, Masaniello, il Principe di Sansevero, Assunta Spina e Filumena Marturano, può garantire tali valori di vita. Provare per credere.

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Salvatore Pica

Dopo l’infanzia trascorsa a Pignasecca, Pica inizia la sua carriera nel mondo del design, del teatro d’avanguardia, dell’arte moderna, tra le feste alla factory di Andy Warhol che lo fotografò insieme ad altri personaggi noti della città per le sue Napoliroid. Disse di se stesso: “Volevo diventare qualcuno, alla fine sono diventato qualcun altro”.

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