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Nulla cambia ma tutto cambia

Credevo che il Governo Draghi avrebbe avuto una funzione di pausa, tregua, decantazione nelle dinamiche della vita politica del Paese e invece sta mostrandosi un acceleratore.

Cominciamo da Salvini che come al solito gioca su tutti i tavoli, anche su quelli che una volta sarebbero stati considerati incompatibili con la collocazione della Lega.
Egli sa che non può essere per sempre il candidato vincente che non vince mai.
Ha giocato il ruolo di federatore del centro destra ma per andare al governo ha abbandonato i suoi alleati per mettersi con il più improbabile dei soci agli occhi dell’elettorato moderato e conservatore.
La sua frenesia di successo, l’impazienza di vittoria oggi si spiega più di ieri, avendo ormai potenziali avversari molto agguerriti sia nello schieramento (Meloni) che in casa (Giorgetti, Zaia).
Da qui una svolta centrista e tranquillizzante, che lo legittimi a governare l’Italia. Entra in un governo istituzionale e tecnocratico, scopre l’Europa, la cassa integrazione, raccoglie le firme per il referendum, persino il tentativo di trovare una via “clericale” ai diritti civili, abbandonando quindi l’approccio negazionista assoluto.

Intanto i pentastellati proseguono nel loro disfacimento e i forzaitaliani nella loro estinzione.
Entrambi, essendo meno impegnati ad amministrare la nazione (da maggioranza od opposizione), potrebbero avere più tempo ed opportunità per risolvere le loro questioni interne.
Ma forse, paradossalmente, è proprio quello che stanno facendo, in modo cruento.
Hanno più elementi in comune di quanto si possa pensare.  Sono stati guidati da due leader fortissimi che hanno determinato -in assoluta solitudine- successi ed insuccessi del partito. Due organizzazioni che non hanno mai avuto non dico una democrazia interna (non esiste in nessun partito) ma neanche libertà di pensiero.
E che conseguentemente condividono oggi -senza speranza- il declino dei loro capi.
Che non hanno mai avuto l’avvedutezza e la generosità di costruire una eredità, un passaggio di consegne.
Non pensate che uno fosse un movimento populista e l’altro conservatore.
Non scherziamo! Il populismo lo ha inventato il cavalier Silvio. Non sto ad annoiarvi con la tivucrazia. Basti il fatto che chiunque non votasse per ForzaItalia era un comunista.
Teoria adottata molti anni dopo anche da Trump.

Il Gabinetto Draghi sembra aver rimesso in discussione ogni equilibrio, non già perché voglia invadere il terreno dei partiti ma, al contrario, perché lascia loro il massimo spazio.
C’è una differenza abissale con il governo Monti che aveva commissariato la vita politica nazionale, che era un esecutivo esclusivamente tecnico e che in ogni suo atto “umiliava” i partiti.
La grande trovata di Mattarella è stata quella del governo misto, dove i partiti possono “rappresentarsi”, prendere le distanze dagli alleati, rivendicare la propria differenza, fare proposte.
La “riapertura” può essere merito dell’ insistenza di Salvini oppure della prudenza del PD, se non della grinta dei Governatori. Tanto gli Italiani rimarranno grati solo al generale Figliuolo, con buona pace degli infastiditi dalla divisa.

E poi c’è Letta che si accorge del vasto spazio elettorale -non presidiato da nessuno- a sinistra. Anche perché chi, per la prima volta in vita sua, è andato a mangiare alla Caritas, si sentirà un po’ meno ceto medio.
Il segretario dei Democratici prova poi a giocarsi una corsia preferenziale verso i giovani e le donne.

Quello messo peggio è Conte che sa muoversi nelle istituzioni e coi media, un po’ meno bene nella filibustering, nella diffidenza generalizzata, nel caos cospiratorio, negli sgambetti di Di Maio.
Sospetto che avendo dovuto aspettare a prendere il comando del movimento per le note questioni giuridiche e formali, l’ex premier preferisca, a questo punto, perdere altro tempo pur di non intestarsi immediatamente uno scarso risultato alle amministrative autunnali.

Il Navigatore Intergalattico intanto naviga, conquista l’Europa, evita i trabocchetti, muta le gaffe in “nuovo gergo”, quello del dire pane al pane e vino al vino.
E intanto la gente comincia a vederlo come un essere umano di cui ci si può fidare.

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Gianluca Veronesi

Nato ad Alessandria nel 1950, si laurea in Scienze Politiche, è Consigliere comunale ad Alessandria per tre legislature, Assessore alla cultura ed al teatro, poi Sindaco della città. Dirigente Rai dal 1988 al 2018, anni in cui ricopre vari incarichi:Assistente del Presidente della RAI, Direttore delle Pubbliche relazioni, Presidente di Serra Creativa, Amministratore delegato di Rai Sat. E' stato consigliere dell’istituto dell’autodisciplina Pubblicitaria e del Teatro Regionale Alessandrino.

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Tag: Draghi

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