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L’Artigiano come il demiurgo Greco: ponte tra idee e saper fare

Auana gana, Auana gana…pronto, America me senti?, America me senti? So’ Santi Byron….. Kansas city me senti?….

Ciascuno di noi percepisce l’identità come qualcosa che lo identifica rispetto al resto del mondo, che lo rende unico o semplicemente che rappresenta tutte le caratteristiche che lo fanno accettare come membro di una comunità, di una tribù, di un branco. Lo si può invidiare come alcuni amici invidiavano il nostro Nando Mericoni, Americano di Kansas City o lo si può commiserare e cercare di redimere come fece Renato Carosone con il Mericoni Napoletano

Tu vuò fa l’Americano, mericano, mericano, ma si nat’ in Italy

Poco importa, L’identità di una persona è quella che ciascuno sente come patrimonio di appartenenza, non si impone, non si insegna. L’identità è come la democrazia, si conquista, ma non si può esportare. Non c’è dubbio che quelli a cui stia a cuore l’artigianato, ossia la produzione di manufatti a livello individuale o di piccoli gruppi nel rispetto della unicità del prodotto, cerchino, sperino ed auspichino una identità locale costruita sui valori fondanti dell’eredità culturale. 

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Per questo condivido i punti di vista espressi su queste pagine: l’identità e la cultura sono l’investimento che potrebbe rimettere in moto la macchina, qualsiasi intervento di pura ingegneria artigiana, per quanto encomiabile, rischia di essere fine a se stesso. 

L’artigiano ha il suo diretto antenato nel demiurgo Greco. L’artefice. Platone lo concepì come un ponte tra il mondo delle idee è la realtà sensibile, un vero e proprio mediatore. L’intelligenza che da vita alle cose del mondo, guardando alle idee come modello, ma usando la materia come strumento. Da cos’altro volete che nasca l’olio artigiano se non dalla filosofia di Platone, solo con la manualità del Mastro l’olio non nascerebbe mai. L’olio artigiano è una filosofia. Il demiurgo (l’artigiano) è un ponte tra idee e saper fare. 

Tutto questo oggi ha un problema che nasce dal crollo del pilastro su una delle due sponde che il ponte dovrebbe collegare: il mondo delle idee non riesce più ad alimentare il gusto. Il gusto è una interazione profonda tra la sensibilità personale e l’immaginazione che costruisce un modello del mondo costruito su scala personale. Il gusto è una esperienza estetica. 

Oggi la progettazione degli strumenti idonei ad essere interfacce con il mondo reale le protesi per acquisire il mondo (televisione, computer, tablet), tendono a fornire una visione schematizzata della realtà, sintesi di una esperienza semplificata. Senza fatica e senza sforzo è previsto mettere a disposizione solo il minimo indispensabile per l’elaborazione e quindi fornire una risposta prevedibile, comune ed accettata da tutti. I processi emotivi e di conseguenza cognitivi risultano atrofizzati, in questo modo la sensazione, privata della percezione, garantisce elaborazioni focalizzate su risultati garantiti per default. Anche il ruolo dell’arte risulta indebolito, perché l’opera d’arte, altro non è che un oggetto fatto apposta per perlustrare tutto ciò che nella percezione è indeterminato, l’opera d’arte esibisce rappresentazioni dell’immaginazione che danno da pensare, richiedono sforzo ed applicazione, stimolano invece di intrattenere, sono imprevedibili nei risultati. Il contrario di quello di cui la società ha bisogno. Il mondo dell’audience vuole un solo sapore, non ammette sperimentazioni e pretende tutto sia prevedibile, è concentrato sul livellamento delle risposte, sulla contrazione del sentire e del percepire in una unica direzione precostituita. Il mondo tende a definire la media e quindi perché dovrebbe accettare una eccellenza? Perché dovrebbe accettare prodotti (artigianali) irripetibili, imprevedibili e inattesi? 

Le nostre nonne dicevano: chi disprezza compra riferendosi ad un improvviso innamoramento per una persona fino ad allora giudicata antipatica. L’amore è la più grande delle emozioni e, come tale, nasce solo da un momento inatteso che ricompone in un equilibrio più solido ed avanzato le connessioni del sentire. Per innamorarsi accorre l’imprevedibile, per un nuovo equilibrio occorre la sconvolgimento di quello precedente. L’allineamento dei sapori intorno ad uno standard e l’atrofia delle passioni sono prodotti dello stesso mercato. L’imprevedibilità è la madre di ogni emozione la pluralità è la base attraverso la quale l’immaginazione seleziona la propria rappresentazione interna. Se il prodotto è uno, il sapore è uno il parere è uno il sistema cognitivo dell’uomo non è più in grado di operare sulla diversità e ferma la sua azione.

Per la verità, già in passato, avevamo elaborato, con Giampaolo Sodano, un progetto di gemellaggio tra opere d’arte e artigiani dell’olio il cui idee e techne formassero un binomio per ricostruire cultura e proporre identità.

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Aldo Di Russo

Laureato in Fisica è entrato nel settore della tecnologia per la produzione di audiovisivi di grandi dimensioni nel settore industriale: Eni, Enel, Rai le più importanti esperienze. Ha prodotto oltre un centinaio di documentari industriali e spettacoli in multivisione in tutto il mondo. Negli ultimi 15 anni si è dedicato alla valorizzazione dei beni culturali, ai musei narranti ed alla creazione di libri interattivi per il settore culturale. Ha vinto molti riconoscimenti. È membro del WAVE LAB dell’Università dell’Egeo, membro di Europeana e membro di Artifactory.

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