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Natale senza i tuoi, Pasqua con chi puoi

Ci voleva l’epidemia ma soprattutto il governo ed i governatori per rilanciare il Natale.
Normalmente, a questo punto dell’anno, eravamo affranti dalla stanchezza di correre per negozi, decidere pranzi e cene, partenze per le vacanze, cerimonie di auguri. E ci chiedevamo chi mai avesse inventato il Natale, aggiungendo: che Dio l’abbia in gloria! (In realtà Dio aveva già provveduto, ormai da un paio di millenni).

Praticamente tutte le serate di dicembre erano impegnate. Tutti dovevano salutarsi, ricambiare, ringraziare.
Una sera per ciascuno, il club sociale, il centro sportivo, il circolo delle conferenze, il gruppo enogastronomico, gli ex compagni di scuola (ogni anno qualche assenza in più) e gli ex studenti (ma solo di scuole prestigiose e costose) dovevano farsi gli auguri.

Era fondamentale “salutarsi” perché anche i tantissimi che non partivano per la montagna o il resto del mondo, sapevano di staccare la spina per 13 giorni.
Era tutto ciò – cioè quello che avveniva prima del 25 – il vero Natale.

Poi il 25 e 26, raggiunto l’orgasmo alimentare, sazi e satolli, si indossava il “pigiamone” e si cadeva nel sonno, stecchiti di fronte agli appositi programmi televisivi.

Insomma le “feste” erano si una ricorrenza tuttavia così impegnativa da non poter essere gestita con sicuro e rilassato automatismo, come ogni altra routine o consuetudine.
Per cui esse apparivano a molti una schiavitù, un atto più dovuto che voluto. Uno smisurato black friday.

Ma come si sa, c’è un unico modo di indurre a desiderare qualche cosa: vietarla.

Natale è un rito e come ogni rito deve avere delle proprie precise peculiarità.
Deve essere pieno di simboli, obblighi, eccezioni.  
Tolto l’universale panettone, ormai meticciato con ogni ingrediente possibile, a tavola si mangiano i piatti tipici della tradizione familiare. Ma come si fa se non arriva nessuno dalle proprie terre. Con chi condivido l’orgoglio della mia provenienza.

Pare che in questo clima liberticida avessero persino pensato ad un Dcpm con un menù consigliato, ma Renzi si è opposto perché non comprendeva nulla di toscano.
La messa a mezzanotte è un unicum per l’atmosfera devota ma anche romantica. Ma come si fa a commuoversi alle 19 pm, con la borsa della spesa?

Come spiego ai bambini di lasciare la finestra accostata per Babbo Natale se tanto è bloccato dal coprifuoco? Dicono che una pattuglia gli abbia chiesto l’autocertificazione ma Babbo parla solo scandinavo.

La Rai è rimasta incerta fino all’ultimo su cosa programmare, poi a “Chi l’ha visto?” ha preferito uno speciale di “Caramba, che sorpresa!” dove tutti si “ricongiungono”, si riconoscono (con un po’ di fatica per via della mascherina), piangono, tuttavia senza abbracciarsi.

Dobbiamo ringraziare la rumorosa rissa tra Stato e Regioni se improvvisamente ci accorgiamo di un grande silenzio.
Come ci mancano gli immancabili canti sacri ed il gospel, le luci e le luminarie, gli alberi e le loro palle.

Prometto che un attimo dopo aver fatto la seconda puntura di richiamo del vaccino, fosse anche il mese di agosto, correrò a casa a fare il presepe.

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Gianluca Veronesi

Nato ad Alessandria nel 1950, si laurea in Scienze Politiche, è Consigliere comunale ad Alessandria per tre legislature, Assessore alla cultura ed al teatro, poi Sindaco della città. Dirigente Rai dal 1988 al 2018, anni in cui ricopre vari incarichi:Assistente del Presidente della RAI, Direttore delle Pubbliche relazioni, Presidente di Serra Creativa, Amministratore delegato di Rai Sat. E' stato consigliere dell’istituto dell’autodisciplina Pubblicitaria e del Teatro Regionale Alessandrino.

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