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L’origine del male

Qual è l’origine del male? Come molti mi sono sempre chiesto come ha fatto il male a diventare istituzionale in alcune circostanze storiche. E credo di aver trovato una pista di riflessione solo di recente.

Mio figlio ha iniziato quest’anno un liceo in Francia. È stato ammesso in una classe abbastanza selezionata all’interno della quale un gruppo ridotto si prepara al doppio diploma franco-tedesco. Oltre ai corsi obbligatori, nei licei francesi è possibile scegliere delle opzioni di studio supplementari. E lui, indirizzato probabilmente dalla visione culturale della nostra famiglia, ha scelto di studiare latino. Incredibilmente in tutto il liceo sono solo quattro studenti a seguire questo insegnamento. La sua scelta ha però infastidito alcuni colleghi del suo corso di tedesco, i quali dall’inizio dell’anno lo invitano a ripudiare la sua opzione per riorganizzare gli orari generali e fargli risparmiare un’ora di liceo. In pratica, dovrebbe privarsi di una sua libertà per il conforto dei suoi compagni. E molto ci sarebbe da dire su come le persone di oggi confondano i due concetti. La realtà è che anche se mio figlio decidesse di abbandonare il latino, gli orari di un intero liceo non potrebbero essere modificati. Questa richiesta confonde i livelli di analisi arrivando ad una soluzione sbagliata. In ogni caso, dopo mesi le richieste sono diventate insistenti e inopportune; quindi alla fine abbiamo deciso di far intervenire la direzione scolastica.   

Questo episodio è stato però rilevatore di qualcos’altro di ben più profondo. Ascoltando i messaggi vocali lasciati nella chat interna del piccolo gruppo di otto studenti, ho intuito alcune spie di quelle che secondo me potrebbero essere le cause delle difficoltà delle democrazie occidentali. Sembrerebbero piccoli segnali, ma sono in realtà i germi del male.

In ogni dittatura di qualsiasi epoca o colore, in pochi colgono i segni premonitori pubblici. In Italia li colse Giacomo Matteotti[i], che denunciò gli atti squadristi dei fascisti alla Camera dei Deputati (per questo assassinato poco tempo dopo). In Ucraina li colse Gareth Jones, che per il quotidiano The Times denunciò la carestia che probabilmente Stalin aveva utilizzato per decimare il popolo ucraino (e per questo sequestrato e ucciso qualche anno dopo). In Germania li colse Fritz Gerlich[ii], che denunciò la nascita del nazismo dai tipi del suo giornale indipendente “La retta via” (e per questo incarcerato nel campo di concentramento di Dachau). Sono pochissimi e quasi sconosciuti quelli che colgono i cambiamenti comportamentali nelle persone, come il filosofo Karl Löwith che nelle sue memorie ricorda come anche il collega più sensibile tra gli allievi di Heidegger accettasse qualche effetto collaterale in cambio di un futuro migliore[iii] grazie al nazismo. Invece interi partiti non vedono niente, mentre perdono tempo a discutere delle loro divisioni interne, come avvenne in Italia durante il primo congresso del Partito Comunista Italiano a Livorno nel 1921, nel quale nessuno parlò in senso compiuto del pericolo del Fascismo[iv].

Il salto da un minuscolo atto di bullismo al nazismo, sembrerebbe rispettare la legge di Godwin che regola le discussioni online, cioè più si parla e più la possibilità di arrivare ad un paragone coi nazisti aumenta.  È molto probabile che il male si sviluppi oggi in maniera diversa dal secolo precedente. Che sia un male più legato ai mercati che alle nazioni, più distribuito a livello globale e in quanto tale meno visibile. Tuttavia, bisogna considerare le dittature, le guerre, la violenza come i limiti ai quali il genere umano può tendere, compiendo una accelerazione da un comportamento insignificante al male assoluto. La banalizzazione del male di Hannah Arendt[v] e l’Ur-Fascimo di Umberto Eco[vi] sono punti cardinali per capire l’ascesa del male in una nazione, tuttavia queste restano due analisi sull’attuazione del male più che sulla sua origine intima. Quello che è intrigante è esaminarne la radice.

L’origine si trova probabilmente nella logica del ragionamento e nella cultura della relazione all’altro, rispetto alla propria libertà di consumo del tempo (o almeno della percezione del consumo). È la causa per cui non accettiamo di privarci di un vantaggio per il bene comune. È la ragione per cui durante una pandemia mondiale con centinaia di morti al giorno, alcuni protestano per riaprire le discoteche o le piste da sci. Viviamo nel crono-consumismo, nel quale il nostro tempo è la merce. Ed ecco allora che il consumo del nostro tempo personale senza la nostra approvazione provoca proteste, scioperi e manifestazioni.

L’origine del male inizia da giovani, e inizia nella struttura delle riflessioni fatte dagli adulti che circondano i ragazzi. Quelle argomentazioni impregnano il motore logico delle menti più ingenue. E come dimostrato storicamente dalla rivoluzione cambogiana dei Khmer Rossi o attualmente dalle milizie di bambini di alcuni stati nel Sudan del Sud, nella Repubblica Democratica del Congo e nel nordest della Nigeria, i giovani sono quelli che diventano i più violenti nell’attuare le logiche antidemocratiche. Le leggi francesi contro il bullismo (harcelement) e il cyberbullismo (cyber harcelement) devono averlo intuito perché sono particolarmente severe contro gli autori. Non solo per proteggere la vittima in quanto giovane, ma in quanto futuro cittadino. Contrariamente alla percezione comune, il bullismo non è solo violento e perpetrato da ragazzi disadattati, ma anche psicologico e consumato da “monsieur ou madame Tout-le-monde”. Da chiunque sia ritenuto socialmente normale. Ed è proprio questo male che è il più infido e perverso, e banale. È questo male che corrode la democrazia dal profondo.  

Cosa diventeranno le parole dei bulletti di buona famiglia? Chi colpiranno queste parole quando saranno adulti? Come si manifesterà il loro egoismo originario? Conserveranno la tendenza a colpevolizzare gli altri sbagliando il livello di analisi del problema?

I compagni di mio figlio un giorno faranno parte della classe dirigente del paese. Alcuni cambieranno e diventeranno delle persone più corrette, altri nasconderanno meglio (grazie ad un’etichetta pubblica accettabile) la loro originaria cattiveria. Questa vena riuscirà fuori, con sfumature e impeti diversi, se la politica o la società lo permetteranno. Magari alcuni ragazzi diventeranno quei quadri superiori con il minuzioso gusto di svilire e soggiogare i collaboratori (spesso i più deboli), perché questa è la loro visione del mondo. Alcuni prenderanno decisioni capestro, solo per mettere davanti il proprio conforto alle libertà di altri. In pratica perché spinti dal più grande e metafisico conflitto di interesse: il mio tempo è la priorità. E magari si sposeranno davanti ad un prete senza aver mai colto il grido di papa Francesco nell’enciclica Fratres omnes che esorta a donare il proprio tempo per fare la storia[vii].

Io sono un laico, e lascio la redenzione delle anime a chi ha più competenze di me. Mi chiedo però dove inizia la coscienza democratica e come proteggere le democrazie europee. Non sono capace di sviluppare grandi teorie storiografiche, economiche o sociali, ma piccole azioni per il quieto vivere perché “la vita è grosso modo il mio unico lusso”[viii]. E la vita in Europa oggi è accettabile. Le democrazie europee restano il miglior esempio possibile di convivenza pacifica, nel mondo e nella storia. La democrazia è però un ambiente complesso. Le elezioni, il voto, la libertà di parola sono solo alcuni strumenti che servono al suo quotidiano. Un sistema elettorale non cambierà mai la qualità della democrazia che lo utilizza. Invece la logica sì. La logica democratica è lo strumento con il quale costruire il futuro.

Il male esiste nelle persone, quindi. È là presente, come una bestia feroce pronta ad essere sguinzagliata. L’esperimento carcerario di Stanford del 1971, nel quale si simulava un carcere con prigionieri e guardie selezionati tra persone “normali”, ha dimostrato che servono solo due giorni ai carcerieri per diventare violenti. Solo due giorni per rilasciare il guinzaglio. Per quanto sia scientificamente ed eticamente criticabile, l’esperimento di Philip Zimbardo fa riflettere sulle persone che ci circondano. Su come utilizzeranno le logiche sbagliate (e quindi illogiche) nel caso in cui gli venga data la libertà di farlo. Il male può pur sempre tentare di utilizzare la logica per giustificare le sue azioni. Lo ha sempre fatto. Proprio per questo motivo dobbiamo insegnare a riconoscere le strutture retoriche e le fallacie dei ragionamenti, per evitare di accettarle. Con il fine ultimo di indurre la maggioranza delle persone a costruire sillogismi validi.

Il male dei mediocri può comunque essere tenuto a bada con l’etica. Non quella complessa, ma quella spicciola. Quella che è implicita nelle raccomandazioni ai più piccoli. Quella del “ricordati di comportarti bene”. In alcuni studi, degli psicologi comportamentali mostrano come l’agire etico funzioni principalmente quando ci troviamo all’interno di una sorta di bolla etica. In un esperimento Nina Mazar, On Amir e Dan Ariely[ix] chiedono ad un gruppo di studenti di citare i dieci comandamenti poco prima di passare un test costruito apposta per calcolare il grado di disonestà delle persone. Benché nessuno li nomini tutti e dieci le persone del gruppo che tenta di ricordarle è automaticamente trasportato all’interno della bolla etica, e durante il test si comporta correttamente. In un altro esperimento Dan Ariely[x] chiede ad un gruppo di studenti di Yale, del MIT di Boston e di Princeton di giurare sul codice d’onore della loro Università prima di passare lo stesso test. In questo caso ugualmente, il gruppo che giura si comporta più eticamente dell’altro.  In pratica se promettiamo di comportarci eticamente, tentando di rievocare i dieci comandamenti o giurando sul codice della propria organizzazione anche se il codice non esiste, entriamo in quella bolla etica che ci aiuta a comportarci meglio. L’etica, o il solo ricordo del giusto, serve quindi a limitare i comportamenti miseri. Alcune organizzazioni rigide (come eserciti, dittature, religioni, tribunali) utilizzano l’effetto della bolla etica per condurre le masse ad un comportamento conforme alle regole. Tuttavia, l’etica a cui mi riferisco deve essere quella che non sopprime l’individuo in favore dell’organizzazione, ma quella che ne esalta la persona. Per mantenere questa tensione etica, dobbiamo alimentare la bolla etica frequentemente anche nelle nostre democrazie.  Perché “il bene, come anche l’amore, la giustizia e la solidarietà, non si raggiungono una volta per sempre; vanno conquistati ogni giorno”[xi].

Per concludere, sappiamo che il male esiste. Sappiamo che non possiamo sconfiggerlo, o almeno no per sempre e non domani. Ma possiamo fare due cose. Innanzi tutto, incentivare la logica e il ragionamento critico a tutti i livelli: quindi in pratica fare più filosofia, e fare miglior filosofia[xii]. E poi attivare più spesso la sfera etica dei nostri ragazzi e di noi adulti, per ridurre le azioni e i comportamenti non etici.

Una volta per tutte dobbiamo far vincere la gentilezza con fermezza come sta facendo mio figlio. “Io non lascio il latino per delle persone che non mi direbbero nemmeno grazie se lo facessi”, ci ha detto. E noi possiamo solo sostenerlo rispondendogli: “Ricordati sempre che la tua libertà finisce dove iniziano le libertà degli altri, ma non negoziare mai la tua libertà per il semplice conforto altrui, nemmeno se ti dicono grazie”.


[i] Matteotti, G. Italia (30 maggio 1924) Discorso alla Camera dei Deputati di denuncia di brogli elettorali. https://storia.camera.it/regno/lavori/leg27/sed004.pdf.
[ii] Negli articolo del giornale Der Gerade Weg (La retta via) dal 1932.
[iii] Löwith, K. (1986) Mein Leben in Deutschland vor und nach 1933. Ein Bericht, Stuttgar.
[iv] Mauro, E. (2020) La dannazione. 1921. La sinistra divisa all’alba del fascismo. Feltrinelli.
[v] Arendt, H. (1963) Eichmann in Jerusalem: A Report on the Banality of Evil.  Ed. Penguin.
[vi] Eco, U. (2018) Il fascismo eterno, La nave di Teseo .
[vii] Papa Francesco (Jorge Mario Bergoglio) Fratelli tutti. Lettera Enciclica sulla fraternità e l’amicizia sociale. Libreria Editrice Vaticana, Paragrafi 63 e 116.
[viii] Dalla canzone di Georges Brassens Mourir Pour Des Idées, tradotta in italiano da Fabrizio de André.
[ix] Mazar N., Amir O., Ariely D. (2008) The Dishonesty of Honest People: A Theory of Self-Concept Maintenance. Journal of Marketing Research;45(6):633-644. doi:10.1509/jmkr.45.6.633.
[x] Ariely, D. (2012). The honest truth about dishonesty: How we lie to everyone – especially ourselves. New York: Harper. P.41.
[xi] Papa Francesco (Jorge Mario Bergoglio) Fratelli tutti. Lettera Enciclica sulla fraternità e l’amicizia sociale. Libreria Editrice Vaticana, Paragrafo 11.
[xii] Floridi, L. (2020) Il verde e il blu: Idee ingenue per migliorare la politica, Raffaello Cortina Editore.

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Enrico Panai

Enrico Panai è un ricercatore indipendente in Cyber Geography and Philosophy of Information. Dopo gli studi di filosofia ed etica e un’esperienza pluriennale come consulente digitale in Italia, ha insegnato per diversi anni come professore a contratto di Digital Humanities nella facoltà di Teorie e tecniche dell’informazione presso l’Università di Sassari. Dopo essersi trasferito in Francia nel 2007, ha lavorato come consulente per grandi aziende. Nel 2017 si è specializzato in Strategie per la consapevolezza della sicurezza informatica presso l’Institut National de Hautes Etudes de la Sécurité et de Justice [Institute for Advanced Studies in Security and Justice] presso l’Ecole Militaire di Parigi. I suoi principali interessi di ricerca riguardano la cyber-geografia, le cyber guerre, l’etica dei dati, la cybersecurity, l’interazione uomo-informazione, la filosofia dell’informazione, l’intenzionalità dei progetti informativi, il capitale semantico.

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