Il genetista cinese He Jiankui ha annunciato di aver creato i primi esseri umani geneticamente modificati. Sono due gemelle, Lulu e Nana, venute al mondo a ottobre alla Southern University of Science and Technology di Shenzhen. Il loro Dna, spiega He in un video pubblicato ieri, è stato alterato nel gene CCR% con la tecnica di chirurgia genetica nota come Crispr, grazie alla quale è stato introdotto nel corredo genetico un gene che le rende più resistenti a una serie di malattie tra cui l’Hiv, da cui è affetto il padre. Fino ad ora la notizia non è stata confermata da fonti scientifiche indipendenti, né pubblicata su riviste di settore. Quando, nel 2015, una équipe di scienziati cinesi sperimentò per prima la tecnica di modificazione genetica Crispr su un embrione umano, le critiche della comunità scientifica internazionale furono fortissime, con la richiesta di impegnarsi a non usarla mai per una vera gravidanza.
«L’intervento diretto sul Dna di un embrione – e quindi anche sulla sua discendenza futura – è il superamento di una linea rossa che molti paventavano. Era il 2015 quando David Baltimore, coordinatore di Crispr, promosse fra i colleghi una moratoria sull’uso di Crispr negli embrioni umani. Quel documento rievocava la conferenza di Asilomar del 1975, in cui gli scienziati (fra loro sempre Baltimore, ma più giovane) si interrogavano sulle prime tecniche di ingegneria genetica che si affacciavano all’orizzonte. Sembra preistoria. Oggi c’è Crispr e tutto è diventato più semplice. Quello che i metodi tradizionali consentivano con settimane di lavoro, può essere ottenuto in ore» [Dusi, Rep].
Dopo un viaggio di 58 milioni di chilometri lungo sei mesi, la sonda spaziale InSight è atterrata su Marte, nella zona vulcanica Elysium Planitia, alle 20.53 ora italiana. Il segnale radio è arrivato al centro Nasa Jpl di Pasadena, in California, 8 minuti dopo, il tempo necessario a coprire la distanza tra i due pianeti. Non appena atterrata, la sonda InSight ha inviato la prima foto della superficie di Marte: un’immagine nebbiosa dove è però visibile l’orizzonte.
Russia e Ucraina sono sull’orlo della guerra dopo un incidente navale nello stretto di Kerč’, tra il Mar d’Azov e il Mar Nero, dove qualche mese fa è stato inaugurato il ponte che collega la Russia alla Crimea, la penisola che nel 2014 è stata invasa e annessa da Mosca. Domenica scorsa tre piccole unità militari ucraine trainate da un rimorchiatore hanno cercato di attraversare lo stretto. Secondo i russi lo hanno fatto senza comunicarlo e così la Marina di Mosca è intervenuta speronando il rimorchiatore, facendo fuoco e causando almeno due feriti. Sono comparsi anche cacciabombardieri, finché le motovedette ucraine non si sono fermate e i russi le hanno sequestrate. Il governo ucraino ha chiesto al Parlamento di dichiarare la legge marziale, mentre ci sono state proteste davanti all’ambasciata russa a Kiev. Il Cremlino ha chiesto «di garantirne la sicurezza per evitare gravi conseguenze». Dalla Nato è arrivato il pieno sostegno all’Ucraina.
La faccenda è finita al Consiglio di sicurezza dell’Onu, convocato su richiesta dei russi per condannare gli ucraini. Richiesta respinta, e messa in stato d’accusa, invece, di Mosca. L’ambasciatrice Haley ha condannato («azioni come questa rendono impossibili relazioni normali con la Russia, le sanzioni resteranno») e nel pomeriggio le ha fatto eco Trump («Quello che è successo non ci piace, stiamo lavorando con gli europei»). Polyansky, a nome di Mosca, ha risposto che «l’Ucraina è nostra, qualunque cosa facciate» e ha accusato Poroschenko di aver manovrato per rimandare le elezioni e recuperare consensi. Dell’affare, Trump e Putin dovrebbero discutere di persona nel faccia a faccia previsto per il fine settimana a Buenos Aires in occasione del G20.
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