di Giuseppe Carro
“Nec sine te, nec tecum vivere possum“
(“Non posso vivere ne con te ne senza di te”, Ovidio).
Non credo una rondine abbia mai costruito un nido senza uscita: una rondine non può rimanere troppo a lungo nel suo nido. In questi giorni “sospesi” senza sole e pioggia, le nostre
porte sono state sbarrate con i muri costruiti dalle regole, con il cemento della paura e i mattoni del buonsenso. Eppure la convivenza forzata con la nostra famiglia diventa giorno dopo giorno motivo di tensioni, di piccole liti, lo stesso battibeccarsi dei capponi di Renzo.
Mentre veniamo trascinati dal delirio giornaliero, continuiamo a puntualizzare, a lamentarci, a far di ogni piccolo gesto un’intessuta tragedia.
Eppure, nonostante la tensione balli “il valzer” della reclusione, non mancano i bei momenti, le strette di mano, gli abbracci, i baci di una madre, i sorrisi di una sorella, le canzoni cantate a squarciagola, le novelle di storie vissute, quelle storie raccontate innumerevoli volte, quelle storie di cui si conosce già il finale, ma che continuano a stupire.
Manciate di attimi di gioia mescolati alla noia e all’impazienza, combattiamo dietro la trincea di una casa su di un fronte comune, ognuno di noi è stufo dell’altro ma senza l’altro non può vivere.
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