Fariba Momayezan è nata a Esfahan, una delle città più belle dell’Iran e del mondo, definita da Robert Byron “l’altra metà del mondo”. Un’infanzia come tante sino alla scomparsa del padre da bambina, le sicurezze vacillano e tocca collaborare.
Inizia a lavorare da giovane a soli 16, abbandonando gli studi e con la forza che la contraddistingue anche oggi, senza mai cedere aiuterà a mantenere la famiglia insieme al fratello. Durante la guerra Iran- Iraq si sposta prima a Tehran poi sul Mar Caspio, quella zona tanto amata dagli iraniani per il verde e il clima umido che usano chiamare “Shomal”, semplicemente Nord. Ritorna ad Esfahan, città che porta nel cuore anche adesso in Italia, sino al definitivo trasferimento nella mega capitale Tehran, proprio in quell’area che viene considerata ancora oggi il centro della città, dove il Grande Bazar “Bazar Bozorg” anima chilometri di strade, vicoli, slarghi, una città nella città.
Lavora e con la famiglia si trasferisce poco più a nord del cuore pulsante della capitale iraniana, nel quartiere di Yousefabad. Lì sua madre e la sua futura suocera diventeranno prima conoscenti poi amiche, il passo è breve ed il destino o fato che sia ci mette lo zampino conosce e sposa un giovane benestante, Mahmoud. Come da tradizione smette di lavorare, puo’ dedicarsi alla figlia Ferial e alla famiglia senza preoccupazioni. Passano gli anni e alcuni parenti volano in Italia e si trasferiscono a Bologna e così suo marito segue gli altri, Fariba non vorrebbe, si è appena abituata a vivere nel caotico traffico di Tehran, ad ambientarsi alla frenesia di una città che coinvolge tutti i sensi e stordisce. Ma nonostante i tentennamenti, eccola a Bologna, non parla italiano, ha una bimba piccola e poco prima della partenza scopre di aspettarne un’altra. Il visto è arrivato e non sarà certo una gravidanza l’ostacolo per raggiungere il marito in Italia.
Bologna è ospitale, il lavoro c’è e così puo’ rimanere in casa per accudire la famiglia. Ma la sua vita è un gioco dell’oca, tutto gira e le caselle si ripetono. L’italiano seppur traballante inizia a darle una certa sicurezza, ma il castello crolla, il marito perde il lavoro e così si ricomincia, ma in un paese straniero. E’ lì che il tratto che ho imparato a conoscere molto bene, ricompare, è una donna persiana-iraniana, una guerriera, fiera e determinata, mite e fatta di roccia, sorride ma dentro il temperamento è incontenibile. Accetta il consiglio di un parente e inizia a frequentare tutti i corsi possibili di cucina e gastronomia, la nostra Italia offriva questa possibilità gratuitamente. Non ci crede all’inizio ma impara a fare la sfoglia che a Bologna, in Emilia è l’abc e via di seguito con tutte le altre specializzazioni dopo aver ottenuto la certificazione per “la sfoglina”.
Tirocinio dal mitico Tamburini sotto le torri, un’antica gastronomia risalente al 1932. Fariba colpisce tutti, è brava, lavora, sorride e fa dei gran tortellini, impara tutte le specialità bolognesi, studia i formaggi e tutti i prodotti locali. E’ una punta di diamante, i suoi occhi neri, il suo garbo conquistano, si, Fariba, proprio lei darà un futuro alle sue figlie sarà il sostegno della famiglia, lavoro e famiglia e tantissime amicizie italiane, la vita e l’Italia le sorridono. Le telefonate della famiglia da Tehran continuano e come in un brutto film segue il marito in Iran in cerca di lavoro, abbandona il grembiule e la divisa di Tamburini, lasciando un vuoto in lei e nella cucina dello storico locale. Gli amici provano a convincerla a rimanere, ma la famiglia è una e va difesa e tenuta unita, quell’Italia che le faceva paura adesso le sembra una terra fantastica, le sue figlie sono italiane.
Le nostre vite si incrociano a Tehran, le sue figlie alla Scuola Italiana e lei vuole mantenere la sua indipendenza, così cucina da favola e riesce a preparare cose incredibili, finalmente ricotta fatta in casa, pasta ripiena, torte rustiche… Per noi e molti altri una benedizione, ma quanti sacrifici e quanta sofferenza, i suoi occhi erano lucidi nel parlare in italiano, nell’impastare, nel raccontarmi che mai avrebbe pensato di essere citata in articoli su Tamburini per la sua comprovata bravura. L’Iran non è più il suo mondo, le sue figlie rischiano di non poter rientrare in Italia, resiste nove mesi, nove mesi dove combatte con un mentalità che ha cambiato sotto le Torri dell’accogliente Bologna.
Ritorna in Italia da sola, l’Italia che la spaventava è la sua casa, ritrova il suo posto nella famosa gastronomia e raddoppia perché il marito apre anche una pizzeria. Fariba è una donna che non ha smesso di credere in se stessa e nel suo progetto, gli ostacoli temporanei sono stati superati, la sua energia ha avuto la meglio. E’una donna iraniana, le donne iraniane sono per me un mistero che mi affascina, sono il tutto, sono l’essenza della femminilità, sono dei treni in eterno movimento, sono seducenti e affascinanti ma di ferro, sono il motore propulsivo di una grande civiltà, sono femmine in quell’accezione che io donna del Sud adoro.
Ricordo ancora un pomeriggio con lei e le sue figlie pochi giorni prima della Festa Nazionale italiana, il suo sorriso e i suoi occhi neri e profondi e il suo piglio esfahani: “Stasera cucirò gli abiti per la festa, vedrai…”. Le sue sono mani di fata, e come in Cenerentola in una notte ha confezionato degli abiti bellissimi, i sogni di Fariba, come nelle favole sono diventati realtà. Coco Chanel amava dire “Una donna dovrebbe essere due cose: chi e cosa vuole”.
Donne straordinarie, donne comuni che hanno avuto coraggio e forza, Fariba è una di queste.
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