Un altro giorno è passato e altri ne passeranno, in casa, tra le mura domestiche che ormai sono il nostro tutto, il divano e la tv oggetti da contendere e la cucina ritorna il focolare domestico, gli spazi ampi o meno si riducono e si cerca la solitudine ma poi la solitudine ti fa pensare, meglio allora condividere e pensare di meno, soprattutto se subentra ansia e pessimismo.
In questa strana vita, che ogni giorno ci sorprende, in questa resistenza all’andare in giro, una cura alla bulimia da contatto, come oggi mi ha scritto giustamente un ex compagno di ginnasio, dopo aver letto il mio articolo sulla famiglia , “se la famiglia è più famiglia, il single è più single”. E’ proprio vero, la solitudine è insieme al tempo un altro fattore determinante di questo film ad occhi aperti. Mi domando dopo la sua affermazione come deve essere per chi è solo, per chi per combattere uno stato già di ansia si ritrova a contare le mattonelle, leggere, scrivere e ritrovarsi sempre con i propri pensieri.
Questa pandemia ci porta il conto di una vita che vissuta di corsa, tra mille eventi, palestra, figli e lavoro, non ci lascia mai soli. E allora forse un cellulare, Skype , Facetime diventano famiglia, diventano vita. Amici lontani, persone che la frenetica quotidianità ha reso distanti, ritornano con la suoneria del telefono, e il tempo e la distanza si annullano e il cuore si scalda rapidamente.
In cerca di spazi riscopriamo i nostri balconi, grandi , piccoli, e allora la voglia di renderli vivibili e di “prendere aria” come mi diceva mia nonna, quando i bambini non potevano ascoltare i segreti dei grandi. Così una sedia, un libro e grazie alla primavera alle porte mi sembra di stare fuori, da quanto non lo facevo e mi viene in mente mio padre che prendeva il sole come una lucertola nelle sue venute romane, e con un po’ di musica sogno di essere sul terrazzo di casa a Napoli con Capri e il Golfo davanti, sento le voci dei miei genitori e appena riapro gli occhi ho le lacrime che scendono sul viso.
Ma una delle cose più belle, di questo dannato e maledetto periodo, è vivere con mia madre. Lei a Napoli, in quella casa affacciata sul panorama più bello del mondo, e io a Roma nord, il computer in cucina sia per lei che per me, il colore della cucina è lo stesso, siamo distanti ma vicine. Da domenica siamo connesse su Skype, lasciamo il pc acceso anche di notte, ogni tanto Skype si stufa e la connessione dopo 12 ore si stacca, ma se non è notte, ripristiniamo subito il contatto.
Insomma che bello fare la “ sentinella/angelo custode ” della mia mamma, è come essere lì, certo non posso abbracciarla ma sento la sua voce, i rumori della sua quotidianità. E così sappiamo tutto di noi, cosa cuciniamo, cosa vediamo in tv e le emozioni che di volta in volta ci assalgono. Insomma sono il suo “ Grande Fratello”, la webcam mi permette di rendere la sua solitudine una condivisione, chiunque passi davanti si fa vivo e così la nonna può condividere la sua vita.
Benedetta tecnologia che annulla la distanza e la malinconia, ogni tanto giro per casa con il pc e così facciamo giri virtuali, e ci siamo inventate anche momenti per ascoltare la musica insieme. Pura commozione quando le dico mamma scusami vado di là, mi sembra di essere lì, ritorno figlia e devo dire che ogni tanto fa proprio bene. Mangiamo quasi sempre in sincrono e l’altra sera nel delirio della casalinghitudine , all’una di notte lavavamo il pavimento della cucina insieme a più di 200 km. Ma che meraviglia poterle essere vicino, in questa bolla surreale in cui stiamo vivendo mi accorgo che ho più tempo per lei. Ma aveva ragione Hermann Hesse “La solitudine è indipendenza”.
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