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Amministrare Roma? Serve una norma costituzionale

Roma è la città italiana con il più vasto territorio ed il maggior numero di abitanti. Al tempo stesso è la capitale dello Stato italiano e comprende nel suo territorio uno stato estero, quello della Città del Vaticano, che è anche il centro di riferimento di una religione, quella cattolica, tra le più diffuse nel mondo.

Le norme riguardanti l’amministrazione cittadina sono sostanzialmente quelle valevoli per qualunque comune italiano con una popolazione superiore a qualche migliaio di abitanti. L’economia della città è fondata principalmente sul turismo con qualche venatura di industria leggera ai margini dell’area metropolitana e una notevole parte degli abitanti che lavorano alle dipendenze dell’amministrazione pubblica.

Amministrare una simile realtà richiede il soddisfacimento di istanze diverse, anche non omogenee, trattandosi ad esempio di garantire la salvaguardia di un patrimonio storico-artistico che è alla base dell’attrazione turistico-culturale con nuove localizzazioni industriali e commerciali, l’esigenza della mobilità cittadina con le frequenti manifestazioni nelle strade e nelle piazze di cittadini decisi a far valere le proprie istanze presso la sede delle istituzioni, la disponibilità di servizi pubblici commisurata anche alla flusso dei cattolici verso la cattedra di Pietro e la congestione del traffico urbano. Si può discutere se i poteri di cui è titolare la Roma metropolitana, così come gli altri undici comuni metropolitani esistenti in Italia, siano o meno tali da corrispondere alle loro esigenze: ciò che è certo che mancano norme che consentano a Roma in quanto Capitale di far fronte alle esigenze che da ciò derivano: l’ultimo comma dell’articolo 9 della Costituzione aggiunto nel 2001 è restato una mera affermazione di principio.

E’ sempre più chiaro che per risolvere il problema è necessaria una norma costituzionale specifica che trasferisca a Roma metropolitana poteri ora attribuiti allo Stato o alla Regione Lazio. Ciò che non può avvenire con legge ordinaria trattandosi di derogare a norme costituzionali che hanno portata  generale ed in particolare agli articoli 117 e 118 della Costituzione.

Sul punto sembra esserci, stando alle proposte di legge presentate in proposito, una sostanziale convergenza di tutte le forze politiche: più difficile definire le nuove norme rifuggendo da soluzioni semplicistiche, come quella di istituire una regione (a statuto ordinario o speciale) Roma Capitale, cui andrebbero trasferiti poteri legislativi ed amministrativi ora esercitati dalla Regione Lazio, che sarebbe ridotta alle altre quattro province. Ne deriverebbero difficoltà di armonizzare l’azione amministrativa delle due realtà regionali in tema di gestione del territorio, di infrastrutture, di servizi di ampia scala oltre che la presenza di interessi nazionali ed internazionali specificamente riferiti al territorio della Capitale ed al soddisfacimento dei quali sarebbe difficilmente possibile chiamare a collaborare la (nuova) regione Lazio: sono tutti ostacoli ad una semplicistica soluzione nel senso della istituzione della Regione Roma Capitale.

Più opportunamente sembra individuare nella Costituzione un distretto della Capitale con un organo distrettuale dotato di poteri amministrativi e legislativi analoghi a quelli regionali presieduto da una persona con rango di ministro e nel quale siano rappresentati Stato, Regione Lazio e Roma metropolitana avente competenze specifiche (assetto territoriale, trasporto locale, sanità, tanto per fare qualche esempio). Non è facile ma ci si può riuscire: se il sistema funziona in altre capitali perché non potrebbe funzionare per la Capitale della Repubblica italiana?

Alla vigilia delle elezioni amministrative chi sarà dei contendenti all’ambita funzione di sindaco di Roma o quale partito vorrà impegnarsi per la realizzazione di questo progetto?

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Mario Pacelli

Mario Pacelli è stato docente di Diritto pubblico nell'Università di Roma La Sapienza, per lunghi anni funzionario della Camera dei deputati. Ha scritto numerosi studi di storia parlamentare, tra cui Le radici di Montecitorio (1984), Bella gente (1992), Interno Montecitorio (2000), Il colle più alto (2017). Ha collaborato con il «Corriere della Sera» e «Il Messaggero».

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