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Le 80.000 bolle blu di Mina

Mina compie 80 anni.
Quella ragazzona emiliana che entrò prepotentemente negli schermi di una TV nazionale, familiare, pacioccona e bacchettona stravolgendo negli anni ’60 il cliché della cantante melodica e tradizionale.
E tutto fu diverso. Non solo la voce, il fisico, i movimenti, gli abiti ma anche il modo di vivere il privato. Che ai giovani di quegli anni apparve subito come il simbolo del coraggio e del cambiamento.

Casco corto e sbarazzino, cotonature oltre il limite, poi morbidi capelli lunghi, mora o bionda, Mina non ha mai tradito i canoni della femminilità che distingue le donne interpretandola e vivendola con personalità e buon gusto. Niente a che fare con le scollature esagerate, i seni al vento, gli spacchi equivoci degli anni successivi, dei seminudi odierni.

Mina non aveva bisogno di mostrare il corpo ma piuttosto di donare la voce, pur senza mortificarlo.

Si stagliava alta, bella ma non stereotipata, “un tipo” che bucava lo schermo. Dettò mode e le donne la seguirono riconoscenti di non imporre un modello dalle forme rigide, né tantomeno quello di “santa” richiesto al genere femminile. Una donna che è riuscita a vivere in modo anticonvenzionale il lavoro, il successo e la maternità cambiando con scelte coraggiose la percezione delle donne e della società di quei tempi.

Gli 80 anni di Mina

Mina ha rappresentato anche tutte le debolezze umane, che derivano dall’essere persona, artista prima che personaggio in pasto al pubblico. Uno spazio, il privato, difeso fino al limite del sacrificio, di avere un figlio fuori dalle regole sociali mantenute da una mezza borghesia impastata ancora da residui di regime,  invidiosa della finta perfezione del modello americano.

E fuori dagli schemi la sua carriera di cantante. Che ha abbracciato ogni forma di musica, ogni testo, ogni romanza, ogni ritornello della tradizione italiana insieme ai nuovi cantautori di cui è si è fatta interprete straordinaria, alla interpretazione del nuovo, del rock e della musica d’oltreoceano.

Infine il ritiro dal palcoscenico.

Perché Mina, e la ringraziamo per questo, è stata prima di ogni cosa persona, con le proprie fragilità, incertezze, amarezze, paure che non sempre possono essere risolte e curate con il successo.

Mina e Raffaella Carrà (wikipedia)

Negli anni della sua lunga carriera l’abbiamo vista cambiare di volta in volta. Trucco e parrucco. Ma non solo: repertorio, moda, sguardo, amori. Sempre in fuga da chi la seguiva, dai media, dai paparazzi, dal gossip.

E i figli, “Paciughino” e Benedetta. Mai dati in pasto al pubblico, mai a favore dei flash. Come non apprezzarla in tempi in cui i bambini vengono esposti fin da quando sono in pancia.

Mina rappresenta dunque un caso speciale. Che resiste malgrado la scelta che fece 42 anni fa di isolarsi, di non apparire, di non cedere a chissà quali tentazioni, proposte.

Noi, chiusi, isolati, nelle nostre case forse l’ammiriamo ancora di più.
Lei che della riservatezza ha fatto un esempio contro noi recalcitranti e indispettiti da regole di buona vita dettata da un periodo emergenziale.

E il suo esilio d’artista, l’eclissi del personaggio, la capacità di vivere la vita, assumono oggi il senso dell’immortalità di una voce che non potrà essere dimenticata.

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Marta Ajò

Marta Ajò, scrittrice, giornalista, si è occupata di politica nazionale e internazionale, società e cultura. Proprietaria, fondatrice e direttrice del Portale www.donneierioggiedomani.it (2005/2019). Direttrice responsabile della collana editoriale Donne Ieri Oggi e Domani-KKIEN Publisghing International. Ha vinto diversi premi. Ha scritto: "Viaggio in terza classe", Nilde Iotti, in "Le italiane", "Un tè al cimitero", "Il trasloco", "La donna nel socialismo Italiano tra cronaca e storia 1892-1978”.

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