Il sovraffollamento del mondo non è del tutto casuale. Una buona parola per indurre la gente a una procreazione a gogò l’hanno sempre messa gli sciamani e i sacerdoti della Fede nonché i duci e i condottieri militari.
I primi per motivi di proselitismo religioso (più sono i fedeli più diventa difficile, cupo e tragico il futuro degli infedeli).
I secondi per rimpolpare gli eserciti da scatenare all’assalto dei nemici e alle conquiste di nuove terre. (Il concetto de “Il numero è forza” era molto amato da Benito Mussolini e da lui ripreso in un articolo pubblicato su “Gerarchia” il 9 settembre del 1928).
Religiosi e Militari, conseguentemente, sono anche “portatori”(non proprio “sani”) del virus autoritario: i capi-gregge, i pastori muniti di bastone, sono essenziali e devono essere inflessibili e severi soprattutto quando le pecore sono tante. E dev’esservi gerarchia, concetto del tutto antitetico agli ideali di libertà e di democrazia.
Entrambe le gestioni autoritarie del potere si nutrono abbondantemente di giustizialismo (come, per la verità, anche i due regimi-figli dell’idealismo tedesco post-hegeliano: fascismo e comunismo).
Per quanto riguarda i cristiani le prime tracce di un tale “veleno” si trovano in Tertulliano ma anche il grande Dante Alighieri non sembra esente da tale morbo quando ci parla di Bonifacio VIII.
Solo, però, in due Paesi dell’intero Pianeta l’alleanza “Religione-Giustizia” è assurta “a livello costituzionale”
Sul tema, infatti, dell’amministrazione della giustizia, Italia (ospitante IOR e Vaticano) e Israele (patria, dei titolari delle lobby finanziarie più potenti dell’Occidente, quelle ebraiche) hanno costruito l’Ordine giudiziario come un vero e proprio “super potere”, sovraordinato agli altri due e capace di “bloccare” ogni iniziativa politica “non gradita”, anche se presa dagli atri due poteri.
In altre parole, con buona pace delle teorie di Montesquieu, Israele e Italia, Paesi di cosiddetta democrazia evoluta e di proclamate radici “giudaico-cristiane”, hanno collocato il potere giudiziario al di sopra degli altri due, Esecutivo e Legislativo, infischiandosene del bilanciamento, da secoli, auspicato da fior di giuristi e uomini politici liberali e democratici.
Per sancire lo “strapotere” dei pubblici accusatori e dei giudici non mancavano motivazioni religiose di grande rilievo (naturalmente, solo per gli ideatori). Ebrei e Cristiani (di più severa ortodossia) ritengono la Giustizia il sommo, il massimo potere di Dio e, quindi, (per derivazione divina) degli uomini sulla Terra. E ciò, anche perché tale “superpotere” può essere temperato, mitigato o addirittura eliso dalla Misericordia, altra prerogativa divina.
In entrambi i Paesi (Israele e Italia) i risultati pratici, ai fini della convivenza civile, sociale e politica, sono stati disastrosi.
In Israele, Benjamin Netanyahu, primo Ministro in carica è finito sotto processo per corruzione, per iniziativa di un pubblico accusatore. In Italia la classe politica è stata decimata da avvisi di garanzia, spesso risoltisi in bolle di sapone, ed è oggi composta solo da gente che non ha niente da perdere e deve fare politica perché non ha altre “paghe per il lesso”.
L’esercizio sia della giustizia sia del perdono (improntato, in Italia, alla teoria costituzionalizzata dell’emenda), come, peraltro, ogni azione umana non ha potuto sfuggire al rischio dell’arbitrarietà. Oggi la situazione è tale da costituire una vera e propria
miscela esplosiva capace di condurre il Paese al disastro totale. E ciò anche ai fini di eventuali e pur sempre possibili tentativi di “golpe giudiziari” (qualche esempio degli anni Novanta, secondo alcuni notisti politici, dovrebbe essere d’insegnamento, anche se mai provato in modo certo e inequivocabile).
Conclusione per il Bel Paese: Nessuna riforma utile del sistema costituzionale potrà risultare utile per migliorare le condizioni politiche della Penisola italica, se non si ricondurrà nel suo alveo naturale il sistema giudiziale, ritornando ai principi del Montesquieu. E’ questo il primo punto da affrontare e risolvere sull’esempio di tutti gli Stati liberal-democratici.
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