Ci troviamo dinnanzi a uno dei mostri sacri della ristorazione italiana, un luogo che ha oltre 50 anni di storia e si è fatto portabandiera della cucina di ricerca del nostro Paese. Varcando la soglia di questo elegante ristorante ubicato in una zona periferica di Milano, tutto ciò si respira. Ogni dettaglio è curato ai massimi livelli, a partire da una carta dei vini molto fornita organizzata in modo originale per caratteristica del vino, aperta da una ricca proposta al calice.
Il menù – oltre alla possibilità di ordinare à la carte – prevede 3 percorsi degustazione – il “gran tour d’Italia” di 5 portate, il “le delizie del luogo” di 10 portate e il “territori” sempre di 10 portate con ingredienti rari e preziosi – per meglio apprezzare lo stile in cucina degli chef Fabio Pisani e Alessandro Negrini. L’accoglienza è come te l’aspetti in un luogo del genere, con mille carinerie: proprio per questo ci è dispiaciuto vederci proporre delle bollicine con la formula “gradite” senza prima farci prendere visione della relativa carta e quindi del costo. Unico inciampo di un’esperienza per il resto perfetta, cominciata con una deliziosa crema di ceci con pralinato di nocciole e misticanza, seguita da una cozza cotta e farcita con ricotta, originale e gustosa.
Il tempo di assaggiare il variegato e valido cestino del pane accompagnato da un ottimo olio versato nella coppetta, e via con il primo piatto, l’eccellente “Burrata” di taleggio della Valsassina con radicchio tardivo di Treviso, cicoria Milano, barbabietola e rafano, seguita dallo stoccafisso Ragno mantecato all’olio extravergine di oliva, servito in un raviolo croccante di pane di Matera con rapa bianca all’aceto di mele, un piatto con tutte le componenti in armonia, delicato e al tempo stesso incisivo al palato. Impossibile, venendo qui, non assaggiare un piatto semplice che ha fatto la storia del locale: gli spaghettoni di grano duro di Benedetto Cavalieri al cipollotto fresco e peperoncino con filo d’olio e basilico ligure, con la pasta cotta alla perfezione e la nota piccante dosata con rara maestria. Si rimane su altissimi livelli con lo scamone di vitella di montagna in salsa di alici di Cetara con cavolo di Creazzo, con il suo fondo di cottura che creava un’esplosione di sapori in bocca grazie all’unione con la salsa.
Chiusura all’altezza con il tirami-sud, una crema allo yogurt e mascarpone, adagiata su un biscotto al caffè, con ricotta al bergamotto e capperi di Pantelleria canditi al miele, seguita da una tazzina di Gianni Frasi ben realizzata scelta dalla carta dei caffè – il Guatemala N – buona ma che non giustificava il prezzo richiesto.
Non sembra di stare in un ristorante, ma in una galleria d’arte. Le opere alle pareti, infatti, così come le statue sui tavoli, fanno parte del progetto in-Assenza dell’artista Paolo Ferrari, per un insieme intrigante e di gran classe, con i coperti ben distanziati fra loro.
Servizio: Altro punto di forza del ristorante. Il maître Nicola Dell’Agnolo coordina i preparati camerieri con grande savoir-faire, facendo sì che il servizio scorra alla perfezione senza risultare pressante.
Voto 5/5
Il luogo di Aimo e Nadia, Via Montecuccoli, 6 – Milano.
Recensione tratta da “Il Saporario – Milano” de La Pecora Nera Editore.
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