Carlo Arturo Garuzzo
Dopo la rubrica curata da Umberto Bonetti, con la selezione dei migliori articoli del New York Times riassunti e commentati in italiano, insieme a Carlo Arturo Garuzzo inauguriamo oggi una seconda rubrica internazionale di Moondo “Taccuino Londinese”, un appuntamento settimanale che ci darà uno spaccato della City.
Londra nell’immaginario giovanile è una tappa importante della propria maturità, avere un taccuino londinese è per i lettori di Moondo una straordinaria opportunità per sapere tutto ciò che segue la Brexit, in ambito di business, di studio, di viaggio!
“In verità io sono stato “cacciato a Londra” dai miei genitori, “il tuo saper fare è più pratico che teorico” mi dissero, e mi mandarono a studiare là! Era il 1992”. Esordisce così Carlo Arturo Garuzzo, tanto per mettere in chiaro il tipo di approccio che vuole dare alla sua rubrica: chiara, diretta, pratica e senza tanti giri di parole, si va al sodo!
“La prima cosa de dobbiamo sapere è che Londra rappresenta oggi la quinta o la sesta città italiana al mondo con oltre cinquecentocinquantamila connazionali residenti stabili ed almeno trecentomila “occasionali” (studio/lavoro a tempo). C’è stata negli ultimi 50 anni una contaminazione profonda tra i nostri paesi, oggi permangono differenze profonde tra noi, ma ci sono anche tante tante similitudini che ci uniscono”.
“Tutoring, di questo si tratta. La traduzione pratica consiste in un’opera di consulenza (due tre volte al mese) che noi “vecchietti” offriamo a giovani startupper. Ogni grande idea per trasformarsi in successo ha bisogno di una serie di competenze che non sempre una startup può avere al suo interno. Dove è carente il tutoring è essenziale”.
“Sicuramente la frammentazione dell’aspetto promozionale del sistema Paese è un grosso problema. Per un inglese è incomprensibile, ad esempio, vedere la promozione della Sardegna fatta dall’ente Sardegna, della Puglia fatta dall’Assessorato al Turismo Regionale, e così via. Altre nazioni promuovono il paese, un’unita che non vale per noi”.
“Si, ma la classe dirigente siamo anche noi! La “colpa”, se così vogliamo definirla, è anche di chi ha preferito fare l’imprenditore piuttosto che dedicarsi al proprio Stato. Non dedicandosi alla politica attiva, neanche alla fine del proprio percorso imprenditoriale di successo”.
“Qui chi sbaglia paga, e si dimette. Ecco la differenza principale. Ma il cambiamento deve venire dal basso, da noi, dai cittadini. Qui i primi ad indignarsi sono i cittadini ed i politici devono adeguarsi e trarne le conseguenze”.
Appuntamento a lunedì prossimo!
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