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Lettera immaginaria di un bambino palestinese

Cara Europa caro Mondo caro Onu ma soprattutto cari bambini,

sono un bambino palestinese, sono un bambino mi piacerebbe dire , semplicemente un bambino. Invece no sono un bambino in pericolo da quando sono stato concepito , da quando i miei genitori amandosi mi hanno dato la vita. Si, cara Europa, si caro Mondo ho rischiato la vita quando la vita non era altro che un embrione.

Nella pancia di mia madre ho imparato a convivere con la paura, con l’ansia, con il terrore, ho respirato i suoi affanni, i suoi sobbalzi, i suoi pianti, le sue angosce. Ho anche vissuto i dubbi di venire al mondo in questo mondo per me poco ospitale. Ho imparato a distinguere i rumori della guerra, le urla delle vittime e dei parenti, i silenzi quando si temeva il peggio.

E poi sono nato, nato in una striscia di territorio, prigioniero di una terra che è la mia ma non è la mia, una terra che ho imparato ad amare follemente ed allo stesso tempo ad odiare. Quella terra che è un campo di battaglia da sempre, una Terra antica, bella, la culla del mondo e delle tre grandi religioni monoteiste, la terra che ogni notte sogno libera, in pace ed invece al risveglio è macerie, lacrime e prigione.

Sin da piccolo ho imparato a guardarmi alle spalle, a non rimanere solo, distinguo dai passi il nemico e così l’amico, mi hanno insegnato che devo sapere scappare al minimo sibilo che devo sapermi difendere da chi immagino amico. Ho imparato a bisbigliare, a parlare sottovoce, a leggere negli occhi, so che tutto può cambiare in poco tempo. Voi bambini che guardate il cielo,scrutando le stelle, gioiendo al tramonto e all’alba, che aspettate la luna piena, non potete immaginare cosa sia vedere il cielo riempirsi di fiamme, di fumo, di missili e razzi, e non poter mai aspettare la notte per sognare e dormire sui tetti, come sarebbe tradizione di questa parte del mondo. Io temo la notte, temo i lampi ed i bagliori e so che al buio si rischia di meno. Voi sapete cosa significa imparare ad odiare pur non volendo? Sapete cosa significa nascere in guerra e non poter scegliere di essere amico di chi si vuole? La mia scuola è stata bombardata, il palazzo vicino alla mia casa è crollato in pochi minuti, amici e amici degli amici sono chissà dove, vivi o morti.

E allora piango e poi rido amaro e poi scopro che la guerra non finisce mai, scopro che io non ho scelta, vivrò così e mi abituerò a passeggiare pronto a tirare pietre contro fucili..Ma io Europa, Mondo voglio la pace, voglio la pace come la vogliono i bambini israeliani dall’altro lato del muro, io voglio convivere e non lottare. Io non voglio un check point per entrare e uscire dalla mia terra, io non voglio un muro, non voglio barriere, io voglio guardare l’orizzonte, voglio camminare come voi senza limiti.

Il mio passaporto a cosa mi serve se vivo in una striscia, voglio essere un bambino, voglio correre liberamente, voglio credere nel futuro, voglio non vivere nel sospetto e nella diffidenza, voglio che i miei vicini , quelli oltre il muro mi invitino a giocare a calcio. Vorrei svegliarmi immaginando che come è successo a Berlino tanti anni fa , qualcuno iniziasse a picconare il muro, abbracciandosi e deponendo armi e pietre. E allora voi che guardate quello che sta succedendo in questi giorni datemi una mano, non pensate agli adulti, a chi comanda, pensate a me e fate che io non cresca come un combattente o un difensore della mia terra, ma come un uomo o una donna che possano dire finalmente “ siamo in pace” , il mio appello non può non essere ascoltato, io non ho ancora commesso errori, io posso essere salvato dall’odio, io posso avere un futuro e sappiate che è anche nelle vostre mani.

Se non avrò risposte, se non ci proverete non dimenticate che ognuno di voi ha un po’ di colpa, ognuno di voi si è girato dall’altro lato, ognuno di voi ha preferito guardare le stelle mentre io vedo solo fiamme e fumo. Quando cantate le ninne nanne ai vostri figli ricordatevi che io vivo in un eterno bunker fatto di macerie o in un campo profughi, ricordatevi che io forse potrei innamorarmi di una persona aldilà del muro, che potrei dare vita ad una famiglia che contribuisca alla pace. Ma non avrò scelta e cosa c’è di più terribile di essere un bambino che non ha scelta. Fermatevi solo un attimo e aiutatemi a cambiare le cose, ieri davanti ai miei occhi è crollato in pochi minuti il palazzo che raccontava attraverso i giornalisti la nostra storia. Mi fermavo spesso a guardarli entrare e uscire con i loro computer e cellulari, parlare lingue diverse e invidiarli perché per loro il muro non è invalicabile. E adesso altre macerie, altro dolore e tanta rabbia che alimenta la mia terra, vorrei nutrirmi di amore e pace ed invece io sono qui dall’altra parte del muro.

Grazie per avermi letto a voi in Italia cito una frase che vuole non provocare ma così lanciare un messaggio di un grande scrittore come Primo Levi: “Ognuno è ebreo di qualcuno. Oggi i palestinesi sono gli ebrei di Israele”.

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Tiziana Buccico

Tiziana Buccico, napoletana verace, classe 1969, da sempre appassionata di politica, cultura e Medio Oriente. Un passato di uffici stampa tra cui l’Istituto italiano per gli Studi filosofici. Poi giornalista di pagine di cultura e società, come “moscone” per i quotidiani “La Città” e "il Corriere del Mezzogiorno”. Ha lavorato per uffici stampa politici e istituzionali (Regione Lazio e Consiglio Regionale del Lazio), organizzando eventi e campagne elettorali. Pezzi di vita vissuti tra Gottingen, Vienna e Parigi, viaggi avventurosi e curiosi. Per otto anni, sino al 2017, è stata in Iran per seguire marito e famiglia ma occupandosi a tempo pieno della Scuola Italiana “Pietro della Valle” di Teheran, come Vice Presidente . Da allora la passione per i viaggi e le culture diverse è cresciuta e si è anche trasformata in una rubrica Treccani dal titolo “Via della Seta”. Rientrata in Italia si occupa di social, politica, giornalismo ed eventi culturali mantenendo così un filo diretto con quella parte del mondo che le ha cambiato la vita. Social media manager dell’Istituto Garuzzo per le Arti Visive.

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