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Una discontinuità sotto egida istituzionale sta diventando meno fantasiosa

La tempistica che il presidente Mattarella ha concesso ai negoziati sulla crisi di governo è stata generosa. Ma al tempo stesso i grumi conflittuali sono di vecchia data e rischiano di riproporsi dietro a ogni angolo.

Le pregiudiziali di Cinquestelle vanno in soffitta solo perché aleggia il rischio di elezioni anticipate? I maldipancia di mezzo PD per un ritorno in partita di Renzi trovano composizione in un reciproco scatto di “doverosità repubblicana”? Il distillato di tante storie ormai politicamente apolidi forma un “coeso raggruppamento” che riesce ovvero che non riesce a corrispondere a una funzione parlamentarmente seria e presentabile?

La gracilità politica e numerica del risultato di costituzione di un’alternativa a Italia Viva nel “centro parlamentare” ha messo oggi in campo un altro ingombro più che una soluzione. Aggiungendo anche la considerazione che la dicitura “europeisti”, al Senato, oltre ad essere una ineleganza nei confronti della sen. Emma Bonino e del suo progetto profondamente “europeista”, rivela quella logica delle “apparenze” che è esattamente ciò che non serve all’immagine europea dell’Italia oggi.

I commenti dei primi due giorni di crisi di governo profilano risposte valide per ogni soluzione possibile. Quindi per sostenere anche una non soluzione entro venerdi.

Così che sul Conte3 pesano gli insoluti dell’eredità del Conte1 e del   Conte2 con l’aggravante di una smagliatura d’immagine del premier uscente e di una gravità di contesto che potrebbe indurre il Capo dello Stato a vedere con senso di utilità nazionale l’ipotesi di un governo parzialmente depoliticizzato ma non propriamente tecnicizzato. Ovvero guidato non tanto da chi sa fare i conti o da chi sa fare le vaccinazioni, che restano i due principali dossier in discussione, ma da chi sa come fronteggiare dossier difficili e al tempo stesso come smussare conflitti in atto, così da rendere possibile il governo di quei due dossier.

Niente è prefigurabile al termine di una giornata in cui i commenti della sera parlano addirittura di tempi forse più lunghi del previsto e di nuove asperità nel cammino della crisi.

Dunque l’immaginazione di una discontinuità tenuta sotto controllo istituzionale è meno peregrina.

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Stefano Rolando

Stefano Rolando è nato a Milano nel 1948, dove si è laureato in Scienze Politiche e specializzato alla Scuola di direzione aziendale della Bocconi. Tra vita e lavoro si è da sempre articolato tra Milano e Roma. E' professore universitario, di ruolo dal 2001 all’Università IULM di Milano dopo essere stato dirigente alla Rai e all'Olivetti; direttore generale dell'Istituto Luce, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Consiglio Regionale della Lombardia. Insegna Comunicazione pubblica e politica e Public Branding. Ha scritto molti libri sia su media e comunicazione che di storia, politica e questioni identitarie. Da giovanissimo è stato segretario dei giovani repubblicani a Milano, poi ha partecipato al nuovo corso socialista tra anni settanta e ottanta. Poi a lungo non appartenente. Più di recente ha lavorato sul civismo progressista (Milano e Lombardia) e su un progetto politico post-azionista in relazione al quale è parte della direzione nazionale di Più Europa.

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Tag: Conte

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