MARIO PACELLI – Il risultato delle elezioni amministrative di domenica 10 giugno ha confermato i pronostici: la Lega avanza, il Movimento 5 stelle inizia la strada della retrocessione, il PD, come dicevano un tempo i bollettini di guerra quando il nemico vinceva,”si ritira sulle posizioni prestabilite”. Sembra che un conflitto con Malta, per ora solo eventuale (non e’ da escudersi che ne segua uno con la repubblica di San Marino e con il principato di Andorra) entusiasmi molti elettori, sicuri che i nostri sommergibili possano facilmente avere partita vinta contro i barconi di emigranti: purtroppo nessuno si e preoccupato di far sapere agli uomini delle nuove forze politiche dominanti che esiste anche una cosa che si chiama “diplomazia”, cioe’ dialogo fra Stati diversi per risolvere problemi, realizzare intese, concludere accordi senza rovesciare i tavoli. E’ vero che questa strada non ha dato finora grandi frutti: ma e’ altrettanto vero che non si può usare come arma totale la vita di 629 persone, tutelate fra l’altro da convenzioni internazionali. L’Italia rischia di fare sul piano internazionale una figura ancora peggiore di quella fatta al G7 con la proposta di riaprire le porte alla Russia, bocciata poi alla unanimita’ dagli altri Stati partecipanti. Beati i tempi in cui la Lega si interessava solo delle quote latte…
GIAMPAOLO SODANO – In un mondo che evidentemente si è stancato di piccole guerre locali e di un troppo lungo periodo di pace fra le nazioni vince la politica del brivido, della scommessa, dell’azzardo. Caro professore io non scherzerei troppo sul tema del “conflitto”. Certamente l’on.le Salvini non mostra doti da uomo di Stato, ma è pur sempre capo di un partito e vicecapo di un governo, per cui è “costretto” da questo doppio ruolo ad affermare le sue idee che hanno, come dimostrano sondaggisti e voto amministrativo, un consenso crescente fra i nostri concittadini. L’onorevole Salvini sa bene che la diplomazia non ha mai portato voti, mentre il conflitto, come in una partita di calcio, alimenta le tifoserie. E allora se c’è un tavolo da rovesciare o su cui dare una nutrita prova di forza (come se la politica fosse una gara a braccio di ferro) il nostro è sempre pronto: le occasioni non mancano e ognuna va colta al volo, basta trovare il nemico del momento. E poco importa se difronte alla affermazione categorica “porti italiani chiusi agli sbarchi dei migranti” si contrappone il cuore misericordioso del sindaco napoletano che twitta “se un ministro senza cuore lascia morire in mare donne incinte, bambini, anziani, esseri umani, il porto di Napoli è pronto ad accoglierli. Noi siamo umani” a cui si associa il sindaco di Livorno che riscatta l’orgoglio grillino aprendo il suo porto alla nave Aquarius con a bordo 629 migranti. Siamo abituati alla commedia, caro professore, anche se in questo caso si potrebbe parlare di una perfetta rappresentazione del paese di pulcinella: dopo le figure di merda in Canada, i maldestri tentativi di aggiotaggio, la buffonata degli “impeachment” del Presidente della Repubblica, la dichiarazione di guerra alla Tunisia ora ci si mettono anche i capataz di Napoli e Livorno a sputtanare quanto resta della credibilità dell’Italia. Eppure c’è stato qualcuno che un giorno ci ha avvertiti, ci disse che saremmo dovuti essere grati al vaffanculismo di Beppe Grillo perchè il suo movimento era utile ad evitare una deriva fascista della rabbia che covava nella società italiana. Professore, lei che a Montecitorio ne ha viste di tutti i colori, come chiamerebbe oggi il partito di Salvini visto che, secondo lei, non è più il partito del latte?
C’è del metodo in questa follia, ha scritto Giuliano Ferrara. A non riconoscerlo, nel doppio senso della parola riconoscere – individuare e comprendere – si commette un errore di sottovalutazione del rischio vissuto come avventura.
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