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La strada tutta in salita dei Dem americani

Tra l’incudine repubblicana ed il martello radicale

Analizzando il nuovo panorama politico americano, si giunge alla conclusione che, con l’attuale presidente Joe Biden e la maggioranza (risicata) sia della Camera che del Senato, i Dem (il cui simbolo é un asino) abbiano raggiunto l’apice del potere ed ora si trovino davanti una strada tutta in salita, il che vuol dire che potrebbero precipitare rapidamente.

Ma a causare questa caduta non saranno i repubblicani (il cui simbolo é un elefante), bensí gli stessi Dem intenti a far campagna contro se stessi.

La destra é stata abile ad infiltrarsi tra i Dem (la cosiddetta Quinta Colonna) per aizzare i rappresentati piú estremisti, quelli facenti parte della “Politically Correct Police Force”, che include anche le frange piú estreme dei movimenti Metoo e Blacklivesmatter. Questi si stanno concentrando, ad esempio, anche sul governatore dello stato di New York, Andrew Cuomo. “La Repubblica” ha definito questa recente presa di posizione dei Dem reazionari come “assedio al governatore”, facendo notare che é ora l’estrema sinistra a dettare le regole di comportamento e le linee politiche dei Dem, causando purghe di giornalisti moderati e nei cataloghi delle case editrici.

Ad esempio, un giornalista del “New York Times” é stato licenziato perché ha riportato una citazione razzista; un impiegato del centro liberale Niskanen Center di Washington DC ha perso il lavoro per una battuta sul ventilato linciaggio dell’ex vice presidente Mike Pence; associazioni di nativi americani vogliono abbattere le statue di Cristoforo Colombo perché ritenute offensive; sei libri per bambini di Dr. Seuss pubblicati prima degli anni 60, sono stati tolti dal mercato perché contenevano immagini razziste.

Questa tendenza ad ideologicamente cancellare con le buone o le cattive la cultura popolare (la cosiddetta “Cancel Culture”) rappresenta un problema enorme per politici moderati come il presidente Joe Biden. Problema maggiore dell’enorme deficit federale che si sta creando sotto Biden, ma che non gli verrá rinfacciato dai repubblicani.

Infatti, nonostante i Dem vengano sempre dipinti come spendaccioni dai repubblicani, questi ultimi hanno sempre speso di piú, con addirittura Ronald Reagan (il presidente della disciplina fiscale) che aveva aumentato il deficit del 142%, poi George W. Bush con un aumento del 57%. Al confronto il democratico Bill Clinton lo aveva aumentato solo del 1%. Barack Obama é invece tra i presidenti democratici con alti deficit (lo ha aumentato del 58%).

Il vero problema é che ora il 53% degli elettori bianchi afferma che i Dem si sono spinti troppo a sinistra, lo stesso pensa il 33% degli ispanici ed il 17% dell’elettorato nero.

In termini di risultati elettorali questo rappresenta un grosso problema per il partito democratico, infatti se i repubblicani riuscissero a liberarsi di candidati populisti-autoritari come l’ex presidente Donald Trump (la cui base rappresenta solamente il 6% dell’elettorato), questi si assicurerebbero ripetute vittorie con candidati moderati.

Analizzando la composizione dell’elettorato americano del 2020 di 159,6 milioni di votanti, notiamo che il 34% é composto da indipendenti (54,3 milioni), il 33% da democratici (52,6 milioni, di cui il 47% di tendenze socialiste, cioé 24,7 milioni) ed il 29% da repubblicani (46,3 milioni)

In termini numerici le percentuali si trasformano in 56,4 milioni di elettori bianchi (66,7% dei 159, 6 milioni), 7 milioni di ispanici (13,3%), e 3,4 milioni di neri (12,5%), che lamentano la svolta verso posizioni di estrema sinistra dei Dem. E giá qui si avrebbe un blocco di 66,8 milioni di elettori che a priori scarterebbe candidati non centristi (tutti dati e statistiche sono facilmente verificabili online).

Ci sono altre due considerazioni da fare. La prima é quella ideologica che vede il 37% dei votanti come conservatori, il 35% moderati (ed in queste due categorie entrano sia una percentuale di democratici che di repubblicani), ed il 24% che si professa socialista.

L’estrema sinistra potrebbe quindi contare su di un blocco compatto di 38 milioni di voti principalmente sparsi nei collegi progressisti delle due coste, che verrebbero peró diluiti tra i rimanenti votanti con preferenze verso candidati piú moderati.

E qui si nota che tra i 59 milioni di elettori conservatori (37%) ci sono 13 milioni di indipendenti, tra i 38 milioni di progressisti ci sono 13.3 milioni indipendenti, e tra i 55,86 milioni di moderati  ci sono 27,9 milioni indipendenti.

La seconda considerazione é che i Dem hanno perso il supporto dei colletti blu ed ora ad identificarsi con il partito repubblicano é invece il 57% degli operai bianchi, il 36% di quelli ispanici, ed il 12% di quelli neri.

In termini numerici, seppur solamente il 14% dei lavoratori sia classificato come colletti blu, questo rappresenta 21,8 milioni di operai, buona parte dei quali sono giá passati al Partito Repubblicano.

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Dom Serafini

Domenico (Dom) Serafini, di Giulianova risiede a New York City ed è
il fondatore, editore e direttore del mensile “VideoAge” e del quotidiano fieristico VideoAge Daily", rivolti ai principali mercati televisivi e cinematografici internazionali. Dopo il diploma di perito industriale, a 18 anni va a continuare gli studi negli Usa e, per finanziarsi, dal 1968 al ’78 ha lavorato come freelance per una decina di riviste in Italia e negli Usa; ottenuta la licenza Fcc di operatore radio, lavora come dj per tre stazioni radio e produce programmi televisivi nel Long Island, NY. Nel 1979 viene nominato direttore della rivista “Television/Radio Age International” di New York City e nell’81 fonda il mensile “VideoAge”. Negli anni successivi crea altre riviste in Spagna, Francia e Italia. Dal ’94 e per 10 anni scrive di televisione su “Il Sole 24 Ore”, poi su “Il Corriere Adriatico” e riviste di settore come “Pubblicità Italia”, “Cinema &Video” e “Millecanali”. Attualmente collabora con “Il Messaggero” di Roma, con “L’Italo-Americano” di Los Angeles”, “Il Cittadino Canadese” di Montreal ed é opinionista del quotidiano “AmericaOggi” di New York. Ha pubblicato numerosi volumi principalmente sui temi dei media e delle comunicazioni, tra cui “La Televisione via Internet” nel 1999. Dal 2002 al 2005, è stato consulente del Ministro delle Comunicazioni italiano nel settore audiovisivo e televisivo internazionale.

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