Categorie: Idea-Azione

Politica e burattini al Parlamento Europeo

12 febbraio 2019, aula del Parlamento Europeo. Nell’aula semi deserta il Presidente del Consiglio Conte prende la parola per illustrare la posizione dell’Italia a proposito delle questioni internazionali aperte, a cominciare da quella venezuelana. Sembra che le dichiarazioni di Conte suscitino un certo interesse, ma la sensazione dura poco: intervengono i rappresentanti dei Gruppi Parlamentari (socialisti), intervengono i deputati di altri gruppi e piovono le critiche, alcune molto pesanti, all’operato del Governo Italiano.

Affermano i bene informati che Conte se lo aspettava, resta imperturbabile, fino a quando iniziano gli insulti, costringendo il Presidente Tajani ad intervenire più volte per moderare il dibattito. Il belga Verhofstadt giunge a definire il Presidente del Consiglio italiano “burattino” dei suoi due Vice Presidenti (Di Maio e Salvini) ed a questo punto Conte non può più nascondere la sua irritazione: tace e replica poi al leader liberale belga affermando di non essere un burattino e di non rappresentare lobby o comitati di affari e che le parole offensive rivolte a lui erano da intendersi come offese per l’Italia.

La gravità di quanto accaduto, certamente non mitigata ma accentuata dalla protesta del leader greco perchè Conte si era tolto la cuffia della traduzione simultanea mentre lui stava parlando in greco, da la misura, insulti a parte (mai ammissibili in una aula parlamentare, luogo geometrico per le espressioni di tutte le opinioni) della situazione in cui il governo gialloverde ha precipitato l’Italia nell’UE.

Gli insulti rivolti nei mesi scorsi ad esponenti delle istituzioni comunitarie, colpevoli di non condividere il progetto di manovra economica elaborata dal governo, le accuse a getto continuo di voler danneggiare con il rigorismo economico gli interessi del popolo italiano, l’esibizione di stretti rapporti con i cosiddetti sovranisti (come l’Ungheria) e con le forze palesemente antieuropeiste, come gli oramai stranoti gilet gialli, sono tutti fatti che lasciano traccia.

Raggiunto quella autodefinizione come avvocato del popolo del Presidente Conte che sottintende chiaramente che il popolo non ha finora avuto la tutela delle istituzioni parlamentari e che a difenderlo provvederanno i nuovi movimenti, pronti a costituire surrettiziamente una alternativa (che poi è solo di gestione del potere) agli ordinamenti democratici: come può la classe politica italiana o europea che sia ammettere che faccia parte di essa anche chi tende a costituire una alternativa ad essa stessa?

E’ vero: le offese a Conte sono indirettamente un’offesa all’italia, ma è altrettanto vero che Conte ed i suoi amici politici se le sono cercate con il lanternino, forse felici che ci siano stati, per dimostrare quanto perfida e nemica dell’Italia sia l’Europa. Mussolini parlava della “perfida Albione” a proposito della Gran Bretagna, i sovranisti preferiscono la “perfida Europa”: ogni tanto nella scena internazionale appare un perfido e volano gli insulti.

“State calmi se potete, ma se non potete seguitate” ammoniva San Filippo Neri, si rivolgeva ai bambini. L’invito potrebbe essere esteso anche ai politici gialloverdi: se scelgono di continuare a correre per la strada degli insulti non possono non attendersi di avere congrue risposte. Purtroppo per l’Italia.

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Mario Pacelli

Mario Pacelli è stato docente di Diritto pubblico nell'Università di Roma La Sapienza, per lunghi anni funzionario della Camera dei deputati. Ha scritto numerosi studi di storia parlamentare, tra cui Le radici di Montecitorio (1984), Bella gente (1992), Interno Montecitorio (2000), Il colle più alto (2017). Ha collaborato con il «Corriere della Sera» e «Il Messaggero».

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