Di Rachele Botte
Ho sempre pensato che un buon libro rappresenti una compagnia ideale.
Proprio in virtù di ciò, lo stimolo alla lettura dovrebbe essere colto da tutti come una sorta di antidoto contro la noia, la solitudine e come un modo per vagare in un’altra dimensione.
A tal proposito, mi piacerebbe condividere alcune riflessioni circa uno dei libri più affascinanti ed introspettivi che io abbia mai letto e che, proprio in questi giorni di quarantena ho pensato di rispolverare.
Una lettura gradevole e coinvolgente sull’ “arte di essere fragili”, scritto dal professor Alessandro D’Avenia in cui racconta di un metodo per raggiungere la felicità. L’autore parla del suo incontro “salutare”con Leopardi che ‘canta la morte ed esalta la vita’.
L’insegnamento è quello di dominare le proprie passioni in ogni fase dell’esistenza, senza dimenticare di guardare anche alle nostre fragilità, non come punti da biasimare, bensì come punti di partenza per rafforzarci e ripartire. La fragilità è una debolezza insita in ognuno ma che dobbiamo imparare a riconoscere e ad accettare. Solo analizzando le nostre debolezze saremo poi in grado di comprendere gli altri, tenderci la mano e crescere insieme.
I periodi di difficoltà come quello che stiamo attraversando, servono a scuoterci e a ricordarci che, nel corso delle nostre vite, possiamo aspirare ad essere la migliore versione di noi stessi. Non lasciamoci sfuggire un’opportunità di crescita importante. Quando tutto tornerà alla normalità, qualcosa in noi sarà cambiato e in positivo.
#iorestoacasaeleggo
Dalla rubrica “Diario di una quarantena”:
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