Nei prossimi giorni e settimane l’attenzione mondiale sarà puntata sugli avvenimenti americani. Il presidente Donald Trump, dopo la pubblicazione del contenuto della telefonata al suo collega ucraino Volodymyr Zlensky, nel corso della quale ha chiesto di riaprire una vecchia indagine sul figlio dell’ ex vice di Obama, Joe Biden, esponente democratico tra i possibili competitori per la Casa Bianca, rischia l’impeachment.
Agli effetti di cosa avverrà, non è importante sapere se ci fu corruzione da parte di una società del gas, la Burmisa, nel cui consiglio di amministrazione sedeva Hunter Biden. Trump ha chiesto che quella indagine, già archiviata in Ucraina, venisse riaperta e offerto allo scopo il sostegno dei suoi legali. Ciò che rileva politicamente è la totale mancanza di fair play che all’interno di una gran democrazia quale è quella americana costituisce elemento fondante. Puntare sul figlio per colpire il padre, ricorda la storia di “lupus et agnus” della favola di Esopo.
Che Trump praticasse una linea di comportamento morale del tutto personale negli Usa era noto da tempo. Già la sua scesa economico finanziaria era avvolta da un alone di oscurità, la liquidazione a suon di dollari delle escort a cui si era accompagnato per evitare grane giudiziarie ampliava il quadro. La vicenda delle interferenze russe, ancora non chiara, sulla campagna elettorale di Hillary Clinton, quando competeva con Trump per la presidenza, aveva accresciuto lo score di uomo senza scrupoli del presidente. A peggiorare la situazione sta il fatto che Trump avrebbe chiesto quanto detto sopra promettendo via libera alla fornitura di armamenti. Questo, se confermato, indicherebbe che il presidente sfrutta a suo interesse personale la politica estera americana. E potrebbe configurarsi come qualcosa vicino al tradimento.
Trump si difende da tutto elencandolo come un insieme di false notizie, fake news, facendosi forte di aver messo sotto controllo settori importanti del sistema di accertamento e di giudizio americani, a cominciare dall’Alta Corte di giustizia fino alla Cia. Ma alla lunga la partita gli sta diventando difficile. Egli è forte della sua arroganza e del fatto di poter contare su un’ingente fortuna personale. Finora è riuscito a indebolire la bella immagine dell’americano campione della democrazia, ma le prossime tappe si presentano difficili anche per lui che ostenta invincibile sicurezza. Pian piano, è arrivato al punto che dietro le sue spalle si è venuta stagliando la figura negativa di Richard Nixon, anche lui, repubblicano e presidente, artefice della scandalo Watergate, pure lì a danno degli avversari politici, che nel 1972, per evitare l’impeachment, dovette dimettersi dalla Casa Bianca.
Trump appare osso più duro di Nixon, ma il cumulo dei passi falsi compiuti e che continua a compiere, lo ha condotto su un sentiero arduo da percorrere fino in fondo, a conclusione del mandato presidenziale e alla candidatura per il rinnovo. La misura appare prossima al limite, vicino al baratro. La morale dei tempi correnti è meno rigorosa di quella che correva negli anni ’70, ma la corda tirata a lungo si spezza e il tonfo sarebbe clamorosamente planetario.
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