Donne e uomini non deludono mai. Sono sempre uguali nei vizi come nelle virtù confermando che le differenze fanno la differenza.
Dunque anche questa volta tra gli uni e le altre i conti non tornano. Non nel numero, 8 donne su 23 nel nuovo Governo, non nel ruolo: poche, per lo più ministre senza portafoglio.
Scelte con un impegno certosino, nel non intaccare equilibri precostituiti dalla politica e dagli stereotipi, secondo i più dovrebbero essere contente di esserci. Punto.
Facciamo allora i conti.
Le donne che hanno giurato davanti al Presidente Mattarella, scelte secondo un criterio di rappresentanza “tecnica”, sono indiscutibilmente persone di valore e di saperi. Le altre, sono tutte protagoniste politiche del passato e di oggi. Da Berlusconi ai 5 Stelle.
Alcune di loro si sono mostrate abili ma quel che è certo é che nessuna si è spesa molto per una politica di genere. Tranne, bisogna darle atto, Elena Bonetti ministra della Parità e della Famiglia la quale, riprendendo un lavoro già avviato precedentemente ma con maggiore coraggio, potrà raccogliere una pesca più proficua e abbondante. Però, e c’è un però, la sua rinomina viene oscurata dall’essere spesa come unica rappresentanza di una forza politica (Italia Viva), dall’averle ridato un ministero senza portafoglio, di avere dimostrato nel governo precedente una scarsa autonomia politica e governativa.
Un ruolo a cui infine nessuna ambiva e a cui, siamo sinceri, nessun partito puntava.
Strano che oggi alcuni esponenti politici di spicco, come Zingaretti e Orfini, lamentino la scarsità di nomine femminili.
Con la metodologia introdotta da Draghi e Mattarella, per la scelta dei Ministri, i partiti si sono concentrati su trattative più generalizzate che non finalizzate a specifiche questioni da risolvere, più al mantenimento-accrescimento del proprio potere che al rinnovamento d’immagine e di metodo. Un lavorio dietro le quinte che da sempre vede esclusa la parte più debole della politica, le donne.
Ma questo non era che il primo scoglio, superato il quale sicuramente un riassetto in questa direzione tenterà di riequilibrare i numeri e avremo sicuramente più vice ministri e sottosegretari (sempre nell’alchimia politica) di genere.
Alcune certezze: la pandemia e il tema della salute, le conseguenze e la crisi economica, i cambiamenti tecnologici ed ambientali.
Temi prioritari su cui si gioca il futuro del nuovo Governo.
Il richiamo alle mutazioni che questo secolo promette e che saranno molto più veloci di quelle che hanno attraversato il secolo scorso, mette in difficoltà il riproporre la questione di genere nei termini fino ad oggi rappresentati. Pensare che in questo vasto piano politico siano compresi, in uguale misura, anche i temi di diritto come la pari rappresentanza ai vertici decisionali, la lotta alla violenza di genere, il contrasto ad ogni forma di discriminazione (anche oltre confine), rischia di sembrare un’utopia.
L’autorevolezza e il riconoscimento che richiede tale problema nel contesto generale della politica non può essere ascritta in modo separato fra donne dei partiti, di area tecnica e delle associazioni. Tutte ugualmente necessarie nel dibattito come nel progetto, devono confrontarsi con tutto il Governo non solo per mettere a disposizione le proprie competenze ma per elaborare, condividere, assumere scelte e responsabilità.
Contano i rapporti di forza.
Le donne, che non hanno smesso un solo momento di reagire e agire, continuano tuttavia a lamentarsi di non raggiungere i risultati cui aspirano.
Questi risultati non sono stati certamente determinati da incapacità intellettuale, resilienza oltre limite, mediazione, di riflessione, di propositività e allora cosa c’è che non è andato e che non va?
Perché la loro energia si sgretola così facilmente? Perché riescono meglio nell’essere testimoni piuttosto che forza di cambiamento? Perché le loro battaglie, anche quando sembrano ben avviate s’interrompono sempre sul più bello prima o senza chiudere accordi definitivi?
Le testimonianze di questi ultimi anni, nel nostro Paese ma non solo, parlano chiaro.
Basta aprire il grande interlocutore, il WEB, per avvertire la scossa e le vibrazioni che provengono dal mondo femminile.
Peccato che il virtuale si dilegui, perda connotati, si sovrapponga ed evapori.
E la forza, quella che nella pratica deve tradursi in contrattualità vera, nel sostenere le stesse cause, nel divenire presenza fisica in grado di trattare e di condizionare si perde nell’etere.
Finché le donne non metteranno da parte le appartenenze, vissute come limiti, snobismi culturali ( donne della sinistra e donne della destra) ricatti, sensi di colpa, per loro non ci sarà mai un dopo. Mai come ora o mai più.
In caso contrario tutto è scritto. Oggi un biscotto domani uno zuccherino ma non arriveranno mai al centro della torta. Draghi o non Draghi.
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