Se c’era il bisogno di un’ulteriore prova i fatti di Pontida confermano che eravamo molto vicini al baratro. È superfluo, anzi scontato, condannare gli episodi di razzismo nei confronti di Gad Lerner, l’aggressione contro i giornalisti o la strumentalizzazione di minori per scopi politici. Sarebbe inutile sottolineare l’ovvio.
Piuttosto appare più utile analizzare la realtà e la psiche che generano pregiudizi razziali, nazionalismo aggressivo, disprezzo, appena appena velato, per le istituzioni democratiche e chi le rappresenta (il presidente Mattarella), culto verso la personalità del proprio capo indiscusso: tutte cose che fanno rabbrividire e che riaprono pagine inquietanti della nostra storia passata. È proprio vero ciò che è stato può ritornare insieme a quel senso drammatico della “banalità del male ” di cui parlava Hannat Arendt. È stato devastante ascoltare invocare donne, anche anziane, probabilmente mamme, il ritorno dei “forni”, è stato sconcertante osservare una folla animata da odio e rabbia acclamare un capo che la eccitava e la sosteneva garantendo “rivalsa” senza alcun pudore e ancora di più sconcertante considerare che quel capo aveva chiesto “pieni poteri”.
È evidente che si tratta di individui che nella generalizzazione pressappochista del loro pensiero puerile ma pericoloso realizzano una distinzione netta tra la glorificazione del proprio sè (perfetto, detentore della verità ) e l’altro che, senza alcuna ragionevole spiegazione, appare come inferiore, indegno di rispetto, destinato al “forno”.
Colpisce l’astrattezza e la durezza dell’assurdità delle loro affermazioni, la negazione di quel sentimento di pietas che distingue l’uomo dalle bestie, l’annientamento di ogni struttura logico-razionale.
La semplificazione che ne deriva è tale che si pensa solo in termini di bianco e nero, si odiano i deboli, o che appaiono tali, considerandoli come un “peso” (gli immigrati) o inferiori (ebrei ecc…). Si pensa per stereotipi, il successo è l’unica cosa da considerare a discapito delle capacità e dei valori che lo sottendono, per cui la volubilità e la superficialità è scontata e oltremodo prevedibile.
In sostanza il soggetto-tipo di Pontida sembra essere rude, rozzo, incivile, ignorante, espressione di un degrado morale profondo, quindi, da compatire ed educare perchè pericoloso, vergogna di una società civile.
Ciò che conforta è considerare che, per quanto numerosa la folla di Pontida possa essere, resta pur sempre una minoranza suddita di un capo che la blandisce ma che non rappresenta il popolo italiano e che men che meno potrà determinarne il normale e fatale processo storico di sviluppo. Rappresenta lo spettacolo indecente di ciò che non bisogna essere per non degradare a livello di belve, è funzionale ad un messaggio da condannare e rifiutare. Pur tuttavia è indispensabile vigilare, contrastare, educare, porre attenzione alle insoddisfazioni sociali ed economiche di cui tali episodi di irrazionalità e di subcultura sono i sintomi più evidenti e nefasti ma soprattutto considerare la “qualità” del capo che la rappresenta perchè come dicevano i latini “piscis a capite foetet”
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