San Paolo cita una frase che continua a meravigliarmi e stimolarmi: “Il giusto vive di fede” (Lettera ai Romani 1). Da una parte il messaggio è chiaro. Nella Bibbia il giusto è colui che teme Dio e rispetta i suoi comandamenti. Ma c’è uno stimolo in quel “vivere di fede” che non esprime solo un’adesione della mia intelligenza al contenuto della Rivelazione di Dio ma mi invita a confrontare ogni mia azione con la volontà di Dio, anzi a chiedere ispirazione allo Spirito Santo prima di decidere cosa fare.
Viviamo in un’epoca in cui c’è un tentativo massiccio di espellere il concetto di Dio dal nostro modo di pensare. Nel mio caso, fin da bambino sono stato educato da genitori rispettosi della fede ma non praticanti. Non sono mai andato a letto mentre mia madre mi faceva dire le preghiere. La mia formazione religiosa è arrivata, con molti limiti, per altri canali. Ma dobbiamo renderci conto che l’ateismo diffuso è un fenomeno soltanto europeo (e, un po’ meno, americano) che riguarda solo gli ultimi due secoli. L’Occidente è nato nelle abbazie dell’Alto Medio Evo e, per secoli, il rapporto con Dio è stato costitutivo nella vita di tutti. Non solo, ma se guardiamo al di là dei confini dell’Occidente, si vede che l’ateismo non esiste e che c’è rispetto e attenzione per la Rivelazione cristiana. Siamo i soli, e da poco tempo, che pretendiamo di fare a meno di Dio.
Non è strano quindi che “vivere di fede” sia una scoperta, una maniera nuova per me di camminare sulla faccia della terra. Nell’Antico e nel Nuovo Testamento tutto parla di fede. E’ per la fede in Dio che Davide abbatte Golia. Da bambino mi piaceva questo episodio perché il giovane Davide era bravo a maneggiare la fionda ma quando ho letto il Primo libro di Samuele, nella Bibbia, mi sono accorto che Davide, prima del suo colpo magistrale, aveva detto: “Tu vieni a me con la spada, con la lancia e con l’asta. Io vengo a te nel nome del Signore degli eserciti, Dio delle schiere d’Israele, che tu hai insultato. In questo stesso giorno, il Signore ti farà cadere nelle mie mani”. Chi abbatte Golia è la Provvidenza di Dio attraverso la perizia di Davide: c’è una bella differenza…
Tutto l’Antico Testamento ha come tema dominante la necessità di riconoscere Dio come l’Unico e che non c’è altro Dio fuori di lui. Nel Nuovo Testamento, Dio viene alla ricerca dell’uomo, muore per lui, si fa mangiare da lui, si fa chiamare “Abbà” cioè papà. Il rapporto con Dio entra nell’intimo del cuore, come dice Sant’Agostino. La fede che la Chiesa mi propone è quella di Maria che dice “ecco l’ancella del Signore, mi sia fatto secondo la tua parola”. Sono chiamato come cristiano a ripetere, come nel Padre Nostro: “Sia fatta la Tua volontà”.
D’altra parte il Signore non mi manda un angelo ogni mattina che mi dica cosa devo fare e con quali disposizioni interiori. Si aspetta da me (che leggo il Vangelo, che lo ricevo nella Comunione) che io interpreti con la mia volontà e intelligenza ciò che Lui vuole secondo una retta coscienza. E qui casca l’asino, che sarei io. Sono stato allevato nella cultura del self-made man: sono abituato a cavarmela da solo, a decidere da solo, ad arrangiarmi da solo. E’ per questo che quella frase mi suona come stimolante. Non sono solo, mi posso appoggiare in Dio, e più mi appoggio meglio è. Non mi viene naturale, perché non sono stato abituato fin da piccolo e guardo con invidia chi ha avuto fin da bambino una guida che lo aiutava a confidare in Dio. Morale: ringrazio San Paolo per quella citazione e cerco ogni giorno quale sia la volontà di Dio anche se, come i bambini, mi distraggo continuamente.
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