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Banksy e il suo Natale. A Betlemme una “Natività modificata”

Banksy ritorna e sceglie di nuovo Betlemme in Cisgiordania e l’Hotel ‘Walled Off’, da lui inaugurato nel 2017 a ridosso del Muro di protezione di Israele, per la sua ultima opera. Il titolo dell’opera è “La cicatrice di Betlemme”, esposta all’entrata dell’albergo, raffigura una piccola mangiatoia, icona della Natività cristiana, addossata a un pezzo del Muro di protezione trapassato in alto da una granata o da un colpo di mortaio. Quel foro, quello squarcio frastagliato ha la forma della stella cometa che aleggia al di sopra di Maria e Giuseppe che vegliano Gesù riscaldato da un bue e da un asinello,retroilluminati.

Il presepe di Banksy a Betlemme

Sul muro che fa da sfondo sono impresse in inglese e francese, le parole ‘pace’, ‘libertà’, ‘amore’.  “Una cicatrice della vergogna”, ha detto il direttore del “Walled Off Hotel”, Wissam Salsaa. Una cicatrice che – ha continuato – dovrebbe suscitare vergogna in tutti quelli che sostengono il Muro”. I media israeliani hanno ricordato che la barriera di protezione – in parte in cemento e in parte no – fu costruita dall’esercito durante la Seconda Intifada nel 2000 per fermare gli attacchi suicidi palestinesi.

Proprio a ridosso del Muro, il ‘Walled-Off Hotel’ di Betlemme – il cui slogan di lancio fu “l’albergo con la peggior vista al mondo” – è diventato nel tempo un punto di riferimento non solo per i turisti, con le sue 10 stanze d’autore, in parte disegnate da Banksy stesso, ma anche da un punto di vista politico. Al suo interno sono ospitati una galleria di arte e anche un Museo che racconta la storia del Muro e del conflitto. Inoltre c’è la possibilità di dotarsi di ‘stencil’ da usare per disegnare o scrivere sulla barriera. Banksy del resto non è nuovo a incursioni nel conflitto: a Betlemme sul Muro ha lasciato vari disegni, tra cui quello famoso, a parti rovesciate, di un ragazzina che ispeziona un soldato israeliano le braccia in alto e il fucile posato accanto a lui. A Gaza nel 2015 – dopo la guerra dell’anno precedente – ha dedicato un video di due minuti intitolato ‘Fai in modo da scoprire quest’anno una nuova destinazione’. Su Instagram l’artista, la cui identità è sconosciuta, ha definito la sua ultima opera “una Natività modificata”.

L’Hotel di Banksy non ha attirato soltanto l’attenzione dei clienti internazionali, ma anche contestazioni, alcuni palestinesi lo accusano di attirare un “turismo dell’occupazione” che trasforma la realtà spietata del “muro d’apartheid” in un passatempo per turisti. L’Espresso , l’anno scorso raccolse alcune dichiarazioni contrarie ,secondo l’attivista e artista palestinese Soud Hewafi, il Walled Off Hotel intensifica il processo di banalizzazione del Muro:«Nonostante le buone intenzioni, i turisti vengono qui per imitare Banksy. Uno strumento di oppressione diventa così un luogo eccitante», spiega amareggiato l’artista.

L’anno in cui si è celebrato il trentennale della Caduta del Muro di Berlino, l’anno in cui i muri sembrano andare di moda non solo quelli fatti di cemento e filo spinato ma anche i muri e le barriere fatte di odio, razzismo e pregiudizi, Banksy ci ricorda, proprio a Natale che il mondo va verso chiusure e lotte che ci separeranno e alimenteranno odio e violenze. Quel bambino, Gesù, ci mostrerà nella sua vita umana il dolore, la gioia, la fratellanza e l’estremo sacrificio per un’ umanità che non lo volle riconoscere e per diffidenza e paura  seppe , però, crocifiggerlo.

Un’artista ci ricorda che una granata può essere come una stella cometa e viceversa, che un muro fatto di blocchi di cemento può sostituirsi ad una grotta, che il nostro Natale dovrebbe soprattutto farci riflettere. La terra che fece da cornice alla Natività non vede la pace da troppo tempo, non c’è bisogno di troppe analisi e discorsi geo-strategici, ci sarebbe bisogno di buon senso. Quanti bambini sono nati, nascono e nasceranno da una parte all’altra del muro, bambini innocenti che vivranno sempre in guerra che non conosceranno mai la gioia e la serenità che può dare la pace, la convivenza, la fratellanza, bambini che cresceranno nell’odio e nel rancore.

Come dice lo scrittore David Grossman:“Israeliani e palestinesi non hanno bisogno di erigere un muro che li separi: hanno bisogno di abbattere il muro che li divide.”

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Tiziana Buccico

Tiziana Buccico, napoletana verace, classe 1969, da sempre appassionata di politica, cultura e Medio Oriente. Un passato di uffici stampa tra cui l’Istituto italiano per gli Studi filosofici. Poi giornalista di pagine di cultura e società, come “moscone” per i quotidiani “La Città” e "il Corriere del Mezzogiorno”. Ha lavorato per uffici stampa politici e istituzionali (Regione Lazio e Consiglio Regionale del Lazio), organizzando eventi e campagne elettorali. Pezzi di vita vissuti tra Gottingen, Vienna e Parigi, viaggi avventurosi e curiosi. Per otto anni, sino al 2017, è stata in Iran per seguire marito e famiglia ma occupandosi a tempo pieno della Scuola Italiana “Pietro della Valle” di Teheran, come Vice Presidente . Da allora la passione per i viaggi e le culture diverse è cresciuta e si è anche trasformata in una rubrica Treccani dal titolo “Via della Seta”. Rientrata in Italia si occupa di social, politica, giornalismo ed eventi culturali mantenendo così un filo diretto con quella parte del mondo che le ha cambiato la vita. Social media manager dell’Istituto Garuzzo per le Arti Visive.

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