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Non indossare la mascherina è la sfida al “politically correct”

L’America sta affrontando diverse sfide a livello di economia, disoccupazione, sanitá pubblica, ordine pubblico, discriminazioni e divisioni sociali, oltre che la pandemia ed una Casa Bianca distopica. Ció nonostante, il dibattito principale che infuria nel paese é: indossare o no la mascherina?

Apparentemente, per molti americani l’uso della mascherina non é una questione sanitaria, ma politica. La mascherina risale ai tempi di Marco Polo, che descrisse come venisse usata dalla servitù dei reali cinesi quando serviva i pasti, divenne di uso comune dal 1897 e fu impiegata su vasta scala durante la pandemia dell’influenza spagnola del 1918.

Durante i suoi aggiornamenti televisivi, Andrew Cuomo, governatore dello stato di New York, ricordava in modo elementare che indossare la mascherina non significa proteggere la persona che l’indossa, ma gli altri. E lo spiegava con la frase: “tu la indossi per proteggere me ed io la indosso per proteggere te!” Un concetto molto semplice che peró si é scontrato con il Primo Emendamento della Costituzione americana. Questo viene interpretato, tra l’altro, come “il governo non puó imporre ai cittadini di fare cose che non vogliono fare”.

In pratica il governo, sia questo statale che federale, non puó dire ai cittadini quello che devono fare, e comportarsi da irresponsabili, come rischiare di infettare gli altri, é una responsabilitá che spetta al cittadino e non al governo.

Il fatto di essere visti come appestatori non scalfisce: il principio é piú importante di qualsiasi conseguenza. Prendiamo come “spartineve” il Secondo Emendamento, che permette il possesso di armi da fuoco — una volta limitate a pistole e fucili da caccia ma che ora includono AK 47 e piú moderne armi semiautomatiche — e stabilisce il principio sacrosanto sancito dalla Costituzione del possesso di armi d’assalto che dovrebbero essere riservate ai militari.

Quando in America la logica ed il buon senso si scontra contro i principi, vincono i principi; principi costituzionali che fanno breccia sulla destra, principi ideologici come il “political correct” che fa breccia sulla sinistra. Dopotutto i principi sono principi e guai a chi li tocca!

Il divieto di fumo nei locali pubblici fa eccezione perché questo puó causare disagio immediato ed é visibile, mentre il coronavirus é invisibile e l’effetto del contagio non é immediato.

Ma non tutti usano il Primo Emendamento per giustificare il rifiuto di indossare la mascherina. Infatti, oggi per molti americani i principi sanciti sia dal Primo che dal Secondo Emendamento servono per manifestare posizioni politiche e sociali non criticabili dalla forza intransigente del “politically correct” e senza il pericolo di essere licenziati.

Le tecniche di “bassa tecnologia” per contenere la pandemia, come l’uso delle mascherine, lavarsi le mani e mantenere una distanziamento sociale sono note a tutti da tempo. Infatti a capire che in caso di epidemia bisognava tenere le distanza tra le persone ci si arrivò nel 1629 con la peste bubbonica. La necessitá di lavarsi le mani per motivi igienici fu scoperta nel 1846 dal medico ungherese Ignaz Semmelweis, quando ancora non si era a conoscenza della presenza dei germi (scoperti nel 1881).

Pertanto, quando un politico americano preferisce promuovere l’uso di medicine inefficaci, se non addirittura dannose, per curare il COVID-19 questo dovrebbe essere visto come la strumentalizzazione politica del coronavirus in sfida ad una sinistra intransigente ed oltranzista.

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Dom Serafini

Domenico (Dom) Serafini, di Giulianova risiede a New York City ed è
il fondatore, editore e direttore del mensile “VideoAge” e del quotidiano fieristico VideoAge Daily", rivolti ai principali mercati televisivi e cinematografici internazionali. Dopo il diploma di perito industriale, a 18 anni va a continuare gli studi negli Usa e, per finanziarsi, dal 1968 al ’78 ha lavorato come freelance per una decina di riviste in Italia e negli Usa; ottenuta la licenza Fcc di operatore radio, lavora come dj per tre stazioni radio e produce programmi televisivi nel Long Island, NY. Nel 1979 viene nominato direttore della rivista “Television/Radio Age International” di New York City e nell’81 fonda il mensile “VideoAge”. Negli anni successivi crea altre riviste in Spagna, Francia e Italia. Dal ’94 e per 10 anni scrive di televisione su “Il Sole 24 Ore”, poi su “Il Corriere Adriatico” e riviste di settore come “Pubblicità Italia”, “Cinema &Video” e “Millecanali”. Attualmente collabora con “Il Messaggero” di Roma, con “L’Italo-Americano” di Los Angeles”, “Il Cittadino Canadese” di Montreal ed é opinionista del quotidiano “AmericaOggi” di New York. Ha pubblicato numerosi volumi principalmente sui temi dei media e delle comunicazioni, tra cui “La Televisione via Internet” nel 1999. Dal 2002 al 2005, è stato consulente del Ministro delle Comunicazioni italiano nel settore audiovisivo e televisivo internazionale.

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Tag: mascherina

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