Sulla Freccia Rossa rientrando a Roma da Parma ho davanti ai miei occhi due signore orientali, cinesi forse, che fanno dormire sulle proprie braccia due bambini bellissimi e tranquilli. Alla mia destra una famiglia italiana è costituita da due genitori “belli sia l’uomo che la donna, dell’apparente stessa età. Custodiscono con difficoltà due figli maschi stupendi biondi, occhi neri, lineamenti delicati guance rosse, sorrisi da svenire. Il bimbo che sta in braccio alla mamma è irrequieto e per sedarlo la madre apre una busta di patatine fritte che il bambino sgranocchia felice e convinto. Non posso trattenermi dal sussurrare alla mamma i complimenti per la bellezza dei suoi figli e rivolgerle la domanda impertinente. “perché ad un bambino così bello permette di mangiare quelle orribili patatine fritte?” Domanda cretina, come a dire che se fosse stato brutto allora ero d’accordo per le patatine.
La mamma mi sorride. Io alzo gli occhi per osservare la faccia del padre e scopro che sta ciucciando avidamente un lecca-lecca a pallina che tiene in mano per guidarlo dentro e fuori dalla bocca. Torno a osservare la mamma che mi sorride compiacente. Come si può pretendere che i figli vengano educati ad una sana alimentazione quando i primi maleducati sono, come al solito, i genitori?
Insegnare agli italiani cosa, come e quanto mangiare è operazione molto difficile ma bisognerà darsi da fare prima che sia troppo tardi dato che ormai da anni tutti i canali della TV danno lezioni di gastronomia senza preoccuparsi minimamente che i fruitori dei programmi possono prendere per buono tutto ciò che scorre davanti ai propri occhi. Saranno necessari interventi governativi autoritari perché altrimenti non otterremmo mai risultati apprezzabili. Voglio ricordare Michelle Obama alla quale risalgono interventi intelligenti, come la riduzione dell’obesità infantile, che bambini e genitori non hanno avuto difficoltà di accettare.
Mi riferisco all’allontanamento delle merendine dai luoghi delle ricreazioni scolastiche di promozione dell’attività fisica che non è necessariamente un’imitazione di modelli fascisti o cinesi che noi anziani ben ricordiamo. Qualcuno pensa che cucinare bene, ovvero in modo salutare, tolga alla palatabilità del risultato finale della ricetta qualcosa di autentico. Quanti sanno rinunciare ai salamini, mozzarelline, olive più o meno farcite prima di mettersi a tavola quando si aspetta in salotto che sia venuto il momento di mettersi a tavola? Non voglio dare lezioni di comportamento che io stesso non sarei in grado di osservare.
Mi corre l’obbligo di raccontare quanto mi è accaduto personalmente qualche giorno fa. Mi sono recato a Parma per la Laurea Honoris Causa a Bernardo Bertolucci mio caro amico e ho voluto seguire il consiglio di molti amici che mi hanno consigliato più volte e in diverse
occasioni, di mangiare il guancialino di maiale. Per me si trattava di uno strappo alla crescente abitudine di preferire ricette vegetariane. Ho scelto una trattoria storica: le sorelle Picchi in Via Farini che insieme al menu mi hanno mostrato una brochure “brutta” che racconta la storia della trattoria e dell’attigua salumeria. La lettura del menu fa scattare una fantasia che viaggia da un allevamento di maiali ad un gigantesco salone per la stagionatura delle forme di parmigiano dove si respira un profumo di saggezza, di salute e di sobrietà; poi si passa ai primi di tortelli, cappelletti e gnocchi che si digeriscono solo a sentirli nominare.
Sia ben chiaro che dopo aver mangiato il guancialino di maiale nero che era buono, buonissimo ho pagato un conto di 40 euri senza dolci e questo mi autorizza a raccomandarvi di andare alle Sorelle Picchi perché ne vale la pena. L’uso sporadico e non abituale non può nuocere.
A Roma quando ho bisogno di molte fotocopie mi rivolgo ad una copisteria il cui proprietario è un imprenditore di norcia che ha tappezzato i locali della copisteria di cartelli per indicare la bontà delle salsicce di Norcia, i salami, la coppa etc.. Ho parlato al telefono con questo signore e gli ho chiesto se mi poteva spedire sotto vuoto il guancialino e, seppure tradendo una certa perplessità, ha detto di si. E impossibile che mi sia spiegato male. Evidentemente ha pensato che il guanciale fosse un prodotto speciale sconosciuto a Roma e dintorni ma reperibile solo a Norcia. E’ vero invece che il guancialino si mangia solo a Parma e nel parmense. A Roma no! Non solo quello di maialino nero ma neanche quello di maialino rosa.
Eppure Garzantina dei Prodotti Tipici d’Italia lo segnala distinguendolo dal guanciale di chiara fama. (Davide Paolini) Avrei offerto una cena speciale ai miei amici. La cena è saltata perché l’imprenditore di Norcia mi ha spedito sotto vuoto, un pezzo di banale guanciale per condire gli spaghetti all’amatriciana. Io mi ero spiegato bene. Non è stato sufficiente. Alla prossima gita a Parma mi compro il guancialino e me lo porto a Roma per offrirlo ai miei amici .
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