Lettera da

Sindaci di New York

Essere sindaco, si sa, significa coprire una posizione di autorità e prestigio nel contesto della vita cittadina. Essere sindaco di New York significa rappresentare non solo la cittadinanza locale, ma anche un simbolo, la Grande Mela, città sogno ed esempio urbano su scala planetaria.

Il 22 giugno i newyokesi saranno chiamati alle urne per esprimere le loro preferenze sugli attuali candidati sindaco, e lo saranno di nuovo il 2 novembre per l’elezione generale e definitiva. Nell’ultimo trentennio a New York si sono succeduti sindaci molto diversi, uomini con visioni politiche e personalità profondamente differenti.

All’inizio degli anni ‘90 regnava Rudolph (Rudy) Giuliani, avvocato ed eroe temporaneo durante l’attentato alle torri gemelle, famoso per aver trasformato alcune squallide zone di New York (come Times Square) in attraenti mete turistiche, e ora caduto in disgrazia per la nefasta associazione con Donald Trump.

Seguirà Michal Bloomberg, miliardario imprenditore finanziario, amato dal mondo edile (ma odiato dalla maggior parte dei tassisti), che rimarrà alla storia non solo per aver fatto, in media, un buon lavoro, ma anche per essere riuscito con un tocco machiavellico a prolungare il suo mandato di un ulteriore quadriennio, dominando così la citta per un totale di 12 anni. La carica di sindaco a New park dura infatti 4 anni con unica possibilità di rielezione; ma le regole, per alcuni, si possono piegare…

L’attuale sindaco Bill de Blasio, il cui cognome si aggiunge alla lunga lista di politici di origine italiana che hanno governato la città o lo stato di New York (Giuliani, La Guardia, Cuomo, etc.), sta per finire il suo secondo mandato e lascia una città non molto diversa da quella di Bloomberg, se si tralascia l’effetto pandemia. Bill de Blasio non ha una leadership forte e alla maggioranza dei newyorkesi non è gradito e non mancherà.

Chi sarà allora il/la prossimo/a sindaco?
La lista degli aspiranti sindaco contava inizialmente 37 democratici e 14 repubblicani e si è ora ridotta rispettivamente a 13 e 2, anche se questi ultimi non hanno nessuna possibilità di vittoria in una città visceralmente democratica. Le ultime proiezioni mostrano che dei 13 candidati democratici solo 8 ora appaiono plausibili.
Gli 8 finalisti sono un gruppo molto diverse: 5 uomini e 3 donne, afro-americani, latini, asiatici, bianchi. Anche il background professionale è estremamente eterogeneo: competono per il posto di primo cittadino politici, finanzieri, insegnanti, e imprenditori.

Quest’anno sarà poi ancora più complesso prevedere il vincitore (o la vincitrice) in quanto la modalità di elezione è cambiata e i newyorkesi voteranno con il sistema elettorale del voto singolo trasferibile. L’elettore ha la facoltà di ordinare in una lista preferenziale fino a cinque candidati assegnando il primo posto al candidato preferito, il secondo posto al secondo e così via (si può esprimere anche una sola preferenza). Se nessun candidato raggiunge il 50% dei voti, il candidato che ha ricevuto il minor numero di voti viene eliminato e i suoi voti vengono trasferiti al candidato scelto come seconda preferenza. I risultati vengono così ricalcolati e si ricomincia questo procedimento fino a quando si ottiene il candidato che abbia raggiunto la maggioranza e che viene così dichiarato eletto. Quindi anche un solido secondo posto potrebbe portare alla vittoria.

Riuscirà nell’impresa un candidato di colore? Sarebbe la prima volta dal 1990, quando i cittadini scelsero David Dinkins, unico sindaco afro-americano della storia di New York. O incoroneremo per la prima volta in assoluto un asiatico o una donna? Le elezioni si avvicinano e sarà certamente un momento critico ed emozionante per la città.

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Elena Addomine

Elena Addomine, cresciuta a Milano e adottata da New York negli anni ’90, ha svolto attività informatiche manageriali consulenziali per grandi aziende per un paio di decenni per poi approdare al coaching per lo sviluppo della leadership, di cui ora si occupa a tempo pieno. Al piacere del lavoro affianca una profonda passione per la letteratura e la poesia, e dal 2020 è presidente di Oplepo, con cui ha pubblicato molti scritti tra cui “Forme for me, traduzioni omografiche.” Molto impegnata nel volontariato cittadino newyorkese, partecipa attivamente a varie cause, dal sostegno ad artisti che vivono in sezioni non privilegiate della città, alla cura e conservazione del quartiere di Harlem, dove vive con suo marito. Pianista amatoriale, è madre di due figli ormai adulti e madre adottiva di due gatti e di un pappagallo la cui vita sembra essere eterna.

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