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Covid 19, quando si può riaprire?

Ci è stato ordinato di chiuderci in casa quando ogni malato da Covid infettava mediamente altre tre persone, con una progressione geometrica insostenibile per il servizio sanitario. La quarantena ha prodotto risultati, riducendo il numero di contagi in rapporto ai test eseguiti. In questi giorni siamo in una situazione di stabilità e di inizio della discesa del numero dei malati, delle vittime e dei contagi. Ma si potrà pensare di cominciare a uscire di nuovo di casa solo quando ogni malato potrà infettare non più tre ma una sola persona, un traguardo vicino, ma ancora da raggiungere.

Potremo uscire tutti di casa?
No, la riapertura dovrà avvenire per gradi. Molte delle persone oggi confinate sono positive al virus senza saperlo e senza avere sviluppato sintomi. Uscendo potrebbero contagiare individui sani e ridare nuovo slancio all’epidemia: bisognerà farlo per gradi, privilegiando chi ha sviluppato gli anticorpi e chi ha meno probabilità di essere contagiato. Il virus potrebbe anche tornare dall’estero, come sta già avvenendo in Cina dopo che sono state riaperte le frontiere. La seconda o terza ondata di epidemia non è affatto esclusa dagli esperti: potrebbe verificarsi subito, in autunno o nel prossimo inverno, costringendo i governi a decidere altre misure restrittive.

E allora come ne verremo fuori?
Ci sono solo tre possibilità: o il virus “scompare” da solo, com’è avvenuto qualche volta in passato, o si trova un vaccino, oppure la maggior parte della popolazione diventa immune dopo essere stata contagiata. Perché un’epidemia finisca è sufficiente che diventi immune il 60-70% della popolazione, portando le possibilità di contagio ben al di sotto alla proporzione di una persona sana infettata per ogni malato. Questa “immunità di gregge” si ottiene in due modi: o lasciando circolare liberamente il virus, con il rischio di pagare un alto prezzo in termini di vite umane e di spese sanitarie, o somministrando un vaccino alla popolazione. Molte malattie virali sono scomparse grazie ai vaccini, ma quello per il Covid sarà disponibile solo fra qualche mese. Liberando dalla quarantena un po’ di persone per volta in un lungo periodo forse ci si potrà avvicinare all’immunità di gregge tenendo allo stesso tempo sotto controllo l’epidemia.

Quindi ci ammaleremo tutti?
Paesi come la Gran Bretagna e la Svezia hanno inizialmente provato a lasciare che il virus facesse il suo corso per arrivare all’immunità di gregge, ma hanno dovuto cambiare idea a causa dell’alto numero di vittime. In realtà non ne sappiamo ancora abbastanza: ignoriamo ad esempio se una persona immune lo resta per sempre o quanti giorni ci vogliono per dichiarare una persona immune. Anche se non c’è ancora un vaccino, le ricerche condotte in tutti i laboratori della Terra hanno già permesso di sviluppare medicinali molto efficaci, che rendono meno dolorosa la degenza e più rapida la guarigione. Le trasfusioni di plasma dalle persone guarite, l’Idroclorina, il Ritonavir, il Remdesivir e il Lopinavir si sono dimostrati efficaci e gli studi continuano. È anche possibile che, dopo una fase particolarmente virulenta, il virus diventi meno aggressivo e più facile da combattere.

Il virus diventerà come un brutto raffreddore?
Non lo sappiamo. Porre termine alla quarantena non significa liberarsi dal virus: bisogna agire in modo da tenere sotto controllo il numero dei contagiati, ridurre il numero di vittime e abbreviare i tempi di degenza. Si potrà fare anche molta prevenzione aumentando le difese immunitarie delle persone, una parziale soluzione un po’ dimenticata nell’emergenza. L’indice di mortalità resta superiore a quello dell’influenza stagionale, ma non conosciamo il reale numero dei contagiati quindi è impossibile fare un reale raffronto.

E se l’epidemia ritorna?
Il problema che devono affrontare i governi è che contenere il virus con misure restrittive delle libertà personali è possibile per un breve periodo, ma nel lungo termine distrugge l’economia e crea stati di sofferenza e di disagio sociale superiori a quelli prodotti dal virus. Se la chiusura dovesse protrarsi per un lungo tempo, molti esperti pensano che sarebbe meglio adottare una strategia di “stop and go”, con la quale si torna a lavorare per un periodo e ci si chiude in casa per un altro se i contagi riprendono. In un lungo e argomentato servizio dedicato alle possibili modalità di riapertura, Le Monde citava uno studio di Harvard secondo il quale le misure di distanziamento sociale negli Stati Uniti potrebbero durare fino al 2022.

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Giorgio Dell'Arti

Nasce a Catania il 4 settembre 1945. Giornalista dal ’69 a Paese sera. Passa a Repubblica nel ’79: inviato, caposervizio, redattore capo, fondatore e direttore per quattro anni del Venerdì, editore del mensile Wimbledon. Dirige l’edizione del lunedì de Il Foglio, è editorialista de La Stampa e La Gazzetta della sport e scrive per Vanity fair e Il Sole 24 ore. Dell’Arti è uno storico di riconosciuta autorevolezza, specializzato in biografie; ha pubblicato (fra gli altri) L’uomo di fiducia (1999), Il giorno prima del Sessantotto (2008) e l’opera enciclopedica Catalogo dei viventi - 7247 italiani notevoli (2008, riedizione de Catalogo dei viventi - 5062 italiani notevoli, 2006). Tra gli ultimi libri si ricordano: Cavour - Vita dell’uomo che fece l’Italia (2011); Francesco. Non abbiate paura delle tenerezza (2013); I nuovi venuti (2014); Moravia. Sono vivo, sono morto (2015); Bibbia pagana (2016).

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