Ottaviano Del Turco è un uomo di 76 anni, molto gravemente malato, che vive nella sua casa di Collelongo, in Abruzzo, con i suoi familiari.
Ottaviano del Turco è stato una figura importante della democrazia italiana: segretario generale aggiunto della CGIL fino al 1992, leader di quel che restava del partito socialista tra il 1993 e il 1994, Senatore e presidente della Commissione Antimafia, Ministro delle Finanze, Presidente della Regione Abruzzo eletto con il 58% dei voti nel 2005.
Ottaviano Del Turco è un cittadino italiano che, nel 2008 quando era Presidente dell’Abruzzo, è stato arrestato per gravi reati (associazione per delinquere, truffa, corruzione e concussione) sulla base esclusivamente delle accuse di un imprenditore della sanità abruzzese in via di fallimento.
Del Turco è stato progressivamente assolto dalle accuse inizialmente formulate contro di lui e condannato, dalla Cassazione nel 2018, esclusivamente per il controverso reato di “induzione indebita” (peraltro introdotto nell’ordinamento nel 2012, cioè successivamente all’epoca dei fatti contestati a Del Turco) con motivazioni giudicate così fragili e contraddittorie dai difensori da indurli a chiedere la revisione del processo.
Nonostante le molteplici indagini non è mai stata trovata la prova di alcun suo arricchimento personale. Articoli di stampa, compreso uno apparso sul blog del fatto quotidiano, riportano invece che sono stati rintracciati abbondanti fondi sui conti esteri del suo accusatore. Il magistrato che ha sostenuto le accuse contro Del Turco ha successivamente intrapreso, con modeste fortune, la carriera politica in Abruzzo. Un grande professionista come l’avvocato Gian Domenico Caiazza, ha ricostruito in due articoli sul Riformista alcuni paradossali elementi della sconcertante vicenda giudiziaria.
Qualche giorno fa l’Ufficio di Presidenza del Senato ha ritenuto opportuno applicare retroattivamente una norma, introdotta (dai Presidenti delle Camere Grasso e Boldrini) successivamente all’epoca dei reati, per privare Del Turco del trattamento pensionistico dovuto ai parlamentari con il quale la famiglia sostiene le spese delle sue cure. Il caso è stato sollevato da “Il Riformista” e, a seguito di numerosi interventi del mondo laico, radicale e socialista, ma anche di giuristi e giornalisti indipendenti la Presidente del Senato ha sospeso l’attuazione della decisione.
Sono legato a Ottaviano Del Turco da una complicata amicizia e da una storia politica in gran parte comune.
Forse per questo sono stato colpito, in questi giorni, dalla miseria delle parole dei moralisti senza morale che hanno esultato alla revoca del trattamento pensionistico e dalla pavidità dei perbenisti senza coraggio che hanno taciuto.
Il livore dei rancorosi non mi stupisce, individui senza storia e senza idee, capaci di uscire dall’anonimato solo quando trovano un capro espiatorio su cui riversare il proprio odio e la propria frustrazione, non si fermano nemmeno di fronte alle condizioni di un uomo in fin di vita.
Mi ha, invece, impressionato il silenzio di fronte a un evento del genere di sedicenti “progressisti” (e anche di sedicenti “liberali”) alcuni dei quali conoscono Ottaviano Del turco molto bene. Ma forse non avrei dovuto sorprendermi, sono molti coloro che hanno posizioni di responsabilità e visibilità che non solo non fanno nulla per cambiare la condizione della giustizia in questo paese ma hanno accettato e continuano ad accettare ulteriori interventi che ne incrementano l’erratica discrezionalità e le devastanti interazioni con i meccanismi di gogna mediatica.
Può capirmi, credo, chi ha vissuto, come accaduto a me e ai miei compagni di sventura, la fioritura dell’ipocrisia giustizialista degli ultimi 30 anni dalla parte del letame, subendo una stigmatizzazione sociale senza precedenti; può capirmi chi ha visto distrutte le vite di persone perbene per il sensazionalismo di una parte della magistratura inquirente e del sistema dell’informazione cui non sempre quella giudicante e riuscita per tempo a porre rimedio (e il sistema dell’informazione non lo ha fatto quasi mai…).
Non c’è confronto tra l’enfasi che il sistema dell’informazione ha riservato all’apertura di talune inchieste e lo spazio con cui ha dato conto dei giudizi finali. D’altra parte lo stesso squilibrio mediatico si riscontra tra le celebrazioni per gli occasionali provvedimenti di riconfigurazione dei reati e inasprimento delle pene e il disinteresse verso i tentativi di intervenire organicamente sui meccanismi di funzionamento della pubblica amministrazione per limitare le possibilità di corruzione (come quelli sviluppati da Raffaele Cantone negli anni in cui ha presieduto l’ANAC).
Non so se possano, o vogliano, capirmi (e capire ciò che assai più autorevolmente Caiazza racconta) larga parte del ceto intellettuale e del ceto politico che continuano a voltare la testa da un’altra parte per non sentire e non vedere.
Probabilmente i custodi della retorica giustizialista inorridiranno, ma a me viene spontaneo indirizzare a costoro una frase della Canzone del maggio di De André: “anche se vi credete assolti siete lo stesso coinvolti”.
P.S. Ottaviano Del Turco e’ seriamente malato, ha vissuto finora con il vitalizio: colpevole o innocente, ladro o uomo onesto, e’ una persona che ha come tutte le persone umane diritto a vivere, a curarsi, a vedere rispettati i diritti umani sanciti nella Carta di Nizza, sottoscritta anche dal nostro Paese. Dai tempi di Socrate c’e’ stata sempre una Antigone che in nome dei diritti umani ha contestato la spietatezza disumana del tiranno: in questo caso potrebbe essere l’Associazione degli ex parlamentari a sostenere un ricorso di Del Turco alla Corte europea dei diritti dell’uomo, per violazione di quanto sancito nella Carta.
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