di Giampaolo Sodano, Presidente Mastri Oleari
Dopo l’olio extravergine d’oliva Costa D’oro, Coricelli e Sagra a 2,99 € a bottiglia, sugli scaffali si trova l’extravergine Colle dei Cesari Igp Toscano a 1,99 € per mezzo litro. E’ il festival dei prezzi pazzi!
Per rendersi conto basta dare un’occhiata alla borsa merci dove l’extravergine tunisino e spagnolo sono venduti a circa 2,5 € al chilo, mentre l’olio italiano arriva a 6,20 €. Diciamo la verità: questa rincorsa al prezzo più basso “sputtana” l’olio italiano! E infatti le cisterne dei frantoi sono piene di olio italiano che non si vende.
La cronaca dell’agroalimentare di casa nostra si incarica di raccontare ogni giorno un nuovo misfatto: vedi il caso della catena Eurospin che ha comprato milioni di conserve di pomodoro attraverso il sistema delle aste con il doppio ribasso, o il latte di pecora necessario a produrre il Pecorino Romano, sottopagato ai pastori sardi. Ma il vicepremier Salvini non aveva detto che non si sarebbe alzato dal tavolo della trattativa se non dopo aver raggiunto un accordo sul prezzo del latte? E cosa aspetta l’altro vicepremier Di Maio a fare un decreto che cancelli il sottocosto dalla nostra normativa e come pratica commerciale?
Il prezzo più basso dell’olio comunitario e/o extracomunitario può servire a “convincere” il consumatore e far guadagnare il distributore, può essere utile al confezionatore e all’importatore, ma certamente produce un danno gravissimo al sistema della produzione nazionale. Forse per l’olio made in Italy non vale lo slogan “prima gli italiani”?
In Francia dal febbraio 2019 è entrata in vigore una norma che impone ai supermercati di vendere i prodotti ad almeno il 10% in più rispetto al prezzo di acquisto. E’ vietato il sottocosto, riconosciuto come un onere imposto dal connubio GDO/imbottigliatori che ricade sulle spalle del produttore.
Le vestali della qualità gridano allo scandalo, le organizzazioni agricole fanno la faccia cattiva, il marketing dei supermercati punta sulle promozioni e sulla MDD, il consumatore si “adatta” al gusto dell’olio straniero, imbottigliatori e importatori si riempiono le tasche di soldi.
E la politica? La politica sta a guardare come fa da mezzo secolo per favorire un mercato che così com’è gli va benissimo, con buona pace degli olivicoltori e dei mastri oleari destinati a diventare una razza in estinzione. Come fa un’impresa artigiana a investire sulla qualità se il prezzo scende anno dopo anno? Una soluzione ci sarebbe: il doppio mercato, lo scaffale dell’olio artigianale. Lo dimostra la positiva esperienza di alcune catene della GDO. E la politica dovrebbe e potrebbe favorire la produzione nazionale. Ma dove sono finiti i sovranisti di casa nostra? Oppure si vuole finire di svendere quel poco che è rimasto del sistema Italia in mano agli imprenditori di casa nostra? Forse sulla via della seta vogliamo mandare oltre alle arance anche le olive. I marchi li abbiamo già persi da tempo!
PS. Costa d’Oro in una nota precisa che “il sottocosto è regolamentato per legge e viene proposto dai supermercati a tutte le aziende confezionatrici di olio di oliva. Il sottocosto è un’operazione di investimento che fa la catena di supermercati per offrire ai clienti un prodotto di qualità e di marca ad un prezzo più basso di quello normalmente praticato, per fini dichiaratamente promozionali. Riteniamo che, a dispetto di tante critiche, vi è un indubbio vantaggio per i consumatori ed anche per tutto il comparto dell’olio extravergine di oliva. Per il produttore il sottocosto è, inoltre, un’operazione che produce profitti e non perdite; ovviamente l’azienda cede a prezzi competitivi, perché evidentemente contribuisce con il supermercato alla riuscita dell’operazione, ma compensa la minore marginalità unitaria della vendita con gli alti volumi generati.” (n.d.r. in questa nota per produttore si intende un soggetto che importa olio, acquista bottiglie e fabbrica confezioni)
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