Salute a tavola

Come riconoscere un cornetto di qualità? Tutto quello che devi sapere

“Non esiste banalità” sosteneva, giustamente a mio avviso, Cesare Zavattini. Cercando banalità nel vasto campo dell’alimentazione non mancano occasioni per segnalare qualche cosa che al di là delle apparenze risulta essere banale. Nel campo della alimentazione della gastronomia il cibo  banalizzato per eccellenza è il cornetto: la grande maggioranza dei bar periferici o centrali propone dei cornetti penosi per mancanza di freschezza, povertà di lievitazione, insipienza, cattivo odore di grassi indefinibili.

A volte per dimostrare l’alto livello del locale i cornetti sono conservati  in una vetrina calda a disposizione dei clienti che infilano impunemente le mani dentro per cercare, tastando, quello migliore. Per il mio palato il calore rappresenta un aggravante perché esalta la pessima qualità dei grassi impiegati. Io considero banale proporre il cornetto alla crema, alla nutella, alla marmellata, alla cioccolata. Questo perché se la pasta è cattiva sarà impossibile mascherare il sapore con l’aggiunta d creme varie anch’esse di scadente qualità.

Il cornetto dovrebbe essere friabile mai moscio altrimenti si piega quando lo afferri per metterlo in bocca, profumato, sbriciolante, con pochissimo zucchero anzi senza zucchero per sentire il profumo della pasta frolla. Il cornetto non deve necessariamente essere troppo dolce. Il cornetto si combina bene con il cappuccino evitando di intingerlo perché si assisterebbe ad una scolamento di latte sul bancone, sul bavero della giacca e fino al mento.

Nel cornetto artigianale o industriale gli ingredienti come farina, zucchero, uova e aromi, non sempre sono di buona qualità indipendentemente dalla fama delle aziende piccole e grandi che li mettono in commercio specie per quanto può riguardare i grassi.

cornetto

Il burro  è composto da acidi grassi saturi a catena corta e media con un basso punto di fusione. Questi acidi grassi sono facilmente digeribili, anche se la quota di saturi non dovrebbe superare il 10% dell’apporto energetico giornaliero come definito dal WHO. In Italia, si stima che l’apporto giornaliero di acidi grassi sia il 12% (LARN).

Il burro, quando sottoposto a cottura anche prolungata, proprio per la sua composizione in acidi grassi saturi non subisce alterazioni chimiche.

La margarina è un’emulsione contenente una fase grassa ed una fase acquosa oltre ad additivi, emulsionanti, antiossidanti, conservanti, coloranti e aromatizzanti. La fase grassa è costituita da olii vegetali mentre nelle margarine ad uso industriale può essere mista (grassi animali e vegetali). Questa differenza è dovuta alle diverse caratteristiche tecnologiche ed organolettiche che i due tipi di grasso conferiscono al prodotto finito.

La margarina si ottiene dal processo di idrogenazione che consiste nell’aggiungere H2 alle catene degli acidi grassi dell’olio vegetale usato per ridurre l’insaturazione e ottenere grassi solidi, con formazione di acidi grassi trans. Il contenuto di grassi trans è oggi molto ridotto nelle margarine per il miglioramento della tecnologia contengono tra il 5 ed il 20% di trans per 100 g di prodotto.

Dal punto di vista nutrizionale, in questi ultimi anni è stata posta particolare attenzione nel valutare gli apporti di acidi grassi trans che non dovrebbero superare il 5 g/die perché coinvolti nel processo aterogenico. L’apporto di acidi grassi trans nell’alimentazione italiana è in media 1,3 g/die, (LARN) molto più bassa di quello di altri paesi occidentali dal momento che il grasso da condimento più usato in Italia è l’olio di oliva.

Quando sottoposti a cottura sia il burro che le margarine non subiscono grandi modificazioni proprio per la loro struttura chimica che ha poche insaturazioni. Le gravi alterazioni dei grassi, si hanno soprattutto nelle fritture molto prolungate nel tempo e ad elevatissime temperature. Queste condizioni non si hanno nella pasticceria sia artigianale che industriale e quindi il prodotto non ha composti tossici dovuti alla cottura.

Il peggio del peggio è la confezione di cornetti che vendono  i supermercati. Non oso immaginare quale possa essere il sapore.  Mi rifiuto di comprarli e penso con una certa apprensione agli ingredienti di un prodotto che è valido per la sua freschezza. Cosa ci metteranno dentro per garantire una palatabilità degna? Non voglio saperlo e vorrei impedire alla gente di comprarli.

Ma voi avrete avuto sicuramente occasione di mangiare un cornetto in montagna nei paesi dolomitici, non necessariamente a Cortina ma in un paese qualunque puoi mettere in bocca qualcosa di irripetibile per cui quando torni in città non ti piace più niente…



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Mario Mazzetti di Pietralata

Gastroenterologo, già Primario Medico Ospedale Sant’Eugenio Roma.

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