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La verità non si può cancellare

Tangentopoli sta per compiere 30 anni. Si disse che era una rivoluzione di velluto, i magistrati che indagavano erano celebrati come eroi, l’Italia volta pagina – si gridava nelle piazze. In realtà è stata buttata al macero una intera classe politica sostituita da una che – poco ma sicuro – non è all’altezza di chi l’ha preceduta. Né la corruzione è venuta meno, per la stessa ammissione dei giudici che allora fecero “Mani pulite”.

E’ troppo presto per parlarne laicamente? I guelfi e i ghibellini, soprattutto quando si parla dei socialisti, ci sono ancora. Ladri patentati o vittime di magistratura assatanata di sangue? In realtà sembra che tutto ruoti intorno a questa domanda, ancora oggi nonostante non ci sia “pericolo” di un ritorno in questa fase di un socialista al governo.

Eppure nell’epoca socialista, particolarmente negli anni di Craxi al governo (ne uscì nel 1987) le luci ci sono state. Luci orgogliosamente messe in risalto da un libro appena uscito. Le verità scomode (Ponte Sisto ed.) di Giulio Santarelli, deputato socialista, più volte sottosegretario, presidente della Giunta Regionale del Lazio, sindaco di Marino (prov. di Roma), sua città. L’interessante del libro di Santarelli è che per guardare agli anni del governo Craxi e all’operato del Psi nella storia italiana recente ci invita a mettere gli occhiali di una orgogliosa rivendicazione di essere socialista, di non volerlo affatto nascondere. Anzi, dicendo alla romana: embé? Non ho rubato, c’è addirittura il suggello di Di Pietro su questo e un timbro così non lo cancella nessuno, non ho avuto condanne, ho fatto del mio meglio per la mia città, la mia regione, il mio paese. “Come tanti socialisti ho lavorato con competenza e determinazione – scrive – anteponendo sempre gli interessi della collettività a quelli della mia parte politica”.

Un libro ostentatamente di parte, che vuol chiarire come il Psi con Tangentopoli sia diventato il simbolo della corruzione e ancora oggi per alcuni continua ad esserlo (come se non ci fosse stata anche negli altri partiti), dimenticando il resto.

Chi riguarda quegli anni senza pregiudizi e con serenità non può non ricordare una serie notevole di risultati positivi.

Nel primo governo Craxi il Pil cresce dell’8 per cento, cosa che oggi – covid a parte – ci fa sognare: nel 2019 era dello 0,2%. Con il deprecato taglio di 3 punti della scala mobile (Berlinguer al decreto scaglia un referendum contro, perdendolo) l’inflazione dal 15% scende al 5. Il governatore della Banca d’Italia, Carlo Azeglio Ciampi nelle sue considerazioni finali del 1987 dice “Si è potuto ridurre l’inflazione, senza compromettere la ripresa produttiva”. Le agenzie di rating, considerando il debito sostenibile e tenendo conto di tutti i buoni indicatori, danno all’Italia la tripla A, che mai più abbiamo rivisto. E il settimanale americano Newsweek elogia “il sorprendente vigore del Primo Ministro” che in pochi anni, 1983-1987, fa uscire l’Italia da una situazione drammatica, con tutti i conti fuori posto, quale era il nostro Paese nei primissimi anni 80.

Certamente il governo Craxi è stato aiutato da una congiuntura internazionale favorevole, ma, abbiamo visto all’opera altri esecutivi che non hanno saputo sfruttare le medesime occasioni

L’Italia, quanto a crescita supera la Gran Bretagna e diventa la quinta potenza mondiale. E persino l’acerrimo nemico di Craxi, Scalfari è costretto ad ammetterlo.

Sul piano internazionale, la politica socialista è di aiuto a Solidarnosc in Polonia . Pochi sono quelli disposti a ricordare che una parte delle tangenti riscontrate da “mani pulite” sono andate al sindacato polacco. Sono ancora gli anni della Guerra Fredda e il pontefice Giovanni Paolo II è impegnato per sconfiggere il comunismo. Con lo stesso papa Craxi sigla il nuovo concordato: obbedendo al suo laicismo abolisce la “ religione di stato” per il cattolicesimo e il suo insegnamento diventa facoltativo.

E’ importante l’aiuto ai palestinesi dell’Olp (un pezzo di tangente è arrivata anche in Palestina), il segretario del Psi diventa amico personale del leader Yasser Arafat, ne sostiene le iniziative. Tanto che al funerale ci sarà la guardia d’onore dell’Olp .

Fondamentale il consenso socialista all’installazione dei missili Nato a Comiso in Sicilia: il segretario di stato dell’allora presidente Carter disse che “senza i missili Pershing e Cruise in Europa la guerra fredda non sarebbe stata vinta …. senza il PSI di Craxi la decisione dell’Italia non sarebbe stata presa. Il Partito Socialista italiano è stato dunque un protagonista piccolo, ma assolutamente determinante, in un momento decisivo”. Ma questo atteggiamento occidentalista – peraltro sempre mantenuto – non impedisce al presidente del consiglio di puntare i piedi e mostrare i muscoli con la storia di Sigonella. L’onore dell’Italia non si tocca. E questa volta il Pci deve arrendersi all’evidenza.

Convintamente europeista, il leader del Psi si è sempre schierato per l’adesione a Maastricht. Credeva nell’integrazione europea anche a dispetto delle opposizioni che ha trovato fuori e anche dentro il suo partito. Un occhio lungo che non ha avuto solo il segretario ma anche, ad esempio, Giuliano Amato con una legge per “preparare” le banche alla sfida sui mercati internazionali in una visione europea e globale. La “legge Amato” abolisce la riforma bancaria voluta dal fascismo e pone per gli istituti di credito il modello della società per azioni.

Grazie a De Michelis allora ministro del Lavoro, arrivano anche in Italia le tre fasce per reddito nelle prestazioni sociali, favorendo i meno abbienti, tanto per fare un altro esempio.

Allora perché l’astio, soprattutto da parte del Pci, della sinistra e del centro sinistra? Errori e ombre ce ne sono stati come in tutte le questioni umane. Una cosa è certa: Craxi era un socialista anticomunista, in nome dell’autonomia del Psi e contro la subalternità di quest’ultimo verso i “cugini” del Pci. I quali non lo perdonarono mai e gli lanciarono una sfrenata campagna contro. I socialisti, per contro, non riuscirono a inventare una contro narrazione.

Gli anni 80 sono stati gli anni del maggior splendore del Psi. Ci arriva dopo aver già sperimentato negli anni 60 il centrosinistra con la Dc e un Pci già scatenato avversario, assolutamente gradito al partito di maggioranza relativa: dividi et impera. Gli anni 80 arrivano dopo il decennio dei 70. L’Italia è stremata dalla cupezza del terrorismo e dell’estremismo politico di destra e di sinistra. Sotto l’occhio vigile della Dc, che tutto vuol cambiare perché nulla cambi. Il paese comincia a non volerne più sapere dell’impegno politico, riscopre il privato, vuole essere sereno, divertirsi. Si sente nell’aria il cambiamento. Il Psi incarna quel cambiamento. Propone agli italiani di essere più moderni e più europei. Propone una visione laica anche per l’ideologia, vuole abbandonare “l’idea ottocentesca dello statalismo” (refrain molto in voga dalle parti di via del Corso) a favore di una concretezza e di un libertarismo. Il Psi è in contrapposizione – come scrive Fabio Martini nel suo libro su Craxi Controvento – “ad una visione statalista, collettivista e liberticida della tradizione giacobina e leninista”. Se poi tutto ciò è potuto sfociare anche nel rampantismo, nell’arrivismo, dell’arroganza, non lo si può ascrivere a tutti ma proprio tutti i socialisti, come rivendica Santarelli. Né ci si può fermare alla semplificazione sono tutti i ladri perché c’è chi può dimostrare di non esserlo. E soprattutto non si può dimenticare quanto di buono c’è stato.

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Stefania Conti

Giornalista. Nata a Roma e laureata in sociologia, ha lavorato presso (in ordine cronologico): Adnkronos, Il Messaggero, Tg2.

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