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La fede non va in quarantena

Con la “fede” non ci si nasce ma la si può acquisire attraverso percorsi diversi, esperienze, folgorazioni, illuminazioni oppure si può perdere, per gli stessi e contrari motivi. In questo periodo tormentato la “fede”, in quanto convinzione di verità e conoscenza, è stata messa a dura prova da qualcosa che nessuno nel mondo si aspettava di ricevere, un virus sconosciuto.

Il primo atto messo in discussione è stato la convinzione che l’uomo riponeva in se stesso, nelle proprie capacità, nelle esperienze acquisite, nella capacità dell’utilizzo di supporti tecnici, l’uso della forza con cui si è abituato a dominare le situazioni esterne, le guerre, gli armamenti, le economie, il prossimo, le libertà. La fede nell’uomo si è rivelata presuntuosa e debole perché non inespugnabile o invincibile.

A supporto della debolezza umana è venuta incontro, nel corso dei secoli, la scienza, che tanto ha fatto nel cambiare il percorso delle vite umane con la medicina, la scoperta dell’universo e il raggiungimento di altri pianeti, la conoscenza della terra e dei suoi elementi, la tecnologia e i suoi macchinari, le diverse vie di comunicazione e molto altro. E con “fede” l’uomo si è accostato ad essa, come conoscenza e soluzione,  basata sull’osservazione delle cose, sul ragionamento e su prove concrete che fornissero risposte adeguate. In questo regime, la scienza ha però prodotto a latere alcuni effetti negativi come la solitudine individuale, il cambiamento climatico, un maggiore numero delle disuguaglianze, aumento delle nuove povertà, ecc.

Entrambi, l’uomo e la scienza, hanno dovuto fare i conti con i propri limiti. Impegnati  ad accogliere e gestire l’esplosione di una nuova pandemia ancora non addomesticata da un vaccino essi si domandano “cosa fare”. Altresì, nell’organizzare modalità di azione e d’intervento, uomo e scienza, hanno dovuto e devono confrontarsi con regole sociali e politiche a livello locale o dettate da accordi internazionali. Oltre ad aree di guerra o sottoposte ad altre e contemporanee emergenze.

Mai come in queste situazioni l’uomo ha sentito la necessità di affidarsi alla “fede”. Anche nell’azione dei governi e alle varie anime della politica in cui si riconosca. In particolare, in questo frangente, le leve del comando, hanno dimostrato la loro fragilità: ne sono la prova gli ondeggiamenti in cui sono state affrontare le emergenze in Cina, Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti.

In Italia, colpita per prima, dando fondo ad ogni energia sanitaria, rispondendo con eroismo umano ed utilizzando ogni scienza alla portata, riorganizzandosi territorialmente sia pure in modo difforme, quanto ancora insufficiente la “fede” nei vari risvolti ha sicuramente confortato le azioni.

E anche dove ondeggia la fiducia, resiste la “fede” assoluta, alla quale fa riferimento la maggiore parte degli esseri umani. Tutte le vicende umane, hanno trovato un’ancora di salvezza nella fede per il divino, fosse esso l’Assoluto non bene identificato, fosse Dio.

Identità sacre in cui riporre fiducia affidando loro speranze e quotidiano. Mai come oggi l’uomo si sente solo. Le città sono semideserte e i luoghi di culto chiusi.
Le preghiere sottintese. Eppure la “fede” in Dio (di ciascuno) è l’unica certezza, speranza, che unifica i pensieri nel mondo. L’unica via che indica il valore assoluto della vita.

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Marta Ajò

Marta Ajò, scrittrice, giornalista, si è occupata di politica nazionale e internazionale, società e cultura. Proprietaria, fondatrice e direttrice del Portale www.donneierioggiedomani.it (2005/2019). Direttrice responsabile della collana editoriale Donne Ieri Oggi e Domani-KKIEN Publisghing International. Ha vinto diversi premi. Ha scritto: "Viaggio in terza classe", Nilde Iotti, in "Le italiane", "Un tè al cimitero", "Il trasloco", "La donna nel socialismo Italiano tra cronaca e storia 1892-1978”.

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