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L’appuntamento del 20 Settembre

I regimi totalitari del XX secolo disprezzavano le elezioni e i relativi “ludi cartacei”; perchè il diritto al voto, uno dei pilastri della democrazia liberale, faceva parte dell’eredità dello stupido diciannovesimo secolo.

Oggi, almeno in occidente e nei paesi limitrofi tutti sembrano amare le elezioni. Al punto di reclamarne lo svolgimento ad ogni stormir di fronda. Ma la loro passione è egoistica e strumentale. Ad un punto tale da pervertirne l’uso e sminuirne il valore.

Così si chiedono elezioni politiche ad ogni piè sospinto dimenticando che queste possono svolgersi alla scadenza prevista o quando non è possibile costruire in Parlamento una maggioranza a sostegno dell’esecutivo; e comunque non in base all’andamento dei sondaggi. Aggiungendo, particolare non certo piccolo che non è francamente possibile pensare ad elezioni in assenza di una legge elettorale. E che raffazzonarne una alla vigilia del voto ad uso e consumo del potere in carica non è solo disdicevole ma contrario ad ogni possibile regola.

Il disprezzo totale di Lorsignori, di destra come di sinistra, per il popolo bue è giunto, peraltro a livelli stratosferici quando si è trattato di fissare la data delle regionali e del referendum sul taglio dei parlamentari.

Si è cominciato con il votare a luglio. Una prima; ma anche una vergogna assoluta. Con la destra a chiudere subito le alleanze in nome del potere; e con la sinistra a litigare in nome della subalternità e della vocazione al suicidio.

In ogni caso, uno spettacolo orrendo. Nessun dibattito nel merito delle persone e delle questioni; la maggioranza assente dalle urne e; una minoranza di votanti sedotti da meccanismi clientelari; se non dal machismo dei governatori durante la crisi.

A metà settembre, il quadro sarà leggermente migliore. Ma con due aggravanti: l’accorpamento referendum/elezioni; e il fatto di non poter votare nelle scuole, malamente sostituite da caserme uffici pubblici, e magari ospedali e supermercati.

Non sarà la stessa cosa. Come non sarà le stessa cosa un referendum accoppiato alle lezioni così da perdere importanza e significato.

Dovrebbe essere ben chiara, allora, la morale della favola. Quella di una democrazia e di istituzioni usate in modo perverso da una classe politica che dovrebbe essere vocata a difenderle.

E forse, nel nostro caso, capire la sostanza di un disegno può essere il primo e necessario passo per bloccarlo.

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Alberto Benzoni

Ha lavorato all’Iri dal 1958 al 1996, per oltre trent’anni all’Ufficio studi e poi a quello Internazionale. Iscritto al Psi dal 1957 al 2013. Viceresponsabile del settore esteri dal 1987 al 1992. Consigliere comunale di Roma dal 1971 al 1985, vicesindaco dal 1976 al 1981 nella giunta di sinistra di Argan e poi di Petroselli. Collaboratore di «Avanti!» e di «Mondo Operaio», di «Ragioni del Socialismo» e di numerosi altri periodici di area. Autore di una storia del Partito socialista e, assieme ad altri, di La dimensione internazionale del socialismo italiano (Roma 1993). Ha scritto anche Il craxismo (Roma 1991) e, assieme a Luca Cefisi, Il pacifismo (Roma 1995). Autore infine, assieme alla figlia Elisa, di Attentato e rappresaglia. Il Pci e via Rasella (Venezia 1999), di Le vie dell’Italia (Milano 2009) e, infine, di La storia con i se (Venezia 2013).

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